Così il piano europeo di ricostruzione disegna la nuova politica industriale
Asostegno della ripresa economica non c’è soltanto la pioggia di aiuti e prestiti Ue di cui a Roma tanto si parla. In arrivo da Bruxelles c’è anche un progetto preciso che l’accompagna, di cui in Italia si discute invece poco: Next Generation Eu prevede infatti di inquadrare la distribuzione di quei fondi in una chiara visione strategica imperniata sul debutto di una vera politica industriale europea, fino a qualche anno fa tabù assoluto ma dopo il Codiv-19 pietra angolare della rinascita europea.
Le nuove parole d’ordine sono Green Deal e rivoluzione digitale, come ripete il commissario competente Thierry Breton. Ricerca e innovazione, reti 5G e intelligenza artificiale, sanità, spazio, formazione, le altre grandi coordinate della svolta. Dietro di esse però, quasi in sordina, si stanno costruendo le nuove strutture del cambiamento. Forse ancora più che sul volume dei maxi-finanziamenti ai singoli paesi, si giocheranno su quelle strutture i futuri rapporti di forza economico-industriale nella nuova Europa.
Rafforzare e completare il mercato unico, aggiornare le regole di concorrenza Ue, stabilire nuove relazioni esterne per rafforzare la competitività globale europea, le variabili dell’equazione. A prima vista può apparire business as usual. Non è così. Perché il Covid ha denunciato le troppe vulnerabilità da eccessi di outsourcing produttivo e desertificazione di certe catene del valore, sanitarie e non. Perché da tempo la solidità della partnership transatlantica appare fragile e l’antagonismo cinese sempre più pressante in casa ma le promesse del suo mercato più eteree.
E così anche la Germania si è fatta più realista e con la Francia ha deciso di investire a fondo sulla carta europea: puntando su campioni industriali e alleanze strategiche targate Ue e rivalutando le enormi potenzialità del mercato unico. Per non perdere tempo Parigi ha appena annunciato un piano da 15 miliardi a tutela dell’industria aeronautica, Berlino l’investimento di 7 miliardi sulla sfida dell’idrogeno verde. Insieme hanno lanciato Gaia-X, il progetto aperto ad altri partner Ue per creare un cloud europeo: 22 imprese coinvolte, ciascuna una fee di ingresso da 75.000 euro, i primi servizi al business già nel 2021. Dopo le alleanze nelle batterie, plastiche e microelettronica, le prossime saranno nei prodotti low-carbon, nuovi materiali e piattaforme digitali.
Investire sull’Europa più integrata conviene: nel totale dell’export europeo quello intraUe batte con 3.500 miliardi nelle merci e 1.200 nei servizi quello con il resto del mondo, 2.500 e 900 miliardi. Oggi il mercato unico rende 427 miliardi all’anno ai suoi 27 soci. Se si abbattessero le barriere che ancora lo dividono, i benefici per i manufatti salirebbero di 183 miliardi all’anno e per i servizi di 338, in tutto + 12% del Pil Ue. In meno di 10 anni le sue promesse lieviterebbero a 720 miliardi annui. Con l’industria che vale il 20% del Pil Ue, 35 milioni di posti di lavoro, l’80% degli scambi intra-Ue monopolizzato dalle Pmi che rappresentano il 99% delle imprese Ue, il salto di qualità integrativo carburerebbe la crescita e la massa critica indispensabile a tonificare i nuovi campioni europei. Per questo è già al lavoro SMET , la Single Market Enforcement Task Force che impegna Commissione e Stati membri nella lotta agli steccati nazionali, appalti pubblici e concessioni inclusi, a colpi di procedure per violazione delle leggi europee.
Mercato unico significa anche concorrenza ad armi pari tra partner europei e non. Qui la politica industriale europea batte nuovi orizzonti normativi. Dopo il recente varo del codice di sorveglianza sugli investitori extra-Ue, cinesi ma non solo, in settori e imprese a rischio per la sicurezza economica e strategica europea, Margrethe Vestager è pronta ad attaccarli anche sulle sovvenzioni di Stato qualora ne fossero portatori. O se non pagassero tasse adeguate nel caso dei colossi digitali, prevalentemente americani.
La responsabile Ue alla Concorrenza preme anche per un'altra grossa novità: l’intervento ex-ante (non ex-post come da Trattati) su concentrazioni, nel digitale ma non solo, a rischio di creare monopoli o tacile intese tra imprese, lesive della concorrenza ma in assenza di una violazione compiuta. La proposta formale entro l’anno.
Applicazione ortodossa delle altre regole, salvo si rinvenga un prevalente interesse europeo, tipo Green Deal o svolta digitale. Francia e Germania hanno l’hanno prontamente scoperto nelle loro decisioni: il salvataggio di Air France da 7 miliardi risponde anche a imperativi ambientali. Come gli aiuti a Deutsche Bahn per 8 miliardi. O l’intesa franco-tedesca sulle batterie per auto elettriche. Solo l’accordo Fincantieri-Stx non sa trovare un salvagente europeo?