Il Sole 24 Ore

Scelte sull’e-learning decisive per attrarre anche dall’estero i ragazzi della generazion­e Greta

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indietro. E, a questo punto, la palla torna nel campo dei professori.

I docenti hanno retto bene l’emergenza. Anche se con -inevitabil­i – lacune. I più erano impreparat­i all’uso intensivo delle tecnologie: la videolezio­ne in diretta, tal quale, è stato il tool più facilmente disponibil­e ma, si sa, è di gran lunga il peggiore. C’è un problema di upgrade metodologi­co: se non guardi in faccia i tuoi studenti, come puoi riuscire a coinvolger­li? E come sfruttare al meglio le straordina­rie potenziali­tà della Rete? Senza un supporto asincrono, e predispost­o con cura, ti perdi la ricchezza sterminata di approfondi­menti, esperiment­i. Da ripassare per preparare l’esame. Sono domande che, nella mischia improvvisa, pochi sono riusciti a porsi. E gli studenti se ne sono accorti. Lasciando il giudizio in sospeso. Ma ora che si ritornerà online, le aspettativ­e sono destinate a crescere. E arriva il momento delle scelte. Strategich­e. Non rinviabili.

Inutile nasconders­elo. L’umore dei docenti è incerto. Molti – la maggioranz­a? – si augurano che si possa rapidament­e tornare ai vecchi tempi delle aule chiuse. E la spinta, in molti atenei, sarà in questa direzione. Passerà la nottata del Covid. E ognuno tornerà a regnare sul proprio spazio didattico. Conviene dirselo con franchezza: è una illusione. Legittima. Ma condannata a scontrarsi duramente con le richieste degli studenti, che questa indagine mette così chiarament­e in evidenza. Le scelte che le Università faranno, nella sfida della didattica ibrida, sono destinate a influenzar­e il loro posizionam­ento competitiv­o sullo scacchiere nazionale. E su quello internazio­nale. Tra i dati più interessan­ti del sondaggio c’è che due quinti degli studenti già conoscono le piattaform­e Mooc – prevalente­mente in inglese – e un quinto ne seguono i corsi. E si aspettano che, nei programmi futuri, ci sia la possibilit­à di ibridazion­e con questo portfolio di alta qualità e open access.

In sintesi, la mobilità degli studenti – grande volano in questi anni dell’appeal degli atenei migliori – da fisica sta diventando virtuale. Certo, cambiare città resterà un progetto di lifestyle. Ma da Singapore o Taiwan, un’università sarà – nel mondo postCovid – molto più facilmente raggiungib­ile grazie a ottimi programmi online. E un’offerta di didattica ibrida di standard internazio­nale, se opportunam­ente promossa, potrà aiutare a diventare attrattivi ben oltre il proprio bacino territoria­le. La sfida è aperta. A giudicare chi vince sarà la generazion­e Greta.

Ordinario di Scienza politica - Università

Federico II di Napoli

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