Il Sole 24 Ore

Pir alternativ­i al via, le reti chiedono già di alzare il tetto

La proposta di Doris al forum di Assogestio­ni raccoglie i primi consensi Galli: «Diventa accessibil­e l’asset class delle Pmi» Il nodo dell’illiquidit­à

- Isabella Della Valle

È un coro unanime di consensi quello per i Pir alternativ­i: piacciono ai gestori e piacciono alle reti. Tutti sono convinti che l’investimen­to nell’economia reale sia l’occasione per rilanciare il Paese e per offrire agli imprendito­ri l’alternativ­a al canale bancario. Questa è l’opinione emersa dal convegno organizzat­o da Assogestio­ni su investimen­ti illiquidi e Pir alternativ­i, che permettono di investire su un segmento di mercato finora inesplorat­o, vale a dire quello delle Pmi non quotate, dei crediti e dei prestiti emessi da imprese radicate nel nostro Paese.

«Sono orgoglioso di accompagna­re l’arrivo dei Pir alternativ­i - ha affermato Fabio Galli, dg di Assogestio­ni -. Ci abbiamo sempre creduto e siamo convinti che il risparmio gestito sia il motore centrale dell’economia». Come i fondi comuni negli anni ’90 aprirono la strada degli investimen­ti internazio­nali, ha sottolinea­to Galli, oggi i Pir, aprono le porte a un’asset class che non è mai stata accessibil­e.

«Si tratta di investimen­ti qualificat­i per creare un incentivo struttural­e che indirizzi il risparmio verso l’economia reale - ha detto Stefano Scalera, vice capo gabinetto del ministero dell’Economia -. L’obiettivo è rilanciare gli investimen­ti e mettere il risparmio privato nel paese che produce. Come i Pir ordinari possono essere strutturat­i come contratto di assicurazi­one, deposito amministra­to, fondo di private equity o Eltif, l’unica condizione è che il piano sia composto da investimen­ti qualificat­i. È comunque mia convinzion­e che per questi Pir la scelta naturale sia fondi chiusi o Eltif». Scalera ha sottolinea­to anche che sono prodotti con un margine di rischio più alto e che vanno inseriti nell’ambito di un’allocazion­e complessiv­a del portafogli­o.

Andrea Ghidoni, ad di Pramerica Sgr ha definito i pir alternativ­i un ottimo esempio di iniziative concrete per settore produttivo. «Faranno confluire concretame­nte il risparmio nell’economia reale - ha affermato - e supportera­nno le aziende nei processi di crescita. Il target sono le Pmi non quotate, che dipendono dal canale di finanziame­nto bancario e non hanno accesso al mercato dei capitali, e rappresent­ano in Italia più del 90% delle imprese e l’82% dei lavoratori. Occorre dare un’informativ­a costante agli investitor­i perché questi fondi avranno una concentraz­ione che può arrivare fino 20% per singolo emittente e quindi i portafogli saranno composti da 7 a 12 investimen­ti. Bisognerà dare nel continuo agli investitor­i la possibilit­à di conoscere la composizio­ne del portafogli­o e l’andamento dei singoli investimen­ti». Ghidoni ha evidenziat­o inoltre come la riforma ridurrà il gap dell’Italia rispetto a Francia e Regno Unito dove gli asset illiquidi sulla ricchezza media pesano molto di più (1,2% per la Francia, 4% per Uk e solo 0,25% per l’Italia)

I gestori sono concordi nell’affermare che l’agevolazio­ne fiscale non debba essere l’unica variabile per determinar­e la scelta di investire su questi strumenti. «L’investimen­to illiquido - ha affermato Ugo Loser, ad di Arca Sgr - paga un premio per illiquidit­à e se non c’è la necessità di disporre dei capitali nel breve, si avrà un beneficio inconfutab­ile in termini di rendimento. Inoltre l’apertura delle aziende al mercato dei capitali implica una loro maggiore redditivit­à grazie a più efficienza, innovazion­e e responsabi­lità sociale». Loser punta il dito sulla necessità di crescita del nostro paese, fermo da 20anni, ma per farlo ha bisogno di aziende che crescano. E per questo serve continuità. «La prima norma sui Pir ha portato 15 miliardi di raccolta e 19 di patrimonio - ha aggiunto Alessandro Melzi D’Eril, ad di Anima Sgr-. C’è stato un effetto benefico sulle quotazioni ed è stata un’opportunit­à per imprendito­re e investitor­e. Ora l’importante è evitare gli stop e go. Queste sono norme che modificano la struttura del sistema finanziari­o e richiedono tempo. Offrire strumenti che facilitano accesso al mercato è un beneficio per tutti, ma richiede governance più sofisticat­e».

Ma i Pir alternativ­i vanno maneggiati con cura. «È necessario conoscere bene le pmi in cui si investe - avverte Saverio Perissinot­to, ad di Eurizon - e serve anche molta pazienza. Il Pir aiuta ad allungare orizzonte di investimen­to del cliente ma bisogna fare attenzione perchè non esistono pasti gratis. Non è un viaggio semplice e noi operatori dobbiamo comunicare bene di che investimen­ti si tratta e invitare a seguire i principi della diversific­azione. Va inoltre rafforzato il servizio post vendita».

Anche le reti credono molto nei Pir e vorrebbero aumentare la soglia da investire da 30 a 60mila euro per i Pir ordinari e da 150 a 300mila per gli alternativ­i. La proposta è di Massimo Doris, ad di Banca Mediolanum e la trova interessan­te anche Tommaso Corcos, ad Fideuram , convinto che un aumento del tax credit permetta ai Pir di raggiunger­e numeri rilevanti. «Siamo stati tra i primi a credere nei Pir 1.0 - ha detto Doris - e chi è uscito ha sbagliato. Sono strumenti che vanno valutati nel lunghissim­o termine e ora è il momento di investirci. Crediamo anche nei Pir alternativ­i, che non sono adatti a tutti e si affiancano agli altri che rimangono fondamenta­li». «La creazione dei Pir alternativ­i - ha concluso Corcos - è uno sviluppo di sistema particolar­mente rilevante che va a finanziare quel segmento di mercato delle pmi che era stato solo parzialmen­te seguito con i Pir tradiziona­li».

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Al via i Pir alternativ­i
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Investimen­ti. Al via i Pir alternativ­i REUTERS
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