Va fissato un termine congruo per smalitire il deficit da virus
Rosso fuori dal patrimonio netto per più tempo senza distribuire utili o riserve
L’intervento del Dl Liquidità che sterilizza gli effetti delle perdite da pandemia sui bilanci 2020 è sicuramente centrato se visto nell’immediato. La norma, però, non sembra considerare con attenzione il futuro di queste perdite (di cui si occupava, anche se in modo discutibile, l’emendamento poi non approvato al Dl 23).
Se in chiusura dell’esercizio 2021 le perdite nel frattempo accumulate rappresenteranno oltre il terzo del patrimonio, portando il capitale al di sotto dei limiti di legge, non ci saranno alternative alla ricapitalizzazione immediata o allo scioglimento. Stessa cosa se esse si manterranno per più di un anno oltre il terzo pur non infrangendo il capitale minimo. È come se il legislatore avesse previsto che le società che stanno sopportando perdite assai rilevanti in questo esercizio, nel 2021, quasi per magia, saranno in grado di produrre utili tali da riportare il patrimonio sopra i limiti di guardia previsti dal Codice. È chiaro che il Dl Liquidità è una norma emergenziale, ma è chiaro anche che si tratta di una norma troppo ottimistica per il futuro. Ciò non significa voler rendere per sempre irrilevanti ai fini di salvaguardia patrimoniale le perdite 2020, perché equivarrebbe a mantenere in vita nel tempo società non più in grado di restare sul mercato. Ma tra i due estremi va trovato un “giusto mezzo”, per evitare che gli sforzi che le società faranno in questi esercizi non siano vanificati subito dopo aver approvato il bilancio 2020. Infatti, chiuso l’intermezzo concesso dal Dl Liquidità, tornano le cautele del Codice civile senza più differenza sulla causa o l’anno di origine delle perdite.
Come rimediare? Si potrebbe spostare l’orizzonte al 2032, anno sino al quale, nella Relazione al Parlamento, il Governo ha chiesto l’autorizzazione al ricorso all’indebitamento. Oppure
si potrebbe collegare la fine della sterilizzazione degli effetti patrimoniali delle perdite 2020 alla durata dei mutui alle imprese con garanzia statale (10 anni dopo la conversione del Dl).
Ciò che si stava ipotizzando di realizzare con una forzatura dei principi contabili, consentendo una “spalmatura” su più anni dei costi fissi di periodo, si potrebbe attuare senza piegare le regole contabili a esigenze contingenti. Si potrebbe prevedere che la perdita ex articolo 6 del Dl 23/2020 (o la quota legata all’emergenza sanitaria se determinabile) «non è considerata nel computo del patrimonio netto» ai fini delle norme citate in tale disposizione, sino all’esercizio che si riterrà più opportuno come termine congruo di “smaltimento” dei deficit da pandemia, impedendo nel contempo la distribuzione di utili o riserve. Sarebbe sbagliato pensarci all’ultimo momento, se è già evidente che non ci saranno alternative.