Il Sole 24 Ore

L’emergenza ha rafforzato il rapporto di fiducia con i ricercator­i

- — A. Lar.

«L’emergenza Covid ha fatto crescere il rapporto di fiducia tra azienda e dipendenti, segnando un punto positivo di non ritorno». Riccardo Palmisano è amministra­tore delegato di MolMed, azienda biotecnolo­gica nata nel ’96 come spin off dell’Istituto Scientific­o San Raffaele, oggi quotata sul mercato Mta di Borsa Italiana e in queste ore oggetto di un’Opa non ostile lanciata della giapponese Agc.

Nelle sue officine farmaceuti­che MolMed non produce farmaci, ma terapie geniche e cellulari, ottenute ingegneriz­zando cellule umane e vettori virali per “armarli” contro cancro e malattie genetiche rare. Attività che dal 2016 l’azienda svolge anche in conto terzi per clienti come Telethon, Gsk, Orchard, Cellectis, Rocket Pharma, Autolus, Genenta e Boston Children Hospital. In quattro anni il fatturato è cresciuto da 13 e 34 milioni di euro (dato 2019), i dipendenti sono passati da 150 a 220. Due terzi sono donne. Nel primo trimestre 2020, grazie al «patto di fiducia tra azienda e dipendenti», nonostante l’emergenza MolMed ha registrato una crescita del fatturato.

Palmisano, come è cambiato il rapporto azienda-lavoratori a cospetto del Covid-19?

In questi mesi difficili, noi abbiamo avuto estrema fiducia in tutti i 220 colleghi che hanno continuato a lavorare in sede, dove abbiamo adottato misure di sicurezza anche superiori a quelle prescritte, o da casa. E non abbiamo usato una singola ora di cassa integrazio­ne.

Quale è stata la risposta dei dipendenti?

I nostri ragazzi e ragazze ci hanno ripagato con una dedizione ai rispettivi ruoli che ci ha permesso, nel primo trimestre 2020, quello più impattato dall’emergenza, una crescita di oltre il 14% rispetto all’anno precedente. Il risultato non era scontato: siamo riusciti a produrre le nostre terapie senza farle mancare ai pazienti. Abbiamo ricevuto lettere di ringraziam­ento commoventi dai nostri clienti in Usa, Regno Unito, Francia e Italia. Per questo parlo di un punto di non ritorno nel senso di trust aziendale, del patto di fiducia tra azienda e dipendenti.

L’emergenza ha richiesto nuove profession­alità?

Le figure profession­ali non sono cambiate rispetto all’era pre-Covid: cerchiamo sempre biotecnolo­gi, biologi, bio-ingegneri, ingegneri e laureati in chimica e tecnologie farmaceuti­che. Da sempre, in questa ricerca abbiamo un vantaggio, ma anche un onere aggiuntivo.

A che cosa si riferisce?

Visto lo scarso tessuto aziendale italiano nell’area delle terapie avanzate e in particolar­e nel settore «Cell&Gene», abbiamo il vantaggio di un’ampia offerta di giovani candidati di buono e ottimo livello: se vogliono lavorare in quest’area, hanno poche alternativ­e. Però c’è anche il rovescio della medaglia.

Ovvero?

Quasi sempre dobbiamo formare internamen­te le nostre risorse, perché è difficile trovare le competenze che cerchiamo in altre aziende. Per fortuna, la somma di tutto ciò porta due risultati positivi, a fronte di un grande sforzo formativo: abbiamo risorse giovani con una spiccata coerenza culturale e manteniamo un elevato tasso di fedeltà all’azienda. Quello che invece non si trova sul mercato italiano è la doppia competenza, molto più diffusa nei Paesi anglosasso­ni: scientific­a e di business. Per avere un PhD in bio-scienze con un Mba, bisogna quasi sempre guardare all’estero.

Quali effetti potrebbe avere su queste dinamiche l’Opa in corso da parte della giapponese Agc?

L’Opa potrà, se conclusa in direzione positiva, favorire uno scenario interessan­te. Un flusso di profession­alità nelle due direzioni: profession­isti stranieri da Stati Uniti, Giappone ed Europa che verranno a lavorare in MolMed e giovani profession­isti italiani a cui sarà offerto di fare esperienza internazio­nale. Personalme­nte, credo che questa sia la più sana delle situazioni per raggiunger­e quella che negli Stati Uniti chiamano cross fertilizat­ion, la contaminaz­ione tra idee e culture diverse da cui nasce l’innovazion­e.

Nel primo trimestre 2020, quello più impattato dalla pandemia, una crescita di oltre il 14% rispetto all’anno precedente

 ??  ?? Cellule armate. Una dipendente MolMed si prende cura di cellule modificate, conservate a 130° sotto lo zero e pronte a essere reinfuse negli organismi da cui provengono, per curare tumori e malattie genetiche rare
MOLMED
Cellule armate. Una dipendente MolMed si prende cura di cellule modificate, conservate a 130° sotto lo zero e pronte a essere reinfuse negli organismi da cui provengono, per curare tumori e malattie genetiche rare MOLMED
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