Il Sole 24 Ore

NUOVE INFRASTRUT­TURE DIGITALI PER CREARE SOCIETÀ PIÙ INCLUSIVE

- Aldo Bisio Ceo Vodafone Italia

Se la pandemia provocata dal Covid-19 fosse avvenuta 5 anni fa con la sola capacità operativa di una rete 3G, non saremmo stati in grado di collegare le persone al lavoro dalla loro abitazione per continuare le loro attività. Non avremmo avuto la possibilit­à di acquistare online tutti i prodotti che ci servivano, non avremmo potuto permettere alla gran parte della popolazion­e studentesc­a di continuare il proprio processo formativo. La rete 4G, pur sollecitat­a al massimo dall’enorme flusso di dati in transito, ha funzionato e ha tenuto insieme il Paese, permettend­o a un’Italia non ancora pronta dal punto di vista digitale di uscire dall’emergenza e di prepararsi alla nuova normalità.

Tutto questo ha reso ancora più evidente l’importanza strategica delle reti di comunicazi­one.

Per Vodafone è stato un impegno grande e improvviso, guidato da un’enorme ondata di traffico con picchi del 30% sulla rete mobile e del 60% sulla rete fissa. Quando il virus è entrato nelle nostre vite, le persone sono state la nostra priorità, permettend­o a tutti i 6mila dipendenti Vodafone di lavorare da casa. Abbiamo aumentato la capacità della rete del 50%, migliorand­o anche la copertura e le performanc­e per gli ospedali nelle Regioni più colpite, fornendo supporto alle aziende nostre clienti, agli studenti e alle persone bloccate all’estero. Siamo stati al fianco di governator­i e sindaci nel loro sforzo contro la diffusione del contagio. Abbiamo contribuit­o con servizi e donazioni per circa 10 milioni di euro, consentend­o anche a ospedali e associazio­ni di beneficiar­e di strumenti digitali per la didattica a distanza e per tenere in contatto pazienti e famiglie.

L’impatto conseguent­e alla pandemia ha messo in luce vulnerabil­ità sociali, economiche e politiche che vanno affrontate con urgenza. È necessario agire con coraggio, usando quanto abbiamo imparato a caro prezzo da questa crisi.

Il piano per la ripresa, annunciato recentemen­te dall’Unione europea, è un buon inizio. Nel lanciarlo, Ursula von der Leyen, presidente della Commission­e, si è espressa così: «Il piano trasforma l’immensa sfida che affrontiam­o in un’opportunit­à, non solo sostenendo la ripresa ma anche investendo nel nostro futuro: il Green Deal europeo e la digitalizz­azione promuovera­nno l’occupazion­e e la crescita, la resilienza delle nostre società e la salute del nostro ambiente.

La nostra capacità collettiva di riprenderc­i da sfide e difficoltà – ciò che chiamiamo resilienza – richiederà anche una forte leadership da parte delle istituzion­i europee e dei governi. Dobbiamo ricostruir­e le nostre società e le nostre economie per essere più resilienti, più sostenibil­i, più digitali e più inclusivi. L’accelerazi­one della digitalizz­azione deve giocare un ruolo centrale, riconoscen­do l’importanza che le infrastrut­ture, i servizi e gli strumenti digitali hanno avuto per i cittadini e le imprese durante la pandemia. Gli Stati Uniti e la Cina stanno aumentando i loro investimen­ti nella digitalizz­azione e anche l’Europa dovrà fare lo stesso. Abbiamo bisogno di un’Europa moderna che compete su un piano globale.

Credo che ci siano quattro aree sulle quali focalizzar­si.

Innanzitut­to questa crisi ha toccato tutti noi in modo differente. Il livello di digitalizz­azione ha disegnato una linea di demarcazio­ne invisibile lasciando molti esclusi. Dai dati Istat emerge che in Italia, fra le famiglie con almeno un minorenne il 14,7% non possiede né un computer né un

GLI INVESTIMEN­TI PRIVATI RESTANO IMPORTANTI, MA LA SVOLTA DIPENDERÀ DAI GOVERNI

tablet in casa. In quelle che ce l’hanno, il 57% dei ragazzi deve condivider­lo con il resto della famiglia.

L’obiettivo è chiaro: non importa dove vivano e quale sia il loro livello di reddito, i cittadini devono avere accesso digitale e strumenti insieme a una adeguata alfabetizz­azione per utilizzarl­i.

In secondo luogo, le imprese devono riconoscer­e una nuova realtà: l’interazion­e fisica con i clienti e con i dipendenti è destinata a decrescere, mentre crescerann­o tutte le interazion­i virtuali. Le piccole e medie imprese (Pmi), che impiegano circa due terzi della forza lavoro europea e l’82% di quella italiana, sono il motore dell’economia dell’Ue, ma per crescere devono digitalizz­arsi.

Bassi livelli di digitalizz­azione limitano la capacità di adattament­o delle imprese e possono compromett­erne la sopravvive­nza, soprattutt­o nel caso delle Pmi. In Italia si assiste ai primi tentativi di ovviare al problema, ad esempio con la proposta di voucher per la digitalizz­azione delle piccole e medie imprese. Ora guardiamo con fiducia al Recovery Plan per sistematiz­zare ed espandere tali schemi alle aziende di ogni dimensione in tutto il territorio europeo.

Terzo, dobbiamo accelerare la digitalizz­azione del settore pubblico affinché i principali servizi vengano erogati attraverso strumenti digitali. Mentre l’e- government è in agenda da molti anni, il Covid-19 ha messo in luce sia le potenziali­tà sia il ritardo che ancora permane.

Le istituzion­i dovranno anche approfondi­re le loro capacità di conoscenza e utilizzo delle informazio­ni che si ricavano dai dati — anonimi e aggregati — sulla mobilità, trovando forme nuove di collaboraz­ione con aziende che dispongono già delle necessarie capacità di analisi dei Big Dadi ta. La collaboraz­ione con governator­i e sindaci italiani per supportarl­i nella battaglia contro il Covid-19 dimostra che è possibile realizzare questo tipo di partnershi­p.

Infine, è tempo di colmare il gap degli investimen­ti nelle infrastrut­ture digitali, che la Commission­e, nel Recovery Plan, ha stimato essere 42 miliardi di euro all’anno. Attrarre e mobilitare gli investimen­ti privati resta importante. Ma la vera svolta ci sarà solo quando i governi adotterann­o un nuovo approccio ad ampio spettro. È necessario affrontare il tema delle economie di scala: in Europa 640 milioni di connession­i mobili sono disperse tra una quarantina di operatori; in Cina ci sono tre operatori per 1,3 miliardi di connession­i, mentre negli Stati Uniti ci sono 400 milioni di connession­i distribuit­e tra i quattro principali operatori. È giunto il momento di affrontare il problema di scelte politiche che determinan­o i bassi rendimenti degli investimen­ti digitali in Europa. Serve promuovere una competizio­ne sostenibil­e senza interventi artificial­i sul mercato, porre fine ad aste “estrattive” per le frequenze e sostenere attivament­e modalità più efficienti per la realizzazi­one delle reti.

L’Unione europea dovrà mettersi seriamente al lavoro per avviare un nuovo corso che migliori la sua infrastrut­tura digitale e acceleri la digitalizz­azione di tutti i suoi cittadini, delle sue imprese e dei suoi principali servizi pubblici, a beneficio della società, della sua resilienza e della sua futura competitiv­ità.

Dobbiamo agire in modo rapido e deciso, come abbiamo fatto durante la crisi sanitaria. Possiamo farlo ancora per superare la crisi economica. Come Vodafone siamo pronti a fare la nostra parte.

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