NELL’ERA DELLA MOBILITÀ VIRTUALE ORA SERVE UNA DIDATTICA «IBRIDA»
Il futuro si può ignorare, provare a rallentare, intralciare. Ma sappiamo che non si può fermare. Se ci si muove con intelligenza, e per tempo, lo si può imparare a migliorare. La partita tra conservatori e progressisti sta in queste lapalissiane verità. È una partita che, almeno in Occidente, si gioca da mezzo millennio. In tutti i settori e funzioni della nostra vita associata. Oggi tocca anche all’Università. Nata come corporazione d’elite, poi trasformata dal rullo compressore della formazione di massa. Ma comunque rimasta protetta dalle mura delle proprie aule. Sempre più affollate, inadeguate. Ma difese come baluardo e simbolo di un meccanismo di trasmissione del sapere ad accesso limitato. Chiuso. Oggi, questo meccanismo è sotto stress. La crisi Covid ha costretto i docenti di mezzo mondo a misurarsi con la comunicazione digitale. Trasferendo le proprie lezioni e le proprie classi online. Il risultato è una rivoluzione epocale.
I lettori del Sole già conoscono, grazie alla guida sulla Smart Education, l’espansione dell’e-learning avvenuta nell’ultimo nell’ultimodecennio, decennio, con conl’ingressodei l’ingresso dei grandi atenei internazionali nell’ecosistema della formazione permanente. I Mooc (Massive open online courses) sonostatiil sonostatiilcavallodiTroiachehamesso cavallo diTroiache hamesso il migliore know-how universitario a disposizione dell’apprendimento continuodicuiilmondodellavorooggi ha bisogno per reggere il passo incalzante del cambiamento tecnologico. Ma il fenomeno poteva apparire – fino a ieri – ancora estraneo al circuito universitario in senso stretto. Erano pochi, pochissimi i docenti direttamente coinvolti. E gli studenti non sembravanobeneficiarne, potendoutilizzareancorapocoiMoocneipropripiani potendoutilizzareancorapocoiMoocneipropripianidistudio. distudio. Sono Sonobastatipochimesididistance bastatipochimesi di distance education forzata per fare implodere questo scenario. Con un salto, in dieci settimane, di dieci anni.
I dati dell’indagine Ipsos-Federica Weblearning mostrano una popolazione studentesca che vede ormai la didattica online come un proprio diritto acquisito. Certo, sono una minoranza – per fortuna – coloro che pensano si possa fare del tutto a meno delle aule. Anche se è una minoranza consistente, che sarà il terreno di caccia delle università telematiche private. Mettendo a rischio le finanze di molti atenei pubblici, con quel calo di iscrizioni che il ministro Manfredi ha – giustamente – paventato. Perché il dato incontrovertibile è che i giovani, dopo avere sperimentato i vantaggi di studiare a casa propria utilizzando i device che sono ormai una loro protesi bionica, non sono disposti a tornare