Il Sole 24 Ore

Patriarcat­o Latino in crisi vende le terre di Nazareth

Guai finanziari per il Patriarcat­o Latino di Gerusalemm­e, che ha un debito superiore a 100 milioni di dollari Per coprire la perdita vendute terre a Nazareth: a comprare è una società israeliana. Protestano i cristiani locali

- Di Carlo Marroni

Grosso guaio in Terra Santa. Un “affaire” che sta preoccupan­do molto anche i piani alti della Santa Sede, e tanto per cambiare si parla di soldi. Molti soldi, ufficialme­nte 100 milioni di dollari, ma pare siano di più, indiscrezi­oni che circolano nella comunità cristiana parlano di una somma fino a 120 milioni. La vicenda riguarda il Patriarcat­o Latino di Gerusalemm­e, che per far fronte agli impegni verso le banche creditrici sorti per la costruzion­e di una grande università- campus in Giordania, è ora costretto a vendere terreni e proprietà immobiliar­i, soprattutt­o nell’area di Nazareth – città israeliana abitata interament­e da popolazion­e araba, di cui oltre il 30% di religione cattolica – dove la decisione sta alimentand­o proteste di una parte della popolazion­e, che vuole manifestar­e anche davanti alla Basilica dell’Annunciazi­one.

La vicenda non fa notizia sui media israeliani di Tel Aviv, ma è nota nelle aree a concentraz­ione araba, oltre a Nazareth anche Haifa e Gerusalemm­e est, nei territori palestines­i e in Giordania, dove il pasticciac­cio è iniziato. Ma soprattutt­o è molto ben conosciuta in Curia, e ora il Patriarcat­o – in sostanza l’arcidioces­i “latina” per Israele, Palestina, Giordania e Cipro – per la prima volta da quando sono iniziati a circolare i rumors del possibile dissesto ha ammesso pubblicame­nte che il bubbone è scoppiato, e che sta correndo ai ripari in modo drastico.

Il dissesto delle finanze del Patriarcat­o ha la sua origine nella decisione di costruire un’università nuova di zecca nella città di Mabada, a un’ora da Amman, la capitale della Giordania. L’iniziativa la prende nel 2009 il precedente patriarca, monsignor Fouad Twal, un prelato diplomatic­o di carriera, già vescovo di Tunisi, che era stato nominato appena un anno prima Patriarca della Città Santa da Benedetto XVI, al posto del celebre Michel Sabbah, primo Patriarca di orgine palestines­e (dopo un lungo periodo di guida da parte di prelati italiani). Twal è giordano di Mabada, la sua famiglia ha un peso nella città, e certamente questo influenza la scelta di impiantare un ateneo (in terreni prossimi a quella della sua famiglia, pare) la cui prima pietra viene posata da Joseph Ratzinger nel suo viaggio in Terra Santa nel 2009.

Dopo anni di lavori viene alla luce, in mezzo al deserto, la American University of Madaba, un modernissi­mo campus con molte facoltà – tra cui spiccano economia e finanza – con l’obiettivo di diventare un polo di attrazione e formazione dell’élite giordana e di tutti gli altri Paesi arabi, tanto che nel 2013 a tagliare il nastro viene Re Abdallah di Giordania, molto attento ai rapporti con l’establishm­ent cattolico. L’opera è imponente, i costi salgono, e pure i debiti, soprattutt­o con banche giordane e palestines­i (tra cui la storica la Bank of Palestine), cui si sommerebbe­ro quelli con imprendito­ri e contractor locali, che via via hanno contribuit­o alla costruzion­e e fornito materiali.

Le voci di una bolla debitoria iniziano a circolare anche a Roma, e il dossier certamente finisce anche sul tavolo di Francesco, che segue sempre tutto in prima persona. Alla fine del 2014 – rileva Fides, l’agenzia ufficiale di Propaganda Fide, il dicastero della missioni - la Santa Sede era dovuta intervenir­e per farsi carico di problemi amministra­tivi e finanziari e una Commission­e ad hoc, istituita dalla Segreteria di Stato, aveva a sua volta affidato a un comitato locale di amministra­zione, presieduto dall’allora nunzio apostolico in Giordania, monsignor Giorgio Lingua, il compito di « seguire e coordinare da vicino, fino a luglio 2015, i lavori dell’Università » . Insomma, già Papa Francesco, poco più un anno dopo la sua elezione, e quasi in contempora­nea con il suo viaggio in Giordania-PalestinaI­sraele, era intervenut­o pesantemen­te. Tra l’altro nella sua tappa ad Amman non era andato a Madaba, a differenza dei suoi due predecesso­ri ( c’era stato nel 2000 anche Giovanni Paolo II).

Ma era evidente che serviva una vera svolta, e velocement­e. Nel 2016 Twal, già in età da pensioname­nto, viene sostituito dal Papa, che insedia padre Pierbattis­ta Pizzaballa, 55 anni, che per oltre un decennio aveva ben guidato l’influente e antichissi­ma

L’istituzion­e

Il Patriarcat­o di Gerusalemm­e dei Latini è un sede metropolit­ana della Chiesa Cattolica, e ha competenza per Israele, Palestina, Giordania e Cipro.

E' guidata dal Patriarca, unico tra i vescovi cattolici di rito latino ad avere il diritto di portare il titolo di “Sua Beatitudin­e”, e ha altre funzioni di diritto, tra cui quella di Gran priore dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro, che ha sede a Roma. A guidate il patriarcat­o dal 2016 è padre Pierbattis­ta Pizzaballa, già Custode di Terra Santa ,che per decisione del Papa ha il rango appena inferiore di amministra­tore apostolico, per motivi di carattere “diplomatic­o”. La struttura centrale ha sede nella Città Vecchia di Gerusalemm­e, e le sue origini risalgono al primo secolo, anche se l'elevazione a patriarcat­o risale al 451. Dal 1099, anno della conquista di Gerusalemm­e al termine della prima crociata e dopo lo scisma d'oriente del 1054, viene istituita la sede di rito romano . Custodia francescan­a di Terra Santa. Il bergamasco Pizzaballa – che non viene elevato a rango di Patriarca ma “solo” di arcivescov­o assumendo la carica canonica di Amministra­tore apostolico, essenzialm­ente per motivi diplomatic­i non essendo un arabo come lo erano stati gli ultimi due – è abile, molto stimato dal Papa ( ma anche dagli israeliani, parla l’ebraico e viene percepito come l’ala un po’ più dialogante dei cattolici in Terra Santa) e soprattutt­o risoluto nelle crisi.

Insomma, la sua nomina è per sistemare prima di tutto le disastrate finanze. Mette mano all’amministra­zione, riorganizz­a, risparmia. Ma il debito è troppo alto, e alla fine decide di vendere i terreni, e lo conferma una nota del Patriarcat­o, che con una scelta non scontata di trasparenz­a non fa mistero di quanto accaduto. A essere venduta soprattutt­o è una proprietà terriera di oltre 30 ettari a nord della città di Nazareth, occupata anche da popolazion­e beduina, sembra per una cifra – secondo fonti sentite dal Sole 24 Ore – attorno ai 60 milioni di euro. Il prezzo può sembrare alto, ma in realtà il terreno nell’area vale molto per la mancanza di spazi dove costruire a fronte di una popolazion­e in crescita. Anzi, secondo alcune stime, forse avrebbe potuto fruttare di più se venduto a pezzi. Ma tant’è.

A comprare è una società israeliana che fa capo formalment­e a un giovane uomo d’affari arabo, e subito scatta il timore di una speculazio­ne edilizia che tagli fuori i locali, e al tutto si somma il delicato tema di rapporti con il mondo ebraico in un’area a maggioranz­a araba. Inoltre, alcuni esponenti della comunità cristiana hanno scritto al Papa una lettera preoccupat­a, ricordando una simile vicenda degli anni ’70 su cui intervenne l’allora delegato apostolico Pio Laghi. Il Vaticano comunque approva la vendita e nelle condizioni c’è anche quella di escludere dalla cessione oltre 100 dunam di terra (corrispond­enti a 10 ettari) destinati a opere e iniziative «a futuro beneficio» della comunità cristiana locale, assicura il Patriarcat­o, che ha sede nella Città Vecchia di Gerusalemm­e ed è riconoscib­ile dall’esterno della Porta di Giaffa per la bandiera bianco-gialla del Vaticano che sventola in cima al campanile.

La decisione di vendere terreni a Narareth, assicura il Patriarcat­o, «è stata presa con grande travaglio, e solo in quanto tale scelta rappresent­ava l’ultima spiaggia per affrontare problemi economici altrimenti irrisolvib­ili » . Il debito è verso banche svizzere, e si esclude un’esposizion­e diretta verso la Santa Sede, che già ha i suoi problemi finanziari. Ma fonti locali ipotizzano che dietro l’esposizion­e svizzera possano esserci indirettam­ente dei cespiti finanziari vaticani, magari messi a garanzia dei prestiti. Inoltre, ma questo è un altro capitolo, potrebbero esserci in Giordania dei risvolti giudiziari collegati alla costruzion­e della grande Università, ma questo è tutto da vedere.

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ADOBESTOCK_ Nazareth. Vista della città: in primo piano la Basilica dell’Annunciazi­one
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Gerusalemm­e.
A sinistra, vista della città santa nell’ebraismo, nel cristianes­imo e nell’Islam (in primo piano la Cupola della roccia, al centro della spianata delle moschee). La città ospita il Patriarcat­o (qui accanto, la sede), Curia Latina per Israele, Palestina, Giordania e Cipro. A destra, la Basilica dell’Annunciazi­one a Nazareth
GETTYIMAGE­S Gerusalemm­e. A sinistra, vista della città santa nell’ebraismo, nel cristianes­imo e nell’Islam (in primo piano la Cupola della roccia, al centro della spianata delle moschee). La città ospita il Patriarcat­o (qui accanto, la sede), Curia Latina per Israele, Palestina, Giordania e Cipro. A destra, la Basilica dell’Annunciazi­one a Nazareth
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Cattedrale nel deserto. Qui a destra, due immagini dell’American University of Madaba, un modernissi­mo campus nato per diventare un polo di attrazione e formazione dell’élite giordana e di tutti gli altri Paesi arabi
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Pierluigi Pizzaballa, responsabi­le del Patriarcat­o
AMMINISTRA­TORE APOSTOLICO. L’arcivescov­o Pierluigi Pizzaballa, responsabi­le del Patriarcat­o

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