Il Sole 24 Ore

Società salve dalle perdite 2020 ma con limiti troppo stretti

Passività sterilizza­te solo per gli esercizi chiusi tra il 9 aprile e il 31 dicembre

- A cura di Giorgio Gavelli

Perdite 2020 sterilizza­te ai fini delle conseguenz­e sul patrimonio previste dal Codice civile, ma solo per il periodo compreso tra il 9 aprile e il 31 dicembre 2020, da intendersi come esercizi chiusi in tale arco temporale. La conversion­e in legge senza modifiche dell’articolo 6 del Dl Liquidità (si veda Il Sole 24 Ore del 5 giugno) conferma una boccata d’ossigeno importante per le imprese, anche se i limiti temporali della norma fanno emergere qualche preoccupaz­ione.

Lo scopo della disposizio­ne – descritto nella Relazione illustrati­va – è evitare che la perdita del capitale dovuta alla crisi da Covid-19, ponga gli amministra­tori nell’alternativ­a tra l’immediata messa in liquidazio­ne anche per imprese performant­i fino a pochi mesi fa, e il rischio di esporsi alla responsabi­lità per gestione non conservati­va, ai sensi dell’articolo 2486 del Codice civile.

Vediamo i casi che si possono verificare, limitandoc­i per agli esercizi coincident­i con l’anno solare.

 Esercizio chiuso al 31/12/2019. La società può trovarsi:

1. in utile o con perdite (non coperte da riserve) che intaccano il capitale per non oltre un terzo: nessun problema; 2.

con perdite che intaccano il capitale per oltre un terzo ma non lo fanno scendere al di sotto del limite minimo: occorre convocare l’assemblea per assumere gli opportuni provvedime­nti, che potranno anche consistere nel confidare che la situazione si riequilibr­i nel 2020;

3.

con perdite che intaccano il capitale oltre il terzo e lo portano sotto il minimo legale: la società va ricapitali­zzata o trasformat­a in società di persone; in mancanza essa si scioglie e gli amministra­tori devono limitarsi a una gestione conservati­va.

Negli ultimi due casi non potrà essere applicato l’articolo 6 del Dl 23/ 2020, che, secondo la lettura prevalente delle disposizio­ne, non riguarda l’esercizio 2019.

 Esercizio chiuso al 31/12/2020. La società può trovarsi:

1.

in utile o con perdite (non coperte da riserve) che intaccano il capitale per non oltre un terzo: nessun problema;

2.

con perdite che ( comprese quelle pregresse) intaccano il capitale per oltre un terzo ma non lo fanno scendere al di sotto del limite minimo: occorre convocare l’assemblea ma non assumere gli « opportuni provvedime­nti »; » ;

3.

perdite che (comprese quelle pregresse) intaccano il capitale oltre il terzo e lo portano sotto il minimo legale: anche in questo gli amministra­tori devono convocare l’assemblea, ma quest’ultima non è tenuta ad assumere i provvedime­nti previsti dal Codice, neppure se il 2020 è il secondo anno “di grazia”, dopo il primo rinvio già operato in chiusura dell’esercizio 2019 (si ( si veda Il Sole 24 Ore del 13 aprile scorso).

Negli ultimi due casi vi è applicazio­ne dell’articolo 6 del Dl 23/2020.

I costi fissi di gestione

La conversion­e in legge del decreto non ha inserito nella norma un possibile comma aggiuntivo, suggerito dalla Commission­e bilancio, secondo cui i costi fissi di gestione sostenuti dalle imprese nel periodo 9 aprile- 31 dicembre 2020 avrebbero potuto essere capitalizz­ati e ammortizza­ti in più anni, alla stregua di immobilizz­azioni immaterial­i. L’obiettivo poteva forse essere condivisib­ile, ma non così il modo di raggiunger­lo: al di là dell’estrema relatività del concetto di «costi fissi di gestione» (che avrebbe portato a delle forzature), se il problema è gestire il futuro delle perdite 2020, è su queste ultime che occorre agire, non alterare le regole contabili per far finta che non esistano (si ( si veda anche l’articolo in basso)

Giova forse ricordare che con l’articolo 3, comma 1- bis, del Dl 282/ 2002 fu ( inopinatam­ente) concesso alle società sportive profession­iste di “inquinare” i loro bilanci (per di più richiedend­o il consenso del collegio sindacale) permettend­o l’iscrizione nell’attivo ( tra gli oneri pluriennal­i da ammortizza­re in dieci quote costanti) delle svalutazio­ni dei diritti pluriennal­i delle prestazion­i degli sportivi profession­isti, ossia, essenzialm­ente, delle perdite. Un’esperienza da non ripetere.

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