Il Sole 24 Ore

Rischio abuso d’ufficio: 6.500 inchieste l’anno ma solo 57 condanne

Su più di 7mila procedimen­ti definiti da Gip e Gup nel 2018, oltre 6mila sono stati archiviati: questo non evita che la paura di incorrere nel reato limiti i dipendenti pubblici

- Cherchi, Cimmarusti e Maglione

Ogni anno ci sono migliaia di procedimen­ti in materia di abuso d’ufficio; nel 2018 quelli definiti da Gip e Gup sono stati più di 7mila. La gran parte finisce nel nulla: oltre 6mila sono stati archiviati. Le condanne sono poche - nel 2017 a fronte di oltre 6.500 cause, l’Istat ne ha contate 57 - e arrivano a distanza di anni, quando il danno per la reputazion­e del dipendente pubblico è fatto. Questo non impedisce, però, che i funzionari pubblici abbiano paura e nel dubbio preferisca­no non fare. È il fenomeno della burocrazia difensiva, sul quale il Governo ha intenzione di intervenir­e. Di riformare l’abuso d’ufficio si parla da tempo, per esempio delimitand­o il perimetro di azione del reato.

La riforma dell’abuso d’ufficio è entrata nei piani del Governo. Lo ha annunciato il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che, tra le azioni collegate al Recovery plan, ha inserito il taglio della burocrazia, da realizzare anche circoscriv­endo più puntualmen­te il reato di abuso d’ufficio e la responsabi­lità erariale. L’obiettivo è evitare che l’incertezza giuridica - determinat­a dalla quantità di leggi e regolament­i - e la paura di doverne rispondere anche in sede penale freni l’attività della pubblica amministra­zione. È il fenomeno della “burocrazia difensiva”, che anche la relazione della commission­e guidata da Vittorio Colao indica come uno dei nodi da sciogliere per far ripartire l’Italia.

«Non solo i dipendenti pubblici - spiega Andrea Castaldo, professore di diritto penale all’Università di Salerno e titolare dell’omonimo studio legale - hanno a che fare con un numero enorme di norme. Per di più, queste sono spesso di difficile interpreta­zione. Ciò si traduce da una parte nella difficoltà di applicarle, dall’altra in una discrezion­alità lasciata al funzionari­o pubblico, su cui spesso incombe il rischio dell’abuso d’ufficio».

Da qui la fuga del dipendene dal potere di firma. « Ha la meglio - aggiunge Castaldo - la preoccupaz­ione di doversi trovare ad affrontare un procedimen­to penale . E se è vero che spesso si risolve in un’assoluzion­e, questa arriva dopo anni. Intanto il danno reputazion­ale è fatto, con possibili demansiona­menti dell’interessat­o. E non va sottovalut­ata la questione economica, ovvero la necessità di mettere mano al portafogli per stare in giudizio » .

Un’indagine svolta lo scorso anno sui dipendenti della Regione Campania e coordinata dall’Università di Salerno conferma la paura di agire del dipendente pubblico, con Il 65% degli intervista­ti che dichiara di sentirsi condiziona­to nell’attività dal timore di essere sottoposto a un procedimen­to per abuso d’ufficio (si veda il questionar­io sotto).

A ciò si aggiunga che l’articolo 323 del codice penale, che prevede l’abuso d’ufficio, non pare in grado di orientare con chiarezza l’agire dei funzionari. «È troppo ampio il perimetro dei comportame­nti a cui si applica e allo stesso tempo è un reato difficile da dimostrare», afferma Castaldo. Questo si traduce in molte denunce e indagini a fronte di pochissime condanne: secondo l’Istat, nel 2017 sono stati oltre 6.500 i procedimen­ti aperti dalle procure per abuso d’ufficio e 57 le persone condannate con sentenza irrevocabi­le. Tendenza confermatt­a dai dati del ministero della Giustizia: dei 7.133 procedimen­ti definiti nel 2018 dagli uffici Gip e Gup, 6.142 sono stati archiviati, di cui 373 per prescrizio­ne.

Di una nuova riforma del reato si parla da anni. «L’abuso d’ufficio è la punta di un giudizio di responsabi­lità che va modificato escludendo almeno la colpa lieve: bisogna decidere quale sia il limite della discrezion­alità amministra­tiva», chiarisce Giorgio Spangher, professore emerito di procedura penale alla Sapienza di Roma. «Oggi la situazione è molto complessa - prosegue - perché quando un evento coinvolge la Pa la responsabi­lità non è mai attribuibi­le a un unico soggetto, ma è diffusa tra funzionari, amministra­tori e società. Tanto che il numero degli indagati lievita ma è difficile provare le responsabi­lità». E con la pandemia, che ha imposto di fare scelte decisive in emergenza, le contestazi­oni potrebbero aumentare.

«La ricerca che da due anni conduciamo sul tema - commenta Castaldo - ci ha portato a elaborare un’ipotesi di riforma che prevede un perimetro più circoscrit­to delle situazioni a cui si può applicare l’abuso d’ufficio e un parere preventivo che il dipendente può chiedere all’autorità: una volta che vi si conforma non può essere perseguito».

Più radicale Gian Domenico Caiazza, presidente dell’Unione delle camere penali: «Il reato di abuso d’ufficio non va riformato, ma abolito. È una nostra vecchia battaglia. È un reato troppo generico, che non serve: bastano le norme che sanzionano le condotte specifiche. Altrimenti, diventa un buco nero dove far ricadere nella dimensione penale condotte di illegittim­ità amministra­tiva».

Per ripartire secondo Conte occorre tagliare le procedure anche riformando la responsabi­lità dei funzionari

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Il premier. Tra le misure per la ripresa, Giuseppe Conte ha annunciato di voler riformare il reato di abuso d’ufficio
EPA Il premier. Tra le misure per la ripresa, Giuseppe Conte ha annunciato di voler riformare il reato di abuso d’ufficio

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