Pechino rinuncia allo status di mercato
Pechino si ritira dalla battaglia con la Ue per ottenere lo status di economia di mercato, che le avrebbe dato più forza nei rapporti commerciali, limitando la capacità di ritorsione dell’Europa, nelle controversie su sussidi e dumping. Il Governo cinese ha lasciato passare il termine per portare avanti il ricorso, da lei avviato nel 2016, per farsi riconoscere lo status dal tribunale della Wto. Il termine scadeva il 15 giugno.
Già lo scorso anno, un giudizio ad interim aveva frustrato le aspirazioni di Pechino, respingendone l’argomentazione secondo cui lo stesso accordo di adesione alla Wto del 2001 le avrebbe automaticamente garantito, passati 15 anni, il diritto a essere “promossa” al rango di economia di mercato. In seguito a un serrato dibattito all’interno della stessa Unione europea, Bruxelles si è nel frattempo comunque tutelata, dotandosi di un meccanismo anti-dumping in grado di superare nei fatti la nozione di economia di mercato e di proteggere le imprese Ue da importazioni a basso prezzo provenienti da Paesi terzi.
Sempre il 15 giugno, Bruxelles ha annunciato un tentativo senza precedenti di bloccare i sussidi erogati da Pechino agli esportatori. E questa settimana presenterà una proposta per rafforzare la tutela delle proprie aziende rispetto alle acquisizioni da parte di gruppi extra-Ue. Anche gli Stati Uniti sono impegnati con la Cina in una analoga disputa sullo status di economia di mercato, considerata come il «contenzioso più grave della Wto», dal rappresentante per il commercio Usa, Robert Lighthizer.
Gli Stati Uniti, come pure l’Unione europea, non considerano affidabili i prezzi cinesi e per decenni hanno applicato dazi antidumping, facendo riferimento ai prezzi praticati in Paesi terzi che adottano i principi del libero mercato. La Cina aveva temporaneamente sospeso la controversia con la Ue dopo che la Wto ha pubblicato il suo report ad interim, nel 2019, impedendo la pubblicazione della sentenza.