Il boom dei tecno clienti spinge le banche alla rincorsa digitale
Non solo università, scuola, sanità e welfare. Anche per il settore bancario il coronavirus rappresenta una spinta tanto imprevista quanto potente verso una trasformazione epocale dei servizi. Nuovi protagonisti, rispetto a quelli tradizionali, grazie al loro approccio agile e digitale, riescono a ridefinire i processi operativi e a diventare sempre più attraenti. A discapito degli istituti di credito radicati da decenni sul territorio, costretti ora ad accelerare il passo del cambiamento. Da un ’ indagine post Covid- 19 presente nel «World « World Retail Banking Report 2020 » di Capgemini emerge che oggi il 30% dei clienti è disposto a passare a servizi più smart (fintech) ( fintech) a causa di esperienze insoddisfacenti con la propria banca principale.
La progressiva digitalizzazione dei servizi bancari è un trend che la crisi del coronavirus ha ulteriormente accelerato. L’online banking negli ultimi anni ha rappresentato un trend in forte crescita: in Italia è passato dal 26% al 36% in cinque anni (fonte Eurostat). Secondo il rapporto di Capgemini, società attiva nei settori della consulenza informatica e della fornitura di altri servizi professionali, oggi il 57% dei consumatori preferisce l’internet banking (prima dell’emergenza Covid-19 era il 49%), il 55% le app mobili (prima il 47%) e il 21% vorrebbe interagire con la banca tramite chatbot e assistenti vocali (il 15% pre Covid-19).
«È cambiato il paradigma. Se prima - afferma Andrea Falleni, amministratore delegato di Capgemini business unit Italy - la mission era offrire un servizio bancario sul territorio dando l’opzione di operare online, oggi invece per le banche il dovere è offire innanzitutto un servizio digitale. Le persone devono poter operare da casa, soprattutto se a rischio». L’importante è non perdere la componente umana del servizio sul canale virtuale, il contatto con il cliente: «Per questo è necessario investire sullo sviluppo dell’intelligenza artificiale e su contact center integrati», aggiunge Falleni.
Il Covid-19 ha forzato la mano, spingendo i consumatori online durante il lockdown e lasciando in eredità un nuovo modo di operare. Il trading online, adesempio, nei mesi di marzo e aprile ha registrato un incremento del +211% delle operazioni (dati Assosim) rispetto al bimestre precedente.
La necessità di accedere rapidamente ai servizi, anche da remoto, è stata alimentata dalla crisi di liquidità e dalla necessità di accedere ai risparmi. E per molte pratiche, dalla moratoria sui mutui ai finanziamenti garantiti, serve l’intervento della banca. «Le banche oggi sono uno snodo per il supporto finanziario dell’economia in crisi e per la messa a terra delle misure pensate dalla politica», dice l’ad di Capgemini. E per restare competitivi bisogna dare risposte rapide: «Essendo così urgente il fabbisogno, diventa chiave il tempo di risposta delle banche», conclude.
Quanto alle banche, i loro dirigenti riconoscono l’esistenza di ostacoli al processo di digitalizzazione dei servizi. Le preoccupazioni sono relative alla sicurezza informatica e alla privacy (nell’80% dei casi), all’obsoleta gestione dei dati troppo poco sfruttati (68%) e alla difficoltà di identificare partner corretti (73%).
Secondo il report di Capgemini, per agli istituti di credito un acceleratore del successo sono, ad esempio, le partnership: il 66% dei dirigenti delle banche afferma che ci vogliono 1-2 anni per innovare e lanciare un nuovo prodotto o servizio quando si lavora da soli, mentre il 58% ha dichiarato che ci vuole meno di un anno se si lavora in collaborazione con i partner fintech o bigtech.
Attraverso l’utilizzo di piattaforme digitali integrate le banche possono essere più efficienti e aumentare la redditività, offrendo prodotti e servizi personalizzati. Tre sono gli approcci possibili utilizzati finora: possono acquistare e integrare una nuova piattaforma, costruirne una propria o condividerne di pronte all’uso. Tuttavia, i problemi normativi e di conformità e la scarsa compatibilità informatica sono evidenziati come ostacoli dal 72% dei dirigenti.