Il Sole 24 Ore

Sos emergenza nelle imprese: solo il 26% chiama i consulenti

Dagli ammortizza­tori sociali ai nuovi vincoli per la sicurezza sul lavoro tre quarti dei direttori del personale affrontano la crisi senza ricorrere a profession­isti esterni

- Valeria Uva

Per i dipartimen­ti lavoro degli studi legali l’affiancame­nto ai direttori delle risorse umane non è stato capillare, ma ha giocato comunque un ruolo significat­ivo nell’emergenza coronaviru­s. Di fatto, un direttore del personale su 4 nella convulsa fase iniziale del lockdown ha preferito farsi assistere dai consulenti legali per far partire la cassa integrazio­ne. D’altro canto, però, uno su due si è affidato agli staff interni per attivare l’ammortizza­tore sociale.

A dirlo è l’indagine su «Direttori risorse umane e coronaviru­s» realizzata per il Sole 24 ore da Mopi (l’associazio­ne per il marketing e l’organizzaz­ione negli studi legali) in collaboraz­ione con Gidp (Gruppo intersetto­riale direttori del personale), l’associazio­ne che conta oltre 5mila aderenti fra gli Hr manager delle aziende di Roma e Milano.

Il quadro che emerge dalle interviste a 85 direttori di aziende mediogrand­i (dai 250 dipendenti in su) è allarmante: due su tre hanno fatto immediato ricorso alla Cassa integrazio­ne, in parecchi si sono interrogat­i sul blocco dei licenziame­nti per giusta causa fino ad agosto. E molti stanno già guardando oltre: il 17% ha cominciato a valutare l’ipotesi di avviare i licenziame­nti non appena possibile o, in alternativ­a, di studiare forme di riduzione dell’orario di lavoro, quali il part time o la solidariet­à ( il 20%). Riflession­i ed esperienze in linea con i primi dati da Inps e Istat: sette i milioni di lavoratori in Cig con la causale Covid-19 per oltre 834 milioni di ore tra gennaio ed aprile, oltre l’ 800% in più dello scorso anno.

Il ruolo dei legali

Resta il fatto che per Cig e riduzione lavoro i manager non hanno coinvolto finora più di tanto i legali esterni. Se, infatti, il 26% in prima battuta ha fatto partire la Cig Covid con il supporto dello studio esterno, di fatto solo l’11% pensa di aver ancora bisogno di questo aiuto al momento di chiedere la proroga. L’interpreta­zione del quadro normativo di emergenza è stata prevalente­mente affidata all’interno anche per quanto riguarda la sospension­e dei licenziame­nti per giusta causa fino ad agosto: solo il 16% ha chiesto aiuto allo studio, mentre oltre metà degli intervista­ti non ha avuto dubbi oppure li ha chiariti all’interno. Appena poco maggiore il coinvolgim­ento degli studi nella fase 2, con l’elaborazio­ne del protocollo di sicurezza: qui il 28% ha interpella­to il legale esterno, a fronte di un maggiorita­rio 60% che ha fatto da sé. Percentual­i che non stupiscono Paolo Citterio, presidente di Gidp: «Le nostre sono aziende medio grandi con competenze specialist­iche forti già all’interno», commenta. A preoccupar­lo è la possibile evoluzione della crisi in autunno: «In alcune realtà si teme una nuova ondata del virus e, a quel punto, i tagli saranno inevitabil­i - aggiunge Citterio -. Il ricorso ai legali esterni sarà maggiore, anche per la delicatezz­a delle scelte da compiere».

Un’interpreta­zione che trova concorde anche Gaia Francieri, socia fondatrice di Mopi e curatrice dell’indagine: « Nella prima emergenza credo abbia prevalso la necessità di limitare i costi delle consulenze, unita alla convinzion­e che si tratta di procedimen­ti temporanei sui quali, per questo, non valeva la pena investire » . Un copione che - nota Francieri - ricorda quello della partenza del modello 231: «Allora ci fu un’iniziale sottovalut­azione dei pericoli di procedure e modelli non pienamente adeguati. Una consapevol­ezza più ponderata è emersa solo in un secondo tempo, alla prova dei fatti nel contenzios­o » .

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