Sì a 198 nuovi corsi di laurea: la crisi non blocca l’offerta
In vista del prossimo anno accademico gli atenei puntano sul food, sull’ingegneria biomedica e le biotecnologie e sulle nuove frontiere del diritto. A dirlo è la mappa dei 198 nuovi corsi di laurea che hanno ottenuto il disco verde del Consiglio universitario nazionale (Cun) e a breve avranno anche il “bollino” dell’Agenzia Anvur. A quel punto per rendere ufficiale l’offerta formativa per il 2020/21 mancheranno solo i decreti ministeriali di accreditamento. Ma è questione di giorni. In attesa di scoprire il suo eventuale impatto sulle immatricolazioni la pandemia non sembra aver inciso sulle scelte delle università. Sia perchè il numero complessivo di lauree continua a crescere (da 4.645 dovremmo passare a 4.815, sommate le nuove e tolti i corsi che invece chiudono), sia perché non si registra un aumento dell’offerta negli ambiti più direttamente collegati all’emergenza sanitaria.
Le nuove lauree triennali
Nell’analizzare le tendenze in atto conviene partire dalle lauree triennali. Dove balza agli occhi, in primis, un significativo aumento (+7 sul 2019) dei corsi nella classe L-14 (Scienze dei servizi giuridici). Una tendenza che troviamo peraltro anche nell’omologa magistrale LM/Sc-Giur (Scienze giuridiche) e che vede il diritto abbinato spesso alle nuove tecnologie oppure all’economia. Al tempo stesso continua la ”galoppata” della classe L-Gastr (Scienze, culture e politiche della gastronomia), che passa da 8 a 12 corsi (+ 50%). Senza però una crescita corrispondente anche nella sua versione magistrale, ferma a soli 2 corsi, a causa forse dell’aumento di Scienze della nutrizione umana (LM-61).
Il tema trasversale delle migrazioni e della globalizzazione sottende poi un incremento (significativo in percentuale anche se di poche unità) dei corsi offerti nelle classi L-37 (Scienze sociali per la cooperazione, lo sviluppo e la pace), L-42 (Storia) e in parte L-40 (Sociologia). Mentre sul versante più tecnico-scientifico il balzo maggiore in valore assoluto (+8 corsi, che in percentuale diventa però +5%) lo fa segnare la L-9 (Ingegneria industriale). E lo deve soprattutto a una forte crescita dell’Ingegneria biomedica.
I corsi magistrali
Del rinnovato appeal delle Scienze giuridiche, anche in versione magistrale, abbiamo detto. Un altro fenomeno trasversale interessante è l’avvio di nuovi corsi in classi finora trascurate: LM-1 (Antropologia culturale ed etnologia), LM-3 (Architettura del paesaggio), LM-5 (Archivistica e biblioteconomia), LM-43 (Metodologie informatiche per le discipline umanistiche), LM-64 (Scienze delle religioni), LM-66 (Sicurezza informatica), LM-72 (Scienze e tecnologie della navigazione), LM-79 (Scienze geofisiche), LM-80 (Scienze geografiche), LM-90 (Studi europei), LM-93 (Teorie e metodologie dell’e-learning e della media education), che avevano tutte meno di 10 corsi a livello nazionale: un fenomeno che mostra una volontà di diversificare l’offerta.
Grazie soprattutto ai corsi in Data science, che passano da 12 a 17, in forma si conferma anche la classe LM-91 (Tecniche e metodi per la società dell’informazione). Restando in ambito scientifico sono due i fenomeni degni di nota: l’incremento della L-9 si riflette sul lato gestionale in un aumento (+4, pari al 13%) di corsi nella classe LM-31 (Ingegneria gestionale).
L’aumento di corsi triennali in Ingegneria biomedica non si riflette sulla sua versione magistrale (LM-21), ma in compenso cresce del 14% (+3 corsi )l’offerta nella classe “cugina” LM-8 (Biotecnologie industriali), con nuovi corsi legati alla sostenibilità.
A fronte di tanti segni più registriamo pochi segni meno. Le uniche classi che diminuiscono (anche se solo di un’unità) sono la LM-24 (Ingegneria dei sistemi edilizi) e la LM-94 (Traduzione specialistica e interpretariato), oltre alla L/Ds (Scienze della difesa e della sicurezza triennale mentre la magistrale non subisce variazioni).
Un discorso a parte lo merita infine la crescita da 67 a 74 dei corsi di Medicina e chirurgia. Inutile cercarci un effetto indiretto del Covid-19. In 6 casi su 7, infatti, si tratta di atenei che già li ospitavano e ne aggiungono un altro in una sede diversa (fa eccezione Trento che è una new entry). In più, quando il 21 febbraio l’Italia ha iniziato a fare i conti con il coronavirus, la macchina del nuovo anno accademico era già partita. E, da allora, le uniche correzioni in corsa sono state dettate dai rilievi del Cun e dell’Anvur.