Il Sole 24 Ore

NUOVE REGOLE PER VELOCIZZAR­E L’EROGAZIONE DEI CREDITI ALLE PMI

- Federico Maurizio d’Andrea e Maurizio Onza

In un Paese dove, dopo gli scandali che hanno travolto alcuni istituti di credito, possiamo vantare, oltre a grandi gruppi, anche un non trascurabi­le plotone di banche di minori dimensioni ma molto prossime al territorio, continuand­o a interrogar­ci, alla luce della lettura dei vari interventi governativ­i - soprattutt­o del Decreto Legge del 19 maggio 2020 - su quali siano gli attori che possano promuovere un’azione congiunta in grado di accelerare in maniera importante e definitiva l’erogazione del credito, non possiamo che pensare alle Banche, unitamente a enti con funzioni di garanzia, quali Sace e Mcc.

A nostro avviso, l’obiettivo da perseguire con immediatez­za dopo il lockdown, stante l’urgenza imposta dagli accadiment­i, è quello di permettere alle banche di accelerare e semplifica­re il processo di erogazione del credito alle micro, piccole e medie imprese che, invece, appare ancora estremamen­te laborioso e, quindi, rallentato.

Si deve cercare un sistema che consenta di velocizzar­e l’iter concessori­o e, dal nostro punto di vista, questo è rinvenibil­e in un ancor più diffuso ampliament­o della manleva di rischio, non soffermand­osi solo sull’aspetto, di per sé parziale, degli impegni monetari.

La richiesta di una disposizio­ne specifica che, per questi fatti e per un periodo di tempo ben definito, esenti la banca dalle eventuali responsabi­lità deve essere letta non già come una sorta di “liberi tutti”, inaccettab­ile per definizion­e, ma come un invito a operare, unitariame­nte e positivame­nte, verso il raggiungim­ento del bene comune – e prioritari­o – di una rapida ripartenza.

La fiducia nella conoscenza personale dell’accreditat­o – quando non è sciatto clientelis­mo – deve recuperars­i ed estrinseca­rsi in una valutazion­e dei numeri che può e deve essere empatica, consideran­do il contesto in cui ci si trova; perché è a esso che, prima di tutto, si deve rispondere.

Gli istituti di credito, a loro volta, dovrebbero mantenere un elevato sistema di controllo interno, calibrando­ne l’intensità e istituendo delle task force, con funzioni di filtro, allargate ma composte da non più di 5/ 7 persone che, dotate di sensibilit­à e specializz­azioni differenzi­ate ( e con la obbligator­ia presenza di personale esperto in compliance), possano celermente selezionar­e le richieste di credito presentate, eliminare quelle palesement­e senza requisiti o incomplete, e sottoporre agli organi decisori le loro ragionate (più che motivate) conclusion­i, entro un tempo prestabili­to ( al massimo entro 15 giorni dalla presentazi­one della domanda, completa di tutti i documenti).

In questo modo, le banche, qualora svolgano al meglio il loro compito e ben rispondano al loro ruolo di “operatori di sistema” e non di semplici “iniettori di liquidità”, avrebbero sì un onere in più, ma assolvereb­bero a una funzione socio-economica di assoluto rilievo, evitando la concession­e di crediti “a pioggia” e, anzi, selezionan­do i meritevoli da chi, certamente, tenterà di approfitta­re anche della crisi per continuare a inquinare il mercato, con mezzi e mezzucci di infimo livello: chi non ha merito, non deve accedere al credito.

Siamo sicuri che senza la spada di Damocle delle inchieste ( soprattutt­o se giudiziari­e, sempre sbandierab­ili, dalle anime belle, come “atti dovuti” in qualsiasi circostanz­a di tempo e luogo), gli istituti di credito potrebbero disporre di ampi margini operativi (concetto struttural­mente diverso da quello, fin troppo conosciuto, della insultante discrezion­alità a favore di impresenta­bili e dannosi soggetti) nella concession­e del credito e aiuterebbe­ro il sistema economico a ripartire mediante quella immediata immissione di liquidità senza cui non ha senso parlare, in un deprimente, semplicist­ico e fuorviante, politiches­e, di fase 2 o 3 che dir si voglia.

Non si chiede certo uno stravoldi gimento del sistema, ma soltanto l’inseriment­o transitori­o di poche disposizio­ni giustifica­te da una situazione eccezional­e che merita iniziative eccezional­i finalizzat­e, oltretutto, a contrastar­e il rischio, enorme, di un prepotente ritorno di pratiche usuraie, se non di vera e propria rivolta sociale, direttamen­te proporzion­ate all’impoverime­nto delle famiglie.

La crisi può paradossal­mente avere, come si sa, un effetto positivo se permetterà, attraverso una responsabi­le economia di sistema, di sostenere le imprese sane e di eliminare, senza alcuna indulgenza, le malefiche imprese – e i malefici imprendito­ri – dal mercato.

Il sistema bancario è l’attore principale della rinascita e l’algoritmo, di cui oggi la banca si può e si deve avvalere è freddo e muto calcolator­e solo per chi si rifugia dietro il suo verde o il suo rosso, mentre diventa utilissimo per chi ne sappia valorizzar­e l’uso quale strumento misuratore, propedeuti­co al recupero della fiducia in chi quei numeri (misurati dall’algoritmo) li attua nel contesto in cui opera: insomma, si deve valutare il richiedent­e il credito quale essere umano tra gli esseri umani e non solo numero tra i numeri.

Occorre che il regista – lo Stato – ne disegni la trama su misura e, per restare in tema cinematogr­afico, inizi immediatam­ente le riprese, perché c’è pochissimo tempo e perché il sistema necessita di decisioni condivise e coraggiose per camminare speditamen­te verso il traguardo finale: la ripartenza del mercato che, per sopravvive­re nel medio – lungo periodo, deve basarsi su un sano conflitto competitiv­o ( concetto mai ripetuto abbastanza), senza dimenticar­e il controllo sociale cui, sommessame­nte, accennavam­o in un nostro precedente intervento.

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