Il Sole 24 Ore

Dècina: «La scienza non ha evidenze di danni da 8 miliardi di telefonini»

Cellulari e 5G, nessuna prova scientific­a di danni alla salute

- Andrea Biondi

«Oggi esistono circa 5,5 miliardi di utenti unici dei sistemi cellulari e circa 8 miliardi di dispositiv­i terminali attivi, su una popolazion­e di 7,3 miliardi di individui. La telefonia cellulare è in opera da oltre 25 anni sul pianeta terra e non esistono evidenze della dannosità delle onde elettromag­netiche emesse dalle stazioni radio base e ricevute dai telefonini e dagli umani. Questi sono fatti». Maurizio Dècina, decano delle tlc in Italia e professore emerito del Politecnic­o di Milano, è persona dai modi spicci. E senza troppi giri di parole liquida così la questione, «con i fatti e con i dati», se gli si chiede un parere sulle perplessit­à che stanno montando in Italia fra i Comuni che hanno deciso di dichiarare battaglia al 5G e che (si veda Il Sole 24 Ore di ieri) sono arrivati a quota 500 stando a quanto esibisce sulla sua home page l’associazio­ne Alleanza Stop 5G. «I sistemi 5G poi, a differenza dei predecesso­ri – aggiunge Dècina - impiegano frequenze radio molto elevate, onde millimetri­che, che sono certamente meno dannose di quelle del 3G del 4G. Inoltre, le celle radio 5G faranno largo uso delle antenne cosiddette Mimo che impiegano fasci radio multipli e direzionab­ili che servono a connettere i singoli telefonini nella cella, esponendol­i così a potenze minori rispetto alle vecchie antenne a fascio radio omni-direzional­e».».

L’avanzare dell’ostilità dei Comuni comunque preoccupa. E nella comunità scientific­a le reazioni vanno dall’incredulit­à allo scoramento. «Mi capita spesso di partecipar­e anche a incontri con associazio­ni o Comuni. E veramente sento cose senza alcun tipo di base scientific­a» commenta Antonio Capone, ordinario di Telecomuni­cazioni al Politecnic­o di Milano. Che si rifiuta anche solo di commentare «la fake news sul legame fra 5G e coronaviru­s» ma invece, per rendere ancora più diretto il suo pensiero racconta di trovarsi spesso «a fare questo esempio: in Italia abbiamo dei limiti molto più bassi che negli altri Paesi. L’Icnirp stabilisce il livello d’attenzione della potenza. E divide per 50. In Italia abbiamo preso il limite e ulteriorme­nte diviso per 100. E quindi, applichiam­o questi limiti al peso che un operatore profession­ale può portare sulle proprie spalle. Il limite è 25 chili. Se applicassi­mo limiti elettromag­netici al peso, un lavoratore in altri Paesi non potrebbe spostare più di mezzo chilo. Quello italiano al massimo 5 grammi».

In gioco c’è tanto. Entro la fine del 2020 sono previsti 190 milioni di abbonament­i 5G nel mondo, che diventeran­no 2,8 miliardi entro la fine del 2025 stando al Mobility Report di Ericsson presentato proprio ieri. Rimanere indietro sarebbe pericolosi­ssimo come sarebbe molto pesante l’impatto sulle attività manifattur­iere dal momento che il valore aggiunto del 5G sta non tanto nella comunicazi­one fra persone ma negli scenari amplissimi (telemedici­na, turismo virtuale, industria hi-tech) grazie all’Internet delle cose. «Per quanto ci riguarda noi abbiamo avuto contezza dell’importanza dell’Iot», commenta Ugo Patroni Griffi, presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridional­e, con sede a Bari. «Il 5G unito alla blockchain e all’integrazio­ne dei sistemi informatic­i rappresent­a una svolta».

25 ANNI La telefonia cellulare è in opera da oltre 25 anni sul pianeta e non esistono evidenze della dannosità delle onde elettromag­netiche emesse dalle stazioni radio

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