Vaticano, scarcerato il finanziere Torzi
La difesa: «La Segreteria era a conoscenza di tutto» Gasperini segretario Apsa
Dopo dieci giorni di detenzione nei locali della Gendarmeria vaticana è stata scarcerato Gianluigi Torzi, il finanziere coinvolto nella compravendita dell’immobile londinese di Sloane Avenue, accusato dalla magistratura vaticana di estorsione, truffa, peculato e autoriciclaggio. La decisione di concedere a Torzi la libertà provvisoria (nella legge vaticana la provvisorietà è intesa come nel vecchio codice Zanardelli, in realtà è una libertà piena, ndr) è stata presa dal Promotore di Giustizia, il pm pontificio, che il 5 giugno aveva fatto arrestare Torzi dopo l’interrogatorio svoltosi con i suoi avvocati e lunghe indagini svolte nei mesi precedenti dalla Gendarmeria. Una nota della sala stampa precisa che la decisione è arrivata dopo gli interrogatori svolti nei giorni scorsi: i magistrati Gian Piero Milano e l’agggiunto Alessandro Diddi «hanno preso atto di quanto dedotto in un’articolata memoria consegnata dal Torzi e dei numerosi documenti allegati, giudicati utili ai fini della ricostruzione dei fatti oggetto delle indagini». La concessione della libertà testimonia quindi che il finanziere sta collaborando con le autorità vaticane - fornendo nuovi elementi probabilmente, finora non emersi, tanto che la memoria e gli allegati rappresentano un faldone corposo - per far luce sulla vicenda che ha accompagnato l’acquisto prima parziale poi totale del palazzo, costato alla fine 350 milioni. In particolare Torzi è accusato di aver estorto 15 milioni – pagati in due tranche, da 10 e 5 milioni – per ridare alla Santa Sede il pieno controllo dell’immobile: tesi questa rigettata dal finanziere, che ha sostenuto (anche prima dell’arresto, nei mesi scorsi) come si trattasse in sostanza del risarcimento della rescissione anticipata di un contratto di facility management e che tutti i passaggi della vicenda fossero a conoscenza della Segreteria di Stato. In ogni caso ieri i legali difensori, Ambra Giovene e Marco Franco - che hanno visto regolarmente il loro assistito dentro i locali della Gendarmeria - hanno commentato che nel provvedimento si dà atto che la difesa ha presentato una «articolata memoria ed ha messo spontaneamente a disposizione» dei Promotori di Giustizia «numerosi documenti utili ai fini della ricostruzione dei fatti. È stato un lavoro complesso ed approfondito - hanno aggiunto i difensori - ma è stata l’occasione per chiarire, si spera, in maniera definitiva, che il comportamento del nostro assistito non corrispondeva a quanto era emerso dalle risultanze delle indagini fino a quel momento acquisite. Riteniamo di avere offerto un contributo fondamentale, così come riconosciuto dagli inquirenti vaticani». L’inchiesta quindi prosegue, e forse delle novità arriveranno dalle deposizioni di Torzi: l’indagine coinvolge diverse persone, perlopiù funzionari e prelati interni alla Curia sospesi o trasferiti (o avvicendati), alcuni dei quali avrebbero avuto dei conti correnti personali in Svizzera sequestrati dalle autorità elvetiche (monsignor Alberto Perlasca ha smentito questa eventualità), che nel frattempo hanno deciso di collaborare inviando faldoni a Roma. La vicenda inizia nel 2014 con l’acquisto dell’immobile da parte della Segreteria di Stato, prima sezione, per oltre 200 milioni, in società al 45% con il finanziere Raffaele Mincione, uscito dall’investimento nel 2018 con 40 milioni di euro, negoziati proprio da
Torzi, nel frattempo ingaggiato come mediatore dalla Santa Sede attraverso la presentazione dell’avvocato Manuele Intendente, ex Ernst & Young. La vicenda si complicherebbe con l’acquisto della quota di maggioranza dell’immobile attraverso una scatola societaria, la Gutt sa, di cui Torzi – ed è questa una delle accuse – si sarebbe attribuito una piccola quota di azioni ma con diritto di voto (a differenza di quelle del Vaticano, senza poteri) che gli avevano dato pieno controllo del palazzo. E sempre sulle finanze vaticane ieri il Papa ha deciso una nomina importante: come segretario dell’Apsa ha chiamato un laico, Fabio Gasperini, alto dirigente di Ernst & Young. L’Apsa è il “Mef” del Vaticano, gestisce il patrimonio immobiliare e diventerà presto la direzione finanziaria della Santa Sede, dove confluirà la gestione di tutti i tesoretti spari per i Sacri Palazzi. Avrà inoltre un ruolo centrale, insieme alla Segreteria per l’Economia, nella gestione degli appalti dopo la riforma varata a inizio giugno.