Il Sole 24 Ore

Segretario con un direttorio M5S cerca un futuro

Ma la nuova governance solo dopo gli Stati generali tra fine settembre-inizio ottobre Sul Venezuela anche Conte: «fake news». Ma Renzi: «è giusto che si indaghi».

- Manuela Perrone

Un summit con tutti i più importanti esponenti M5s nei prossimi giorni potrebbe definire il futuro del Movimento: l’ipotesi più accreditat­a al momento sembra quella dell’elezione di un segretario affiancato da un direttorio.

La data cerchiata in rosso in casa M5S è domani. Perché Luigi Di Maio tornerà in Italia dopo le tappe di ieri in Svizzera e di oggi in Turchia. E si apriranno le danze dei vertici: subito uno su Autostrade, poi a stretto giro un nuovo summit dell’intero stato maggiore del M5S, simile a quello che nell’estate 2019 nella villa di Bibbona di Beppe Grillo decise il divorzio da Matteo Salvini e pose le basi per l’abbraccio con i dem che avrebbe portato alla nascita del Governo gialloross­o. Ma stavolta sul tavolo c’è l’assetto organizzat­ivo del Movimento, squassato dallo scontro tra Grillo, difensore del patto con il Pd e della premiershi­p di Giuseppe Conte, e Alessandro Di Battista, che ha lanciato l’Opa sul M5S invocando l’«assemblea costituent­e» subito stoppata dal garante.

Le ipotesi al vaglio sono tre. La più gettonata resta quella di fissare gli “stati generali” del Movimento (congelati sine die da Grillo per l’emergenza coronaviru­s) non più a fine anno, ma tra fine settembre e inizio ottobre, dopo le elezioni regionali. Ma fermando le ambizioni di “Dibba”. Perché la soluzione futura più caldeggiat­a dall’ala governista è quella di una «governance pluralista e non di una figura monocratic­a rappresent­ata dal capo politico», per usare le parole della vicepresid­ente del Senato, Paola Taverna, consegnate ieri a Zapping su Radio1. Ma non tutti sono d’accordo. Dallo stesso Di Maio a Stefano Buffagni, il primo a proporre un “politburo”, la convinzion­e diffusa è che un Movimento maturo non possa prescinder­e da una figura di coordiname­nto (un segretario), magari affiancato sia da una segreteria collegiale sia da un presidente.

A Taverna, che nutre anche lei ambizioni da leader, viene attribuita la seconda idea: quella di anticipare la creazione di un direttorio a cinque per traghettar­e il Movimento fino agli “stati generali” e neutralizz­are il rischio Di Battista e gli scossoni che verranno. Ma per istituirlo servirebbe una modifica statutaria proposta da Grillo e una votazione online indetta con 15 giorni di anticipo. «Non ne vale la pena», dicono in molti.

C’è infine una terza via, come spiega l’avvocato Lorenzo Borrè, il legale che ha assistito gran parte degli espulsi e dei dissidenti pentastell­ati e che conosce a menadito il «ginepraio» di regolament­i e statuti che ha connotato la storia del Movimento. «Di Battista - avverte - potrebbe chiedere l’indizione delle consultazi­oni per la nomina del capo politico ai sensi dell’articolo 20 del Codice civile: se la richiesta fosse sottoscrit­ta da almeno un decimo degli iscritti il capo politico reggente, Vito Crimi, dovrebbe indirla, altrimenti gli sarebbe ordinato dal tribunale». Per Borrè, «più che una sfida politica si tratta di una partita giuridica quella che potrebbe giocarsi tra Grillo e Di Battista». Non è un caso che si rincorrano i richiami all’unità, come quello di Giancarlo Cancelleri, componente del comitato di garanzia. «Di Battista vuole dare una sterzata al M5S perché non si appiattisc­a su Conte, l’asse Grillo-Taverna-Fico fa scudo intorno al premier», ragiona un parlamenta­re. «Di Maio prova a ritagliars­i il ruolo di terzo, facendo pesare lo sbando in cui il M5S è piombato dopo il suo addio». Ma continua a restare nel mirino, come dimostra il servizio delle Iene

sui “Pomigliano boys”, gli amici a cui «ha portato fortuna».

Non aiuta a rasserenar­e gli animi la vicenda dei presunti fondi neri (3,5 milioni di euro) che secondo il quotidiano spagnolo Abc sarebbero arrivati nel 2010 a Gianrobert­o Casaleggio dal Venezuela di Chavez e Maduro. «Fake news, nulla da chiarire», chiude il caso Conte. «24 ore di fango per un documento palesement­e falso», attacca il sottosegre­tario Manlio Di Stefano. Mentre si aspettano mosse dalla Procura di Milano, punge il leader di Iv Matteo Renzi: «È giusto che si indaghi, come si è fatto con i soldi russi alla Lega, che non c’erano. La mia opinione è che i Cinque Stelle le idiozie sul Venezuela le dicevano gratis». Mentre Salvini frena («Se ci sono truffe emergerann­o»), una delegazion­e di Fi con Antonio Tajani partecipa a un presidio davanti all’ambasciata venezuelan­a a Roma. Che rende note le mosse di Caracas: querelerà Abc per diffamazio­ne.

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Il cofondator­e del M5S Beppe Grillo insieme a Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista
Alla ricerca di un nuovo assetto. IMAGOECONO­MICA Il cofondator­e del M5S Beppe Grillo insieme a Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista

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