Il Regno di Boris più disunito che mai
Boris Johnson sembra il premier dell’Inghilterra, non della Gran Bretagna. Appena eletto si era proclamato “ministro per l’Unione” per sottolineare il suo ruolo di difensore della coesione del Regno Unito. Eppure sulle due questioni più cruciali del momento – epidemia e Brexit – le altre tre nazioni del Regno hanno clamorosamente preso le distanze da Londra.
Scozia, Galles e Irlanda del Nord hanno approfittato dell’autonomia in materia sanitaria per attuare una strategia diversa per contenere il Covid-19, in aperto contrasto con l’allentamento delle misure restrittive deciso da Londra. Lo stesso schieramento si profila per Brexit. In vista della cruciale scadenza di fine giugno, i tre
Parlamenti di Scozia, Galles e Irlanda del Nord avevano chiesto al Governo di optare per un allungamento del periodo di transizione. Edimburgo ha parlato di una «coalizione del buon senso» per evitare i danni economici di un “no deal”. Cardiff ha sottolineato quanto sia «implausibile» raggiungere un’intesa con Bruxelles nei tempi previsti. Belfast ha detto che la priorità deve essere gestire l’epidemia. Londra però resta irremovibile. Il Governo ha confermato che il periodo di transizione finirà il 31 dicembre anche in caso di “no deal”.
Oltre a tre su quattro nazioni del Regno, Johnson ha contro anche il mondo del business e l’opinione pubblica. La Confindustria britannica, la Cbi, aveva chiesto un allungamento dei tempi perché per le imprese sarebbe troppo difficile gestire il doppio colpo di Brexit e Covid-19. Secondo un sondaggio di Ipsos Mori reso noto nel fine settimana, la maggioranza dei cittadini britannici è favorevole a un rinvio e ritiene che una stretta collaborazione tra Gran Bretagna e Ue sull’epidemia abbia priorità su Brexit. Anche l’opposizione si sta mobilitando: ieri Laburisti, Liberaldemocratici, Verdi e indipendentisti gallesi e scozzesi hanno presentato insieme una mozione a favore di un allungamento dei tempi. Johnson ignora ogni appello, contando sulla sua popolarità (in declino, secondo gli ultimi sondaggi) e sulla solida maggioranza Tory in Parlamento. Fuori da Westminster, però, il premier è più isolato e più inglese che mai.