La farmaceutica resiste, l’export cresce
Nel 2020 possibile crescita a +0,6%, al Sud +0,8% Esportazioni: +24% in 3 mesi
È stata esclusa dal lockdown in quanto strategica e quindi non si è mai fermata. Ma non era affatto scontato che il Covid non facesse sentire anche qui il suo pesante impatto. E invece la filiera italiana dell’industria farmaceutica tiene e in controtendenza con il resto del Paese dovrebbe far segnare, nello scenario più probabile, un segno più a fine anno: +0,6%, con il Sud che fa meglio (+0,8%).
Le stime sono del centro studi Srm collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo che oggi presenterà uno studio insieme a Farmindustria in un webinar sull’innovazione per il rilancio del Mezzogiorno a cui parteciperà anche il ministro della Ricerca Gaetano Manfredi. Secondo lo studio la filiera farmaceutica resiste all’impatto della pandemia e nel primo trimestre dell’anno l’export vola e aumenta di oltre il 24% su base annua per l’Italia e del 14,9% per il Mezzogiorno. Cresce anche il numero delle imprese: + 0,4%, il doppio (+0,8%) al Sud.
I ricercatori segnalano come questa resilienza arrivi da lontano grazie a scelte ben precise. Con le sue 750 imprese e gli oltre 61mila addetti (con una dimensione media di 82 addetti per impresa) la filiera farmaceutica è tra i settori più innovativi: il 90% delle imprese adotta gli strumenti 4.0 nella produzione. Ma la farmaceutica è anche sempre più green: in 10 anni sono molto diminuiti sia i consumi energetici (-54%) che le emissioni di gas (-74%).
Una filiera, questa, che ha un grande potenziale al Sud - che oggi vale il 17% delle imprese e il 7% del valore aggiunto nazionale - come attrattore di investimenti potendo contare su grandi capacità in termini di competenze e skills produttivi e di ricerca. Qui potrebbe svilupparsi il rilancio di processi produttivi e della ricerca clinica. Una attrazione di investimenti che avrebbe anche un forte impatto moltiplicatore sul territorio: si calcola che per effetto dei legami interregionali e di filiera, nel Mezzogiorno 100 euro di produzione farmaceutica attivano 42 euro aggiuntivi nell’area e 529 euro nelle altre regioni e negli altri settori, per un impatto complessivo di 671 euro (mentre il dato complessivo medio per il manifatturiero è di 493 euro).
Insomma secondo lo studio Srm il Sud ha tutte le carte in regola per partecipare attivamente alla crescita futura del settore e, quindi del Paese.
«Il Farmaceutico - avverte il Dg di Srm Massimo Deandreissi - si conferma emblematico per l’interazione tra industria, ricerca, università e innovazione. Una combinazione vincente che deve diventare il perno anche di altri settori industriali. Il Mezzogiorno sta dando un contributo molto rilevante, spesso non conosciuto, con eccellenze nel settore della ricerca e della capacità produttiva italiana». «Ci siamo e vogliamo fare la nostra parte. Le imprese del farmaco – afferma Massimo Scaccabarozzi, Presidente Farmindustria - sono un asse portante dell’industria in tutt’Italia e anche al Sud. I dati dello studio confermano inoltre che, nonostante le difficoltà dell’emergenza Covid–19, il settore farmaceutico può essere in grado di fare da volano per il rilancio di tutto il Sud».
iScaccabarozzi: «Il settore farmaceutico può essere in grado di fare da volano per il rilancio di tutto il Sud»