In Enel cresce il fronte del Sì ma i tempi non saranno brevi
L’offerta australiana discussa il 10 in cda può aprire alla revisione degli assetti
L’offerta del fondo australiano Macquarie non piomba come un fulmine a ciel sereno su Enel. Il passaggio in consiglio di amministrazione per un’informativa lo scorso 10 giugno, come confermato ieri dalla società, non sarebbe avvenuto se il management avesse ritenuto l’offerta irricevibile, seppur generosa, perchè non c’è alcuna intenzione di vendere almeno una parte della quota azionaria di Open Fiber.
Invece quello che è stato detto al board è che si sarebbero valutati tutti gli aspetti e le ricadute di una proposta che al momento, comunque, non è vincolante. Va detto, inoltre, che l’offerta di Macquarie giunge a un consiglio di amministrazione nuovo e molto più sensibile alla prospettiva di una fusione tra la rete di Tim e quella di Open Fiber.
Lo è sicuramente il nuovo presidente, Michele Crisostomo, che proprio in un’intervista a questo giornale ha sottolineato la necessità di arrivare a una rete unica, seppure aperta da un punto di vista concorrenziale. Posizione condivisa anche da altri consiglieri.
L’offerta del fondo australiano potrebbe costituire un primo passo verso una revisione della governance azionaria di Open Fiber, ma i tempi non saranno comunque brevi. L’aspetto chiave da risolvere resta l’opposizione di tutti gli operatori telefonici a un modello di rete in fibra controllato da un operatore verticalmente integrato, quale è Tim. E probabilmente anche l’antitrust europeo potrebbe fare rilievi in proposito. Il modello al quale si aspirerebbe sarebbe quello delle reti di trasmissione di gas ed energia elettrica, Snam e Terna, già controllati da Cdp e partecipati da investitori infrastrutturali internazionali.
Uno scenario di questo tipo inevitabilmente dovrebbe portare Tim in posizione di minoranza nella nuova società della rete, posizione che potrebbe anche mantenere Enel. Da capire anche quanto di questa società dovrebbe far parte solo la fibra o anche tutta la rete fissa di Tim.
Molti osservatori ricordano come sia stata approvata la possibilità di riconoscere una tariffa basata sulla Rab per remunerare investimenti ( e la gestione di eventuali esuberi) nella nuova rete di tlc con la tariffa. L’offerta di Macquarie, che secondo alcuni sarebbe irrifiutabile, servirebbe proprio a dimostrare la redditività potenziale che avrebbe una rete unica e a farne emergere il valore, troppo elevato per una prospettiva stand alone ma appropriato se ci sarà la fusione. Questo valore verrebbe dimostrato anche al socio francese di Tim, Vivendi, che potrebbe così convincersi a una modifica degli attuali assetti societari e azionari di Tim.
Il percorso per raggiungere questo obiettivo resta comunque molto complesso ed inserito in un momento politico alquanto difficile, nel quale l’azione di governo per raggiungere la strategia industriale non sembra particolarmente efficace. Si vedrà nelle prossime settimane oppure mesi cosa potrà maturare.