Patriarcato Latino in crisi vende le terre di Nazareth
Guai finanziari per il Patriarcato Latino di Gerusalemme, che ha un debito superiore a 100 milioni di dollari Per coprire la perdita vendute terre a Nazareth: a comprare è una società israeliana. Protestano i cristiani locali
Grosso guaio in Terra Santa. Un “affaire” che sta preoccupando molto anche i piani alti della Santa Sede, e tanto per cambiare si parla di soldi. Molti soldi, ufficialmente 100 milioni di dollari, ma pare siano di più, indiscrezioni che circolano nella comunità cristiana parlano di una somma fino a 120 milioni. La vicenda riguarda il Patriarcato Latino di Gerusalemme, che per far fronte agli impegni verso le banche creditrici sorti per la costruzione di una grande università- campus in Giordania, è ora costretto a vendere terreni e proprietà immobiliari, soprattutto nell’area di Nazareth – città israeliana abitata interamente da popolazione araba, di cui oltre il 30% di religione cattolica – dove la decisione sta alimentando proteste di una parte della popolazione, che vuole manifestare anche davanti alla Basilica dell’Annunciazione.
La vicenda non fa notizia sui media israeliani di Tel Aviv, ma è nota nelle aree a concentrazione araba, oltre a Nazareth anche Haifa e Gerusalemme est, nei territori palestinesi e in Giordania, dove il pasticciaccio è iniziato. Ma soprattutto è molto ben conosciuta in Curia, e ora il Patriarcato – in sostanza l’arcidiocesi “latina” per Israele, Palestina, Giordania e Cipro – per la prima volta da quando sono iniziati a circolare i rumors del possibile dissesto ha ammesso pubblicamente che il bubbone è scoppiato, e che sta correndo ai ripari in modo drastico.
Il dissesto delle finanze del Patriarcato ha la sua origine nella decisione di costruire un’università nuova di zecca nella città di Mabada, a un’ora da Amman, la capitale della Giordania. L’iniziativa la prende nel 2009 il precedente patriarca, monsignor Fouad Twal, un prelato diplomatico di carriera, già vescovo di Tunisi, che era stato nominato appena un anno prima Patriarca della Città Santa da Benedetto XVI, al posto del celebre Michel Sabbah, primo Patriarca di orgine palestinese (dopo un lungo periodo di guida da parte di prelati italiani). Twal è giordano di Mabada, la sua famiglia ha un peso nella città, e certamente questo influenza la scelta di impiantare un ateneo (in terreni prossimi a quella della sua famiglia, pare) la cui prima pietra viene posata da Joseph Ratzinger nel suo viaggio in Terra Santa nel 2009.
Dopo anni di lavori viene alla luce, in mezzo al deserto, la American University of Madaba, un modernissimo campus con molte facoltà – tra cui spiccano economia e finanza – con l’obiettivo di diventare un polo di attrazione e formazione dell’élite giordana e di tutti gli altri Paesi arabi, tanto che nel 2013 a tagliare il nastro viene Re Abdallah di Giordania, molto attento ai rapporti con l’establishment cattolico. L’opera è imponente, i costi salgono, e pure i debiti, soprattutto con banche giordane e palestinesi (tra cui la storica la Bank of Palestine), cui si sommerebbero quelli con imprenditori e contractor locali, che via via hanno contribuito alla costruzione e fornito materiali.
Le voci di una bolla debitoria iniziano a circolare anche a Roma, e il dossier certamente finisce anche sul tavolo di Francesco, che segue sempre tutto in prima persona. Alla fine del 2014 – rileva Fides, l’agenzia ufficiale di Propaganda Fide, il dicastero della missioni - la Santa Sede era dovuta intervenire per farsi carico di problemi amministrativi e finanziari e una Commissione ad hoc, istituita dalla Segreteria di Stato, aveva a sua volta affidato a un comitato locale di amministrazione, presieduto dall’allora nunzio apostolico in Giordania, monsignor Giorgio Lingua, il compito di « seguire e coordinare da vicino, fino a luglio 2015, i lavori dell’Università » . Insomma, già Papa Francesco, poco più un anno dopo la sua elezione, e quasi in contemporanea con il suo viaggio in Giordania-PalestinaIsraele, era intervenuto pesantemente. Tra l’altro nella sua tappa ad Amman non era andato a Madaba, a differenza dei suoi due predecessori ( c’era stato nel 2000 anche Giovanni Paolo II).
Ma era evidente che serviva una vera svolta, e velocemente. Nel 2016 Twal, già in età da pensionamento, viene sostituito dal Papa, che insedia padre Pierbattista Pizzaballa, 55 anni, che per oltre un decennio aveva ben guidato l’influente e antichissima
L’istituzione
Il Patriarcato di Gerusalemme dei Latini è un sede metropolitana della Chiesa Cattolica, e ha competenza per Israele, Palestina, Giordania e Cipro.
E' guidata dal Patriarca, unico tra i vescovi cattolici di rito latino ad avere il diritto di portare il titolo di “Sua Beatitudine”, e ha altre funzioni di diritto, tra cui quella di Gran priore dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro, che ha sede a Roma. A guidate il patriarcato dal 2016 è padre Pierbattista Pizzaballa, già Custode di Terra Santa ,che per decisione del Papa ha il rango appena inferiore di amministratore apostolico, per motivi di carattere “diplomatico”. La struttura centrale ha sede nella Città Vecchia di Gerusalemme, e le sue origini risalgono al primo secolo, anche se l'elevazione a patriarcato risale al 451. Dal 1099, anno della conquista di Gerusalemme al termine della prima crociata e dopo lo scisma d'oriente del 1054, viene istituita la sede di rito romano . Custodia francescana di Terra Santa. Il bergamasco Pizzaballa – che non viene elevato a rango di Patriarca ma “solo” di arcivescovo assumendo la carica canonica di Amministratore apostolico, essenzialmente per motivi diplomatici non essendo un arabo come lo erano stati gli ultimi due – è abile, molto stimato dal Papa ( ma anche dagli israeliani, parla l’ebraico e viene percepito come l’ala un po’ più dialogante dei cattolici in Terra Santa) e soprattutto risoluto nelle crisi.
Insomma, la sua nomina è per sistemare prima di tutto le disastrate finanze. Mette mano all’amministrazione, riorganizza, risparmia. Ma il debito è troppo alto, e alla fine decide di vendere i terreni, e lo conferma una nota del Patriarcato, che con una scelta non scontata di trasparenza non fa mistero di quanto accaduto. A essere venduta soprattutto è una proprietà terriera di oltre 30 ettari a nord della città di Nazareth, occupata anche da popolazione beduina, sembra per una cifra – secondo fonti sentite dal Sole 24 Ore – attorno ai 60 milioni di euro. Il prezzo può sembrare alto, ma in realtà il terreno nell’area vale molto per la mancanza di spazi dove costruire a fronte di una popolazione in crescita. Anzi, secondo alcune stime, forse avrebbe potuto fruttare di più se venduto a pezzi. Ma tant’è.
A comprare è una società israeliana che fa capo formalmente a un giovane uomo d’affari arabo, e subito scatta il timore di una speculazione edilizia che tagli fuori i locali, e al tutto si somma il delicato tema di rapporti con il mondo ebraico in un’area a maggioranza araba. Inoltre, alcuni esponenti della comunità cristiana hanno scritto al Papa una lettera preoccupata, ricordando una simile vicenda degli anni ’70 su cui intervenne l’allora delegato apostolico Pio Laghi. Il Vaticano comunque approva la vendita e nelle condizioni c’è anche quella di escludere dalla cessione oltre 100 dunam di terra (corrispondenti a 10 ettari) destinati a opere e iniziative «a futuro beneficio» della comunità cristiana locale, assicura il Patriarcato, che ha sede nella Città Vecchia di Gerusalemme ed è riconoscibile dall’esterno della Porta di Giaffa per la bandiera bianco-gialla del Vaticano che sventola in cima al campanile.
La decisione di vendere terreni a Narareth, assicura il Patriarcato, «è stata presa con grande travaglio, e solo in quanto tale scelta rappresentava l’ultima spiaggia per affrontare problemi economici altrimenti irrisolvibili » . Il debito è verso banche svizzere, e si esclude un’esposizione diretta verso la Santa Sede, che già ha i suoi problemi finanziari. Ma fonti locali ipotizzano che dietro l’esposizione svizzera possano esserci indirettamente dei cespiti finanziari vaticani, magari messi a garanzia dei prestiti. Inoltre, ma questo è un altro capitolo, potrebbero esserci in Giordania dei risvolti giudiziari collegati alla costruzione della grande Università, ma questo è tutto da vedere.