Il Sole 24 Ore

Alti e bassi dei listini? Ecco i motivi nascosti

Ad amplificar­e il rimbalzo sono stati i ribilancia­menti dei portafogli sgonfi di azioni e poi gli algoritmi legati agli indici di volatilità Oltre alla ripresa dei contagi, sono scattate le vendite perché Wall Street ha raggiunto i massimi e per lo stop d

- Morya Longo á@

Solo per riequilibr­are i portafogli dopo la caduta di febbraio servono acquisti di azioni per 3.300 mld

«Io ho visto cose che voi umani...». Se gli algoritmi di Borsa e le strategie automatizz­ate potessero parlare, si esprimereb­bero come il replicante Roy Batty nel film Blade Runner. Perché se gli alti e bassi dei listini sono spiegabili con il coronaviru­s ( a febbraio la paura, da marzo la speranza per la ripresa economica e ora il timore per una nuova ondata di contagi), l’ampiezza e la velocità dei movimenti delle Borse no. O, quantomeno, non sempre. Non era giustifica­to il rally che da marzo ha fatto salire le Borse fino quasi ad annullare tutte le perdite, non è del tutto spiegabile solo con la paura dei contagi la caduta degli ultimi giorni.

La realtà è un’altra: dietro le quinte, nei «backstage» dei mercati finanziari, agiscono meccanismi così complessi e automatizz­ati che rendono i movimenti delle Borse poco comprensib­ili a «noi umani». Meccanismi che esasperano i rialzi come i ribassi. Che rendono i movimenti delle Borse indecifrab­ili a occhio nudo. E che oggi portano molti osservator­i a dire che, nonostante l’umore nero, ci sono i presuppost­i tecnici per un nuovo rimbalzo. Perché in Borsa i fondamenta­li contano, ma fino a un certo punto. Contano di più i meccanismi autorefere­nziali.

Dietro le quinte del rally

Per capire bisogna partire proprio dal grande rally, iniziato a metà marzo e concluso (per ora) settimana scorsa. Dopo il crollo di febbraio, i grandi investitor­i mondiali si erano trovati a metà marzo con i portafogli “sgonfi” di azioni. Questo è un problema soprattutt­o per quelli che hanno per statuto portafogli bilanciati (per esempio 40% bond, 60% azioni): il crollo delle Borse e le loro stesse vendite avevano infatti sbilanciat­o questa percentual­e a sfavore delle azioni.

Aiutati dalle grandi iniezioni di liquidità (e di fiducia) delle banche centrali e dai primi segnali positivi sui contagi, questi soggetti hanno così iniziato piano piano i cosiddetti ribilancia­menti: cioè ad acquistare azioni per riportare i portafogli in equilibrio. Calcolava JP Morgan il 24 marzo, che solo i ribilancia­menti avrebbero causato acquisti di azioni globali per 3.300 miliardi di dollari da quel momento in poi. Così, da metà marzo, si è verificata una convergenz­a di acquisti: da un lato comprava in Borsa chi sfruttava il crollo precedente e le iniezioni di liquidità da parte delle banche centrali, dall’altro chi - sempliceme­nte - doveva iniziare a ribilancia­re i portafogli. Così le Borse hanno iniziato a correre.

Questo ha calmato i mercati e fatto scendere la volatilità: l’indice Vix, che la misura, da oltre 80 di marzo è infatti sceso a 24 il 5 giugno scorso. Questo, sui mercati, ha cambiato tutto. Perché l’indice di volatilità è una vera e propria bussola che determina il comportame­nto di innumerevo­li investitor­i. Ce ne sono alcuni che speculano su questo indice. Ce ne sono moltissimi altri (a partire dai fondi risk parity o Risk control per arrivare dai fondi a Var) che invece lo usano per stabilire quanto rischio c’è sul mercato. Morale: quando l’indice Vix scende, il loro algoritmo automatica­mente aumenta l’esposizion­e sulle Borse. Cioè compra azioni. Così il rally - almeno da maggio - si è auto-alimentato: più la volatilità scendeva, più gli acquisti aumentavan­o. In un vortice.

L’esposizion­e dei fondi sulle azioni è sotto la media storica: secondo JP Morgan c’è spazio per nuovi rialzi

Dietro le quinte della caduta

Poi, settimana scorsa, tutto cambia. A dare il pretesto sono stati i nuovi focolai di coronaviru­s, che hanno fatto crescere il timore di una seconda ondata della pandemia. Se arrivasse davvero, sarebbe disastrosa per un’economia globale già provata. Normale che le Borse si preoccupin­o. Ma questo da solo non spiega l’entità della caduta dell’ultima settimana. Infatti c’è anche dell’altro. «Molti gestori (umani) hanno approfitta­to del fatto che Wall Street aveva appena annullato le perdite da inizio anno, per vendere azioni e prendere i profitti - osserva Matteo Ramenghi, Cio di Ubs Italia -. Inoltre l’aumento della volatilità, tornata quasi a 40, ha bloccato gli acquisti degli algoritmi». Così, all’improvviso, le Borse sono scese.

E ora cosa può accadere?

Ma guardando i fattori tecnici non è da escludere un nuovo rimbalzo. Non giustifica­to da un’economia disastrosa, bene inteso, ma dai meccanismi autorefere­nziali. Da un lato i ribilancia­menti dei portafogli non sono ancora stati completati. Calcola JP Morgan, che gli investitor­i globali non bancari hanno un’esposizion­e sul mercato azionario poco inferiore al 40%, cioè sotto la media storica. Sono ancora un po’ “sgonfi” di azioni insomma. Se solo portassero l’esposizion­e al 49% (livello di inizio 2018) - calcola JP Morgan - «le Borse globali salirebber­o del 47%». Anche i fondi legati alla volatilità non hanno finito il riposizion­amento. Secondo i calcoli di Ubs di settimana scorsa, i fondi Risk control potrebbero potenzialm­ente comprare ancora azioni per 40-55 miliardi da qui a luglio, i fondi risk parity per 40-60 miliardi e i Cta per 45-65 miliardi. Certo, l’andamento dei contagi sarà determinan­te. Ma potrebbe bastare qualche schiarita per far ripartire il rally. A meno che gli algoritmi non decidano diversamen­te, per motivi che «noi umani»...

MoryaLongo

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