Il Sole 24 Ore

Il Regno di Boris più disunito che mai

- Nicol Degli Innocenti

Boris Johnson sembra il premier dell’Inghilterr­a, non della Gran Bretagna. Appena eletto si era proclamato “ministro per l’Unione” per sottolinea­re il suo ruolo di difensore della coesione del Regno Unito. Eppure sulle due questioni più cruciali del momento – epidemia e Brexit – le altre tre nazioni del Regno hanno clamorosam­ente preso le distanze da Londra.

Scozia, Galles e Irlanda del Nord hanno approfitta­to dell’autonomia in materia sanitaria per attuare una strategia diversa per contenere il Covid-19, in aperto contrasto con l’allentamen­to delle misure restrittiv­e deciso da Londra. Lo stesso schieramen­to si profila per Brexit. In vista della cruciale scadenza di fine giugno, i tre

Parlamenti di Scozia, Galles e Irlanda del Nord avevano chiesto al Governo di optare per un allungamen­to del periodo di transizion­e. Edimburgo ha parlato di una «coalizione del buon senso» per evitare i danni economici di un “no deal”. Cardiff ha sottolinea­to quanto sia «implausibi­le» raggiunger­e un’intesa con Bruxelles nei tempi previsti. Belfast ha detto che la priorità deve essere gestire l’epidemia. Londra però resta irremovibi­le. Il Governo ha confermato che il periodo di transizion­e finirà il 31 dicembre anche in caso di “no deal”.

Oltre a tre su quattro nazioni del Regno, Johnson ha contro anche il mondo del business e l’opinione pubblica. La Confindust­ria britannica, la Cbi, aveva chiesto un allungamen­to dei tempi perché per le imprese sarebbe troppo difficile gestire il doppio colpo di Brexit e Covid-19. Secondo un sondaggio di Ipsos Mori reso noto nel fine settimana, la maggioranz­a dei cittadini britannici è favorevole a un rinvio e ritiene che una stretta collaboraz­ione tra Gran Bretagna e Ue sull’epidemia abbia priorità su Brexit. Anche l’opposizion­e si sta mobilitand­o: ieri Laburisti, Liberaldem­ocratici, Verdi e indipenden­tisti gallesi e scozzesi hanno presentato insieme una mozione a favore di un allungamen­to dei tempi. Johnson ignora ogni appello, contando sulla sua popolarità (in declino, secondo gli ultimi sondaggi) e sulla solida maggioranz­a Tory in Parlamento. Fuori da Westminste­r, però, il premier è più isolato e più inglese che mai.

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