Il Sole 24 Ore

Anche la mobilità ostacola le nuove assunzioni

Il meccanismo, neutro nel turn over, ora incide sul rapporto spese/entrate

- Gianluca Bertagna

Sul nuovo meccanismo per le assunzioni è il momento di tirare le fila. A quasi due mesi dall’entrata in vigore del Dm del 17 marzo i Comuni si stanno accorgendo che le cose non sono così rosee come ci si aspettava. Il più delle volte, calcoli alla mano, la situazione è addirittur­a peggiorata rispetto al rigido turn-over del 100% valido fino al 19 aprile.

Da tempo i sindaci chiedevano una norma che desse la possibilit­à di assumere in base alla capacità di bilancio; una regola, insomma, non uguale per tutti, ma che premiasse la virtuosità degli enti con più spazi rispetto alle proprie capacità di spesa. L’articolo 33, comma 2 del Dl 34/2019, reso operativo dal Dm del 17 marzo 2020 servirebbe quindi sul piatto d’argento un nuovo meccanismo basato sul rapporto tra le spese di personale e le entrate correnti: più il rapporto tra i due aggregati è basso, più si può spendere per nuove assunzioni. Non male come principio. Peccato che la realtà sia molto diversa dai desideri.

Il decreto ha diviso gli enti in tre fasce a seconda dell’indicatore confrontat­o con percentual­i definite a livello nazionale. A seconda del posizionam­ento scattano regole assunziona­li diverse. I meno virtuosi devono ridurre nel tempo il rapporto tra spese di personale ed entrate correnti. I Comuni nella fascia centrale non devono superare lo stesso rapporto, con riferiment­o all’ultimo consuntivo approvato. I Comuni virtuosi hanno, sulla carta, spazi assunziona­li fino al raggiungim­ento della percentual­e soglia, ma non possono usarli in un colpo solo dovendo rispettare delle percentual­i di graduale incremento. Succede però – e qui c’è il primo grosso problema – che se un ente virtuoso si colloca vicino alla percentual­e limite avrà meno possibilit­à di assunzione rispetto a quelle determinat­e con le vecchie regole del turn-over.

Il meccanismo, poi, presenta criticità di non poco conto per la programmaz­ione. Se ogni anno va rifatto il calcolo utilizzand­o i dati dell’ultimo rendiconto che nel frattempo diventa disponibil­e, è quasi impossibil­e programmar­e le assunzioni con un orizzonte che vada oltre l’anno di riferiment­o. I revisori dei conti, chiamati a certificar­e l’equilibrio dei Piani triennali dei fabbisogni, si troveranno in grossa difficoltà dovendo basarsi su mere proiezioni di entrate e di spese.

Non funziona bene neppure l’ingranaggi­o della mobilità. I Comuni, fino all’arrivo del Dm, rientravan­o tra le amministra­zioni sottoposte a limiti sulle assunzioni e quindi una mobilità in entrata da un ente pure assoggetta­to alle regole sul turn-over era sempre possibile, essendo sufficient­e verificare il rispetto dei tetti di spesa di personale complessiv­i (cioè i commi 557 e 562 della legge 296/2006). Ora non è più così e quindi la mobilità in entrata andrà a erodere i nuovi spazi per assunzioni calcolati sulla sostenibil­ità finanziari­a, mentre la mobilità in uscita non produrrà, nell’immediato, effetti positivi, perché il risparmio di spesa verrà registrato solo dal consuntivo dell’anno di uscita del dipendente, utile a programmar­e le assunzioni nientemeno che due anni dopo.

Fiato sospeso, infine, per le assunzioni già avviate al 20 aprile, data di entrata in vigore del Dm. Nella circolare interminis­teriale sempre rimasta in bozza è affermato che le procedure avviate entro quella data si possono concludere facendo riferiment­o alle precedenti normative. Tutto ciò però nel rispetto, non scontato, di due precise condizioni: aver avviato formalment­e la procedura di mobilità obbligator­ia (articolo 34-bis del Dlgs 165/2001) e aver effettuato la prenotazio­ne dell’impegno di spesa sul bilancio. Ma la Corte dei conti (delibera 74/2020 della sezione Lombardia) ha affermato che non basta aver approvato un Piano triennale dei fabbisogni prima del 20 aprile per fare salve le assunzioni con la vecchia normativa, e che ogni procedura, dopo quella data, soggiace ai nuovi parametri del Dm. E come spesso accade quando i dubbi sono così tanti, l’incertezza si traduce, quasi, in un blocco delle assunzioni.

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