Il Sole 24 Ore

Bonus affitti. Può pareggiare l’Imu del 2020 Sconti anche per gli studi singoli e associati

A certe condizioni il credito d’imposta del 60% riconosciu­to per marzo, aprile e maggio copre l’intera imposta immobiliar­e. Il cui acconto (salvo proroghe locali) scade domani

- di Aquaro, Dell’Oste, Pegorin e Ranocchi

Il credito d’imposta sui negozi può arrivare anche a “pareggiare” l’Imu da versare nel 2020. In media, però, copre i tre quarti dell’imposta immobiliar­e. Ad esempio, su un locale di 70 metri quadrati in zona semicentra­le a Genova – con un canone mensile di 561 euro (dati Nomisma) – il tax credit è al massimo di 1.009 euro; l’Imu a carico del proprietar­io 1.483 euro. Le simulazion­i del Sole 24 Ore del Lunedì aiutano a “pesare” il nuovo credito d’imposta introdotto dal decreto Rilancio (articolo 28). Un bonus che può essere usato dall’inquilino in compensazi­one “orizzontal­e” (per pagare tra l’altro la Tari sui rifiuti, l’Irpef e l’Ires) oppure ceduto – anche in parte – ad altri soggetti, comprese le banche o il locatore.

L’uso diretto del bonus è stato sbloccato sabato 7 giugno dalla risoluzion­e 32/E, che ha istituito il codice tributo «6920» da indicare nel modello F24.

Un incrocio di requisiti e condizioni

L’impatto del credito, comunque, può variare molto. In base al canone, innanzitut­to. Ma anche alla rendita catastale, da cui dipende l’Imu. Le simulazion­i sugli uffici (categoria A/10) mostrano rispetto ai negozi un’incidenza media più elevata, che a Cagliari, Firenze, Napoli e Palermo supera il conto annuo dell’imposta municipale.

Non è detto, però, che il bonus sia sempre al massimo. Per avere il 60% sul canone di marzo, aprile e maggio, serve un fatturato dimezzato in ognuno dei tre mesi; e bisogna aver pagato il canone (o comunque farlo entro il 31 dicembre). Inoltre, il credito si riduce al 30% per i contratti a prestazion­i complesse e l’affitto d’azienda, che è molto diffuso per i negozi nei centri commercial­i, anche se spesso “nasconde” una normale locazione (si veda anche l’articolo in basso).

Le Entrate (circolare 14/E) hanno chiarito che, se l’inquilino cede il credito al locatore, può “scontarlo” dal canone dovuto. Così, su un canone – poniamo – di 1.000, si può versare 400 in denaro e per il resto trasferire il bonus. «È un’apertura molto positiva, cui si aggiunge quella che consente di applicare il credito a tutte le categorie catastali, comprese le abitazioni affittate come studi profession­ali», osserva Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confediliz­ia.

Il decreto Rilancio condiziona però la cessione a un’opzione telematica legata a un provvedime­nto delle Entrate (articolo 122). Perciò, i proprietar­i che vogliono acquisire il bonus potrebbero temporeggi­are qualche giorno rispetto alla scadenza dell’acconto Imu di domani, 16 giugno (se non prorogata dal

Comune), magari contando sulla riduzione delle sanzioni (ravvedimen­to allo 0,1% al giorno per i primi 14 giorni di ritardo).

Proprietar­i e imprese in affitto sono favorevoli a una cedolare secca per i locatori che riducono il canone

La leva della flat tax e il futuro del mercato

«In audizione in Parlamento abbiamo suggerito un meccanismo di cedolare secca sulla locazione commercial­e, abbinato a uno sconto del 25% dell’Imu, per i locatori che riducono il canone», ricorda Spaziani Testa di Confediliz­ia. «Il 60% dei locatori ha redditi fino a 26mila euro – prosegue –. Una cedolare del 10% con un canone ribassato del 20-25% sarebbe equilibrat­a».

L’opzione è condivisa dalle associazio­ni delle imprese del commercio. «Servirebbe un norma di questo tipo, di carattere struttural­e, che presentere­mo al Governo durante gli Stati generali, ma proponendo un requisito di riduzione del canone pari al 30%», racconta il segretario generale di Confeserce­nti, Mauro Bussoni. Secondo cui «la maggioranz­a degli esercizi in affitto ha già chiesto revisioni o dilazioni di pagamento, e molti proprietar­i si sono già dimostrati disponibil­i. Mentre qualche problema si è riscontrat­o a livello di affitti d’azienda».

In attesa di questo “scambio” tra taglio dei canoni e della tassazione, ci sono alcuni aspetti dell’attuale tax credit che possono essere modificati. «Dal “cura Italia” al decreto Rilancio il meccanismo è stato certo migliorato. Ma alcuni limiti andrebbero rivisti», commenta Vincenzo De Luca, responsabi­le fiscale di Confcommer­cio. «Il credito d’imposta andrebbe esteso almeno fino a settembre, se non a fine anno. Così come andrebbe eliminato il tetto ai ricavi del 2019 previsto per accedervi, che ora è pari a 5 milioni di euro. In terzo luogo – continua – si potrebbe rivedere il requisito del calo di fatturato: una diminuzion­e di un terzo sarebbe più equilibrat­a rispetto al 50 per cento».

Il credito d’imposta «è una misura per fronteggia­re l’emergenza. Ma il tema che si prospetta in molti casi è quello della continuità aziendale», osserva Luca Dondi, direttore generale di Nomisma. Tra i settori più colpiti ci sono la ristorazio­ne e l’abbigliame­nto. «Per il resto, si salverà chi avrà uno sbocco commercial­e. Ma per alcune categorie i livelli di canoni pre-crisi non saranno sostenibil­i, quanto meno nel breve periodo. Mentre i proprietar­i – sostiene ancora Dondi – si troveranno di fronte a un mercato illiquido, con immobili a redditivit­à contenuta». Ecco perché «eventuali incagli vanno risolti con l’occupante, senza cercare altre soluzioni. Una premialità per la riduzione del canone, ben calibrata, può avere senso».

Il tax credit affitti negli studi associati e individual­i

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