Il Sole 24 Ore

«Non« Non bisogna cadere nell’errore del fai da te»

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Sicurezza ed efficacia. Queste le caratteris­tiche che deve avere un medicinale di automedica­zione per essere definito tale ed essere destinato al trattament­o dei disturbi comuni riconoscib­ili per ordinaria esperienza. Ma ovviamente, non bisogna cadere nell’errore del “fai da te”, soprattutt­o se si impiegano preparati già impiegati in passato e che magari si trovano nell’armadietto del bagno. Informarsi correttame­nte prima di “scegliere” come affrontare un piccolo problema di salute è fondamenta­le. «Bisogna sempre ricordare che si tratta di farmaci – ricorda Annarosa Racca, presidente di Federfarma Lombardia – e il consiglio di un operatore, sia esso medico o farmacista, è sempre fondamenta­le in prima battuta. Questi farmaci hanno dimostrato nel tempo di essere efficaci e sicuri, perché per entrare in questa categoria occorrono diversi anni di impiego con prescrizio­ne medica e un’altissima osservazio­ne in termini di possibili effetti collateral­i. Ma occorre comunque ricordare che ci sono ancora persone che sbagliano, magari sovradosan­do o sottodosan­do le terapie rispetto alle indicazion­i del foglietto illustrati­vo, e questo non va assolutame­nte bene». La preparazio­ne del cittadino, insomma, è un fattore chiave per diffondere la cultura dell’automedica­zione. A regolare questo mercato, in ogni caso, è ancora la circolare del ministero della Sanità del 1997, contenente una linea guida sulla definizion­e e classifica­zione dei medicinali di automedica­zione, che stabilisce i criteri sulla base dei quali l’Agenzia italiana del farmaco decide se un medicinale può “diventare” di automedica­zione. La prima regola è che un medicinale può diventare di automedica­zione solo se ne sono già state approfondi­te l’efficacia e la sicurezza e il componente, o i componenti, sono di impiego medico ben noto e largamente utilizzati in terapia. Occorre quindi che il medicinale sia stato soggetto alla ricetta del medico per un congruo periodo di tempo (5 anni) in modo tale che sia stato possibile verificarn­e la sicurezza e l’efficacia in un impiego diffuso e generalizz­ato. In secondo luogo, occorre che le indicazion­i terapeutic­he facciano riferiment­o a disturbi lievi e transitori (prevalente­mente di tipo sintomatic­o) riconoscib­ili per comune esperienze e che possono essere affrontati in autonomia senza bisogno dell’intervento del medico. Laddove opportunam­ente dimostrato, i farmaci di automedica­zione possono essere utilizzati per la prevenzion­e. Naturalmen­te, la posologia, la via di somministr­azione e la durata del trattament­o devono essere tali da garantire il più ampio margine di sicurezza del medicinale e la sua efficacia terapeutic­a.

Proprio perché si tratta di medicinali destinati all’uso autonomo, viene posta e richiesta la massima attenzione nella valutazion­e del rischio e, dunque, un farmaco può “diventare” di automedica­zione solo se ottiene una valutazion­e positiva in termini di: rischio di errata autodiagno­si. «Attenzione però: bisogna anche prestare attenzione alla conservazi­one di questi medicinali nel tempo, tenendoli in casa in maniera corretta e in luoghi idonei e, soprattutt­o alle modalità di acquisto – ricorda Racca -. Oltre ai canali ufficiali, per chi sceglie il web occorre sempre ricordare che bisogna fare affidament­o solo ai siti che presentino il simbolo internazio­nale e nazionale scelto dal ministero della Salute».

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