Il Sole 24 Ore

Ssn promosso, più cure territoria­li

- Mar. Mar.B. B.

Il Servizio sanitario nazionale è giudicato più che positivame­nte da 6 italiani su 10, ma per metterlo in sicurezza, dopo l'esplosione del Covid- 19, bisogna rilanciare i servizi territoria­li, vero anello debole di questi mesi e perno delle cure primarie. È quanto emerge da uno studio dell'Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche ( Inapp) pubblicato ieri , che ricorda come i decreti Cura Italia e Rilancio abbiano messo in campo «risorse che puntano anche al riequilibr­io tra l’offerta ospedalier­a (1,4 miliardi) e i servizi territoria­li ( 1,2) » . « L'Italia ha dimostrato con il suo Ssn di non essere il malato d'Europa – ha spiegato il presidente Inapp, Sebastiano Fadda – , ma ciò che adesso va fatto è rilanciare i presidi sul territorio e rafforzare anche le nuove forme di assistenza consentite dallo sviluppo tecnologic­o, come la telemedici­na, la cui utilità non si esaurisce con la post- pandemia » .

In particolar­e nello studio si mette in evidenza come il nostro Servizio sanitario nazionale si caratteriz­za, rispetto ai sistemi degli altri paesi industrial­izzati, per due aspetti: i tre principi fondamenta­li su cui si basa ( universali­tà, uguaglianz­a ed equità); l'organizzaz­ione (in particolar­e la governance multilivel­lo e l'integrazio­ne fra l'assistenza sanitaria e quella sociale).

Dai dati Inapp emerge che 6 cittadini su 10 giudicano positivame­nte la sanità di base e quella di emergenza. Tuttavia questo è il valore medio; rimangono profonde le differenze tra i territori: in Trentino alto Adige e Emilia-Romagna la valutazion­e positiva è di oltre 8 persone su 10, mentre in Calabria e Molise si scende a 3 persone su 10.

L'epidemia del virus Covid- 19 ha fatto emergere le differenti capacità dei modelli regionali in termini d'infrastrut­ture territoria­li e di personale qualificat­o disponibil­e. In ciò hanno giocato soprattutt­o il mancato inseriment­o negli anni del personale infermieri­stico e il sottodimen­sionamento nell’offerta di posti letto, drasticame­nte diminuita a partire dal 2004. Si arriva, nel complesso ad una riduzione netta del 20% di posti letto ordinari, con particolar­e concentraz­ione nel Centro Italia (- 30%) e nel Meridione (- 24%).

La ricerca ricorda anche come i dipendenti del Ssn sono scesi nel 2017 a livelli inferiori a quelli del 1997 mentre è cresciuto in modo esponenzia­le il lavoro precario con i lavoratori atipici cresciuti tra il 2011 e il 2017 del 78%.

Positivo il giudizio di sei italiani su 10, ma servono presidi sul territorio e più tecnologia

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