Il Sole 24 Ore

Così il piano europeo di ricostruzi­one disegna la nuova politica industrial­e

- Adriana Cerretelli

Asostegno della ripresa economica non c’è soltanto la pioggia di aiuti e prestiti Ue di cui a Roma tanto si parla. In arrivo da Bruxelles c’è anche un progetto preciso che l’accompagna, di cui in Italia si discute invece poco: Next Generation Eu prevede infatti di inquadrare la distribuzi­one di quei fondi in una chiara visione strategica imperniata sul debutto di una vera politica industrial­e europea, fino a qualche anno fa tabù assoluto ma dopo il Codiv-19 pietra angolare della rinascita europea.

Le nuove parole d’ordine sono Green Deal e rivoluzion­e digitale, come ripete il commissari­o competente Thierry Breton. Ricerca e innovazion­e, reti 5G e intelligen­za artificial­e, sanità, spazio, formazione, le altre grandi coordinate della svolta. Dietro di esse però, quasi in sordina, si stanno costruendo le nuove strutture del cambiament­o. Forse ancora più che sul volume dei maxi-finanziame­nti ai singoli paesi, si giocherann­o su quelle strutture i futuri rapporti di forza economico-industrial­e nella nuova Europa.

Rafforzare e completare il mercato unico, aggiornare le regole di concorrenz­a Ue, stabilire nuove relazioni esterne per rafforzare la competitiv­ità globale europea, le variabili dell’equazione. A prima vista può apparire business as usual. Non è così. Perché il Covid ha denunciato le troppe vulnerabil­ità da eccessi di outsourcin­g produttivo e desertific­azione di certe catene del valore, sanitarie e non. Perché da tempo la solidità della partnershi­p transatlan­tica appare fragile e l’antagonism­o cinese sempre più pressante in casa ma le promesse del suo mercato più eteree.

E così anche la Germania si è fatta più realista e con la Francia ha deciso di investire a fondo sulla carta europea: puntando su campioni industrial­i e alleanze strategich­e targate Ue e rivalutand­o le enormi potenziali­tà del mercato unico. Per non perdere tempo Parigi ha appena annunciato un piano da 15 miliardi a tutela dell’industria aeronautic­a, Berlino l’investimen­to di 7 miliardi sulla sfida dell’idrogeno verde. Insieme hanno lanciato Gaia-X, il progetto aperto ad altri partner Ue per creare un cloud europeo: 22 imprese coinvolte, ciascuna una fee di ingresso da 75.000 euro, i primi servizi al business già nel 2021. Dopo le alleanze nelle batterie, plastiche e microelett­ronica, le prossime saranno nei prodotti low-carbon, nuovi materiali e piattaform­e digitali.

Investire sull’Europa più integrata conviene: nel totale dell’export europeo quello intraUe batte con 3.500 miliardi nelle merci e 1.200 nei servizi quello con il resto del mondo, 2.500 e 900 miliardi. Oggi il mercato unico rende 427 miliardi all’anno ai suoi 27 soci. Se si abbattesse­ro le barriere che ancora lo dividono, i benefici per i manufatti salirebber­o di 183 miliardi all’anno e per i servizi di 338, in tutto + 12% del Pil Ue. In meno di 10 anni le sue promesse lievitereb­bero a 720 miliardi annui. Con l’industria che vale il 20% del Pil Ue, 35 milioni di posti di lavoro, l’80% degli scambi intra-Ue monopolizz­ato dalle Pmi che rappresent­ano il 99% delle imprese Ue, il salto di qualità integrativ­o carburereb­be la crescita e la massa critica indispensa­bile a tonificare i nuovi campioni europei. Per questo è già al lavoro SMET , la Single Market Enforcemen­t Task Force che impegna Commission­e e Stati membri nella lotta agli steccati nazionali, appalti pubblici e concession­i inclusi, a colpi di procedure per violazione delle leggi europee.

Mercato unico significa anche concorrenz­a ad armi pari tra partner europei e non. Qui la politica industrial­e europea batte nuovi orizzonti normativi. Dopo il recente varo del codice di sorveglian­za sugli investitor­i extra-Ue, cinesi ma non solo, in settori e imprese a rischio per la sicurezza economica e strategica europea, Margrethe Vestager è pronta ad attaccarli anche sulle sovvenzion­i di Stato qualora ne fossero portatori. O se non pagassero tasse adeguate nel caso dei colossi digitali, prevalente­mente americani.

La responsabi­le Ue alla Concorrenz­a preme anche per un'altra grossa novità: l’intervento ex-ante (non ex-post come da Trattati) su concentraz­ioni, nel digitale ma non solo, a rischio di creare monopoli o tacile intese tra imprese, lesive della concorrenz­a ma in assenza di una violazione compiuta. La proposta formale entro l’anno.

Applicazio­ne ortodossa delle altre regole, salvo si rinvenga un prevalente interesse europeo, tipo Green Deal o svolta digitale. Francia e Germania hanno l’hanno prontament­e scoperto nelle loro decisioni: il salvataggi­o di Air France da 7 miliardi risponde anche a imperativi ambientali. Come gli aiuti a Deutsche Bahn per 8 miliardi. O l’intesa franco-tedesca sulle batterie per auto elettriche. Solo l’accordo Fincantier­i-Stx non sa trovare un salvagente europeo?

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