Il Brent recupera quota 40 dollari: taglia pure l’Iraq
Per l’Aie domanda meno peggio del previsto, peserà a lungo la crisi dei voli
Anche il petrolio si è unito al rally dei mercati finanziari, consentendo al Brent di riportarsi sopra 40 dollari al barile. Ma a trainare le quotazioni non è solo l’effetto Fed. Il coronavirus sembra aver compromesso la domanda un po’ meno di quanto si pensasse, dicono le nuove stime dell’Agenzia internazionale dell’energia (Aie). Ma soprattutto l’offerta sta crollando, con la linea dura imposta dall’Opec Plus che funziona al di là di ogni aspettativa.
Persino l’Iraq, il produttore meno rispettosodelle rispettosodellequote, quote, orasistaaffrettando a achiudereirubinetti, chiudereirubinetti, segnocheBaghdad è riuscita ad ottenere una condivisione dei sacrifici da parte delle compagnie straniere straniereimpegnateneisuoigiacimenti. impegnatenei suoi giacimenti. Tra TraquesteEni, questeEni, cheavrebbeiniziatoaridurre cheavrebbeiniziatoaridurrel’outputaZubair. l’outputaZubair. ABp ABpsarebbestato sarebbestato ordinato un taglio del 10% a Rumaila, il maggiore giacimento del Paese, e richiestesimilisonoarrivatead richiestesimilisonoarrivateadExxonMobil ExxonMobil e a Lukoil per West Qurna 1 e 2.
Il neo ministro iracheno del Petrolio, Ihsan Ismaael, ha assicurato una riduzione dell’export del 15% a giugno, a 2,8 milioni di barili al giorno: «È nel nostro interesse, altrimenti i prezzi del petrolio scenderanno», ha dichiarato alla tv Al-Sharqiya. E le sue non sono parole al vento. Il monitoraggio delle petroliere conferma che nei primi 15 giorni del mese le spedizioni sono già scese a 2,9 mbg dal Centro e dal Sud dell’Iraq, mentre dai giacimenti curdi del Nord sono partiti 350mila bg, meno del tetto di 370mila bg concordato con Baghdad.
L’offerta di greggio a livello globale era già crollata di ben 11,8 mbg a maggio, calcola l’Aie,con un contributo record da parte degli Usa, dove si fermano non solo pozzi di shale oil, ma anche produzioni convenzionali: a maggio Washington ha perso 1,3 mbg e dal picco dello scorso novembre a oggi ben 2,4 mbg. Ma la riduzione più forte è legata ai tagli Opec Plus, che nel primo mese di entrata in vigore avevano già raggiunto 9,4 mbg, l’89.% del totale promesso: una disciplina senza precedenti, che è diventata ancora più ferrea dopo il vertice del 6 giugno.
Come sempre è l’Arabia Saudita ad accollarsi il sacrificio maggiore: la sua produzione è scesa a 8,5 mbg a maggio (-3,5 mbg) e a 7,5 mbg a giugno, il minimo da vent’anni. Ma la vera sorpresa arriva da altri fronti. La Russia ha già effettuato quasi per intero il taglio promesso, riducendo le estrazioni di ben 1,95 mbg a maggio. E si stanno mettendo in riga anche i Paesi tradizionalmente più indisciplinati: l’Azerbaijan ha rispettato da subito il tetto produttivo, il Kazakhstan si è allineato da metà maggio, per la Nigeria – come per l’Iraq –questo mese si osserva «un netto declino delle esportazioni».
Se non ci saranno cedimenti, né una seconda ondata di coronavirus, le scorte secondo l’Aie potranno smaltirsi anche in presenza di una domanda debole: l’Agenzia ha alzato di 0,5 mbg la stima per il 2020, ma vede tuttora una riduzione di 8,1 mbg su base annua. E a causa della «situazione disperata dell’aviazione» anche l’anno prossimo la domanda di petrolio sarà inferiore del 2,5% rispetto ai livelli del 2019.