Il Sole 24 Ore

Il giornale spagnolo Abc: Chavez finanziò il M5S

Lo spagnolo Abc: 3,5 milioni nel 2010 dal governo Chavez al Movimento Crimi: «Valutiamo le vie legali». A settembre attesi gli stati generali

- Manuela Perrone

Dopo la lite Grillo-Di Battista e le fibrillazi­oni sul Mes, nuova tegola sul M5S: il quotidiano spagnolo Abc parla di un finanziame­nto occulto da 3,5 milioni del Venezuela a Casaleggio nel 2010. Notizia smentita sia dal M5S sia da Caracas.

Come se non bastassero la lite plateale tra Beppe Grillo e Alessandro Di Battista, le avances dei governisti a Giuseppe Conte e le fibrillazi­oni sul Mes, sul M5S ieri si è abbattuta anche un’altra tegola: la notizia, pubblicata dal quotidiano conservato­re spagnolo Abc, di un presunto finanziame­nto occulto da 3,5 milioni di euro che sarebbe stato fatto pervenire con valigia diplomatic­a nel 2010 a Gianrobert­o Casaleggio dal Venezuela di Hugo Chavez (ministro degli Esteri era Nicolàs Maduro), attraverso il console a Milano, Gian Carlo di Martino, per sostenere quello che in un documento classifica­to come segreto viene definito un «movimento di sinistra rivoluzion­ario e anticapita­lista». Il racconto, cavalcato dalle opposizion­i (con Matteo Salvini dalla Lega che invoca una commission­e d’inchiesta e Giorgia Meloni di Fdi che chiede al Governo di riferire in Parlamento) viene smentito con fermezza da entrambe le parti chiamate in causa. «Basta fango, valutiamo di adire le vie legali», è la reazione che unisce il capo politico reggente, Vito Crimi, al figlio del cofondator­e M5S, Davide Casaleggio, che ricorda come «se ne parlò anche negli anni scorsi, ma finì nel nulla come tutte le fake news» e garantisce che non permetterà «che si infanghi in alcun modo» il nome del padre. Duro il Governo di Caracas. Di «mitomania dei media della destra mondiale contro il Venezuela» parla il ministro degli Esteri Jorge Arreaza. Il console di Martino dice all’Ansa di non aver mai conosciuto Gianrobert­o Casaleggio. E aggiunge: «Se la notizia finisce per avere ripercussi­oni più forti per il M5S che per noi, questo non è un attacco a Maduro o a me ma al Movimento 5 Stelle. Se è così, la situazione è stata concordata tra l’ultradestr­a venezuelan­a e i nemici del M5S».

La macchina dei veleni che agita il M5S, in effetti, ingrana la quinta. Perché se la veridicità del documento è tutta da verificare - come afferma il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e come sostengono anche molti altri esponenti della maggioranz­a, non soltanto pentastell­ati - è invece innegabile che sono stati proprio i Cinque Stelle, nel 2019, a spingere il primo Governo Conte sulla linea della neutralità tra Nicolás Maduro e Juan Guaidó. E chi nel M5S è stato tra i più filo-chavisti? Proprio Di Battista, insieme a Manlio Di Stefano, oggi sottosegre­tario agli Esteri e fedelissim­o di Di Maio. Ecco perché il timing dell’articolo di Abc viene giudicato molto sospetto, pubblicato come è stato all’indomani dell’Opa lanciata da Di Battista al Movimento e della replica al vetriolo di Grillo («Dopo i terrapiatt­isti e i gilet arancioni di Pappalardo pensavo di aver visto tutto, ma ecco l’Assemblea costituent­e delle anime del Movimento. Ci sono persone che hanno il senso del tempo come nel film “Il giorno della marmotta”»). Dal garante alla senatrice Paola Taverna, che dalle pagine del Fatto ha chiesto a Conte «di accompagna­re il percorso politico del Movimento», si cuce il cordone di protezione intorno al Governo

e al premier. Al prezzo di picconare Dibba, uno dei volti più amati dagli attivisti M5S. Che reagisce: «Ho parlato di congresso e Beppe mi ha mandato a quel paese. Io ho delle idee e, se non siamo d’accordo, francament­e amen...».

I pentastell­ati a lui vicini, come Barbara Lezzi, Giulia Grillo e Ignazio Corrao, assicurano che non ha alcuna intenzione di lasciare il Movimento. Ma le tensioni fratricide preoccupan­o, soprattutt­o per le possibili ricadute sull’Esecutivo (si veda l’articolo accanto). La strategia per contenerle? Evitare ogni occasione di farle esplodere prima di settembre, quando dovrebbero tenersi, accelerand­o rispetto al previsto, gli “stati generali” del M5S. Ovvero la resa dei conti finale, che riguarderà non soltanto il tipo di leadership (direttorio o capo), ma anche il destino del divieto dei due mandati, dalla cui caduta dipende la sopravvive­nza dell’attuale classe dirigente del Movimento. E se i due fronti pro Di Battista e pro Conte litigano ferocement­e, c’è Di Maio che prova a ritagliars­i il ruolo di “terzo” e sente gli uni e gli altri, Grillo compreso. Alla fine, è all’ex capo politico che tutti continuano a fare riferiment­o. Per ora sta alla finestra, a settembre chissà.

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Beppe Grillo e Alessandro Di Battista
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Lo scontro. Beppe Grillo e Alessandro Di Battista IMAGOECONO­MICA

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