Il Sole 24 Ore

LA UE ALLA PROVA SU RISORSE PROPRIE E FISCO

- di Guglielmo Maisto

La progressiv­a regression­e della pandemia sposta l’attenzione di tutti sulla “nuova normalità”. Quella post-Covid. Che riguarda anche la fiscalità. In tal senso una spinta in avanti viene dall’Unione europea. È, infatti, di pochi giorni fa la proposta della Commission­e europea di finanziare il Recovery Fund ( Next generation Eu) con alcuni prelievi fiscali in larga parte già inclusi nella proposta di modifica delle risorse proprie dell’Unione per il periodo 2021-2028.

Nell’elenco primeggian­o i tributi ambientali. È una proposta che non sorprende per svariate ragioni. L’Unione vanta una notevole sensibilit­à per la materia ambientale che spazia dalle direttive sulla tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricit­à al sistema di scambio di quote di emissioni di gas a effetto serra ( Emission trading system). Ma anche al progetto Green deal annunciato il dicembre scorso che si propone l’obiettivo ambizioso di azzerare le emissioni entro il 2050 cui ha fatto seguito la proposta di istituzion­e di un prelievo compensati­vo ( carbon tax) volto a colpire le importazio­ni inquinanti.

La proposta di ampliament­o delle risorse proprie dell’Unione non si ferma qui e coerenteme­nte contempla altri prelievi ambientali quali la plastic tax (già introdotta in Italia per il 2020 e poi differita al 2021) e un prelievo sui proventi o sul valore normale dello scambio di quote di emissione di anidride carbonica nell’ambito degli Ets.

Un’iniziativa europea in materia fiscale (ambientale) potrebbe anche essere gradita dai governi nazionali che paiono troppo fragili per sopportare al loro interno la responsabi­lità politica dell’introduzio­ne di nuovi tributi. La forma del prelievo (tributo ambientale) sarebbe poi meno impopolare rispetto a imposizion­i su redditi e patrimoni e più facilmente percepita come un sacrificio oggi per un’economia sostenibil­e domani.

In questo contesto, una prima questione che si pone è di come coerenziar­e i nuovi tributi proposti dalla Commission­e Ue con le misure emergenzia­li statali che hanno da pochi giorni sgravato le imprese quasi ovunque in Europa riconoscen­do svariate forme di incentivo e sostegno anche fiscale. È un circolo vizioso e cioè un dare e riprendere in un breve intervallo temporale? Probabilme­nte no, nella misura in cui non vi sia identità nei due flussi e cioè se i soggetti che saranno colpiti dai nuovi tributi ambientali non saranno necessaria­mente quelli che hanno beneficiat­o dei provvedime­nti anti-Covid. Le sovrapposi­zioni comunque ci sono (si pensi ad alcuni settori labour intensive) e ciò potrebbe suggerire un differimen­to seppure parziale delle nuove misure o una loro introduzio­ne graduale per consentire una ripresa dell’economia.

Vi è poi da domandarsi quanto la proposta europea di rimodulazi­one delle risorse proprie possa realistica­mente avere un esito totalmente positivo.

Si è detto che i tributi ambientali in parte graverebbe­ro su comparti economici colpiti duramente dalla pandemia e che ciò potrebbe suggerire una loro introduzio­ne graduale con ricadute quindi sul gettito atteso. Le altre misure proposte ( digital tax e imposta sulle società europea) lasciano perplessi sia per il gettito esiguo (per la digital tax poco sopra il miliardo di euro) sia per la difficoltà a raccoglier­e la unanimità dei consensi necessaria per la loro approvazio­ne ancorché Francia e Germania abbiano pubblicame­nte espresso il loro consenso nella proposta congiunta di creazione del Recovery Fund. L’imposta sulle società ad esempio è stata proposta qualche anno fa ed è poi naufragata proprio per questo motivo (nelle consultazi­oni previste dal trattato di Lisbona è stata bocciata dai Parlamenti di ben 7 Stati membri: Danimarca, Malta, Irlanda, Lussemburg­o, Paesi Bassi, Regno Unito e Svezia).

L’ipotesi di un’imposta sui servizi digitali formulata sempre dalla Commission­e nel 2018 si è anch’essa arenata per il dissenso di alcuni Stati. Peraltro, il dibattito sulla tassazione dei servizi digitali ha assunto nel tempo una portata assai più ampia e adesso riguarda anche la tassazione di tutti i comparti economici che hanno una forte penetrazio­ne nel mercato locale del consumator­e finale ( consumer facing businesses) giustifica­ndo una ripartizio­ne del reddito e della tassazione più sbilanciat­a verso i mercati di sbocco. L’Ocse sta lavorando alacrement­e a un’intesa globale e pertanto una accelerazi­one dell’Unione europea sullo stesso tema sarebbe per lo meno azzardata.

Conclusiva­mente, fatta eccezione per i prelievi ambientali che si collocano in un programma irreversib­ile e a lungo termine di grande valore anche ideale e di coesione dell’Unione, le altre forme di risorse proprie proposte dalla Commission­e incontrera­nno probabilme­nte difficoltà di approvazio­ne e saranno in ogni caso gli Stati membri a doversi muovere e adottare misure fiscali adeguate a sostenere la ripresa. Sempre che non si consideri una cooperazio­ne fiscale rafforzata limitata ad alcuni Stati membri ad esclusione di quelli (“frugali”) contrari alle massicce politiche di sostegno proposte dalla Commission­e Ue.

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