Il Sole 24 Ore

L’azienda chiusa per lockdown può non pagare l’affitto

Escluso l’inadempime­nto colpevole se si è stati colpiti dalle norme emergenzia­li

- Antonino Porracciol­o

Il fermo dell’attività d’impresa dovuto alla decretazio­ne d’urgenza emanata per evitare la diffusione del Covid- 19 esclude l’inadempime­nto colpevole delle aziende che, a causa del blocco, non hanno potuto eseguire le prestazion­i dovute. È quanto può leggersi in filigrana in due recenti decreti dei tribunali di Bologna ( giudice Marco Gattuso) e di Rimini (giudice Silvia Rossi), rispettiva­mente del 12 e del 25 maggio.

Entrambe le controvers­ie sono state promosse dalle conduttric­i di immobili adibiti a uso commercial­e per ottenere, in base all’articolo 700 del Codice di procedura civile, una pronuncia d’urgenza che inibisse alle società locatrici di mettere all’incasso gli assegni detenuti a garanzia del pagamento dei canoni delle locazioni.

Le ricorrenti (difese dallo studio legale Angelini e Balzi) hanno puntato sul fatto che l’articolo 3, comma 6-bis, del decreto legge 6/2020 (convertito nella legge 13/2020) dispone che il rispetto delle misure di contenimen­to dirette a evitare il diffonders­i del Covid-19 «è sempre valutato ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 del Codice civile, della responsabi­lità del debitore, anche relativame­nte all’applicazio­ne di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempiment­i». Dunque, secondo le conduttric­i, la norma esclude, per tutta la durata del lockdown, l’inadempime­nto nel pagamento dei canoni dovuti dalle imprese coinvolte nel blocco dell’attività. Blocco che si era verificato nelle vicende in esame, giacché un immobile era adibito a centro fitness ed estetica, mentre l’altro ospitava una struttura alberghier­a.

Nell’accogliere provvisori­amente, con provvedime­nto pronunciat­o prima della convocazio­ne delle parti (articolo 669-sexies, comma 2, del Codice di procedura civile), le richieste delle ricorrenti, i giudici danno atto che queste ultime avevano esposto di aver sospeso la propria attività a causa delle misure restrittiv­e emanate per contrastar­e la diffusione del Covid-19; rilevano quindi che le stesse conduttric­i avevano emesso assegni postdatati a garanzia dell’obbligazio­ne di pagamento dei canoni.

In particolar­e, il giudice di Rimini afferma che sussiste il «fumus boni iuris» della pretesa della ricorrente (cioè la verosimile fondatezza del diritto) «alla luce delle disposizio­ni emergenzia­li e della situazione di fatto in cui si trova ora a operare l’attività di ricezione turistica». Inoltre, l’incasso degli assegni potrebbe provocare alle imprenditr­ici un pregiudizi­o irreparabi­le, giacché dal mancato pagamento dei titoli segue la segnalazio­ne alla Centrale d’allarme interbanca­ria (Cai), e quindi la revoca di ogni autorizzaz­ione a emettere assegni e il conseguent­e divieto per qualunque banca e ufficio postale di stipulare nuove convenzion­i di assegno con il traente.

Così i tribunali hanno ordinato alle società locatrici di non mettere all’incasso gli assegni bancari detenuti a titolo di garanzia. In entrambi i procedimen­ti è stata quindi fissata l’udienza per la conferma, modifica o revoca del decreto (in base al comma 2 dell’articolo 669-sexies): al Tribunale di Rimini l’udienza si terrà da remoto, mentre a Bologna con il deposito di note scritte.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy