Una criptovaluta di Stato per liberare il risparmio
«Giuste le esitazioni per la nascita di pseudo criptomonete private»
Una simpatia neanche tanto “cripto” quella del presidente della Consob, Paolo Savona, rispetto alle cosiddette criptovalute. Una simpatia esplicitata nel suo primo discorso al mercato nel 2019 e ribadita nel 2020, in modo magari un po’ meno diretto. E tuttavia il principio è chiaro: le criptovalute devono essere pubbliche, perché altrimenti con quelle private non si supera la confusione tra strumenti di pagamento e strumenti di investimento. E se l’anno scorso si era parlato di uno “sdoganamento” delle criptovalute da parte di Savona, quest’anno, il presidente Consob sembra dare per scontato che il fenomeno vada gorvernato, con un esplicito sospetto verso le criptovalute di origine privata. Il pensiero di Savona è riassunto nella frase per cui: « Se si disponesse la nascita di una criptomoneta pubblica, il sistema dei pagamenti si muoverebbe in modo indipendente dalla gestione del risparmio, che affluirebbe interamente sul mercato libero, cessando la simbiosi tra moneta e prodotti finanziari, affidandone la gestione in modo indipendente ai metodi messi a punto dai registri contabili decentrati e dalla Scienza dei dati » . Minore simpatia invece per l’alternativa a questo intervento per cui resterebbero in piedi «caratteristiche prevalenti del regime esistente, ma la sua regolazione presenterebbe maggiori complicazioni perché conviverebbero i vecchi e i nuovi strumenti monetari e finanziari, insieme ai vecchi e nuovi metodi di loro gestione». Una situazione caotica che vedrebbe la produzione di criptomoneta da parte di alcuni stati e da forti soggetti privati. Non per nulla Savona ritiene giuste le « esitazioni nei confronti della nascita di pseudo-criptomonete private come la Libra di Facebook o le Grams di Telegram, che hanno molte caratteristiche duplici, di moneta e prodotti finanziari». E ricorda che le autorità americane si sono già pronunciate contro l’iniziativa di Telegram con obiezioni procedurali, anche se con argomenti (dice Savona) meno logici di quelli del presidente Consob. Il rischio dell’affermarsi del modello ibrido, è - secondo Savona - che «nell’ambito di questo regime alternativo, la protezione del risparmio sarebbe decisamente più difficile, se non impossibile, perché la competizione tra monete pubbliche, che ricercano la stabilità, e monete private, che ricercano profitti, altererebbe il funzionamento dell’attuale architettura istituzionale, che già vive la stretta dipendenza descritta tra gestioni monetarie, finanziarie e fiscali » .
Occorre dire che nel cronico ritardo del legislatore italiano rispetto alle questioni di reale interesse per il futuro, Consob è intervenuta su questo tema, in assenza di interventi legislativi. La Consob ovviamente si occupa di strumenti di investimenti e non di moneta, quindi la natura ibrida delle criptovalute ne richiama l’attenzione e Savona ne auspica l’introduzione a livello pubblico proprio per separare strumenti di pagamento e asset di investimento. Ma anche sui criptoassets la Consob ha prestato particolare attenzione in particolare a partire dagli inizi del 2019. Quando su queste attività è iniziata anche la ricognizione dell’Esma, l’omologa europea della Consob, con l’Advice su Initial Coin Offerings and CryptoAssets del 9 gennaio 2019, si è mossa sul tema. In quell’occasione l’Esma si era chiesta se la normativa europea a difesa degli investitori fosse applicabile ai cripto asset e se, applicabile, fosse sufficiente. A fine dello scorso anno ( 19 dicembre 2019) anche la Commissione Ue ha lanciato una ampia consultazione sull’uso di cripto assets. L’attività della Consob è andata avanti in modo parallelo, visto che il 2 gennaio 2020 è stato pubblicato il Rapporto finale su « Le offerte iniziali e gli scambi di cripto- attività » .