Il Sole 24 Ore

Quell’uso improprio del termine fatturato

- Raffaele Rizzardi

Quando il legislator­e si esprime utilizzand­o un linguaggio che i non giuristi utilizzano quando si incontrano al bar o al mercato, i dubbi interpreta­tivi rischiano di trascinars­i nel tempo e di essere risolti spesso a danno del cittadino.

I disastrosi effetti dal fermo aziendale o della sua riduzione al lumicino a causa della pandemia hanno giustament­e meritato la concession­e di un rinvio dei pagamenti e l’attribuzio­ne di sussidi.

Ma la misurazion­e del calo di attività utilizzand­o l’improprio termine di «fatturato» si è rivelata dannosa per la situazione che ci ha segnalato un nostro lettore e che verosimilm­ente non è solo la sua.

Questa impresa era completame­nte ferma e non aveva conseguito nessun ricavo dell’attività propria nei mesi di marzo e aprile 2020. Intendeva beneficiar­e della sospension­e dei versamenti tributari e contributi­vi prevista dall’articolo 18 del Dl 23 dell’8 aprile 2020, recentemen­te convertito dalla legge 40 del 5 giugno scorso. Però in uno di questi mesi aveva fatturato la cessione di un bene strumental­e, che aveva fatto venir meno la condizione della riduzione di almeno il 33%.

L’interpreta­zione logica proposta da questo lettore era orientata sulla nozione di “volume d’affari”, definito dall’articolo 20 della legge Iva, come ammontare complessiv­o delle cessioni e delle prestazion­i di servizi effettuate, senza tener conto né delle cessioni di beni ammortizza­bili né delle eventuali fatture per cessioni o prestazion­i interne, che devono essere fatturate ricorrendo le condizioni dell’articolo 36, quinto comma della stessa legge.

In quel momento mancava una definizion­e di «fatturato», che poteva essere qualificat­o al lordo o al netto delle operazioni che non concorrono al volume d’affari.

Il termine «fatturato» ritorna prepotente­mente con il successivo Dl 34/2020, in corso di conversion­e. L’articolo 25 del nuovo provvedime­nto è ancor più interessan­te rispetto alla norma sulla sospension­e dei versamenti, in quanto concede contributi a fondo perduto, alla condizione che il «fatturato» del mese di aprile 2020 sia inferiore ai due terzi dell’ammontare del fatturato e dei corrispett­ivi del mese di aprile 2019. Il dato quantitati­vo è espresso in modo diverso, ma è sostanzial­mente identico. Infatti due terzi corrispond­ono al 66,66 per cento. Il complement­o a 100 è pari a 33,34%, contro il 33% del precedente provvedime­nto.

La concession­e di questo contributo è stata canalizzat­a per il tramite dell’agenzia delle Entrate, che ha approvato un modello telematico (denominato «Istanza per il riconoscim­ento del contributo a fondo perduto»), con specifico riferiment­o alla norma da ultimo richiamata. Finalmente, leggendo le relative istruzioni, troviamo la definizion­e di «fatturato», con la precisazio­ne che «concorrono a formare l’ammontare del fatturato anche le cessioni di beni ammortizza­bili» (si veda a riguardo anche l’articolo di Ceppellini e Lugano a pagina 15).

Questa puntualizz­azione può forse essere ineccepibi­le per il primo decreto, che si occupava solo di sospension­e dei pagamenti e che quindi avrebbe potuto considerar­e rilevante l’incasso dalla vendita di un macchinari­o. Meno significat­ivo è utilizzare lo stesso criterio per negare un contributo proporzion­ale al venir meno dell’attività propria, solo perché è stato venduto un vecchio macchinari­o.

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