La motor valley vince con auto elettrica e Cina
La cinese Faw sta scegliendo il sito produttivo per un investimento da 1,2 miliardi: tra le opzioni l’ex Bugatti a Campogalliano e le OMR di Reggio Emilia. L’Emilia Romagna è stata preferita al polo dell’Oxfordshire Andrea Pontremoli. Il ceo Dallara: la c
La transizione nel mondo dell’auto verso i veicoli elettrici e l’arrivo dei colossi cinesi trasforma il distretto emiliano del settore. La cinese Faw sta infatti scegliendo il sito produttivo per un investimento da 1,2 miliardi di euro: tra le opzioni allo studio spiccano l’ex Bugatti a Campogalliano e le Omr di Reggio Emilia. L’Emilia Romagna è stata preferita al polo inglese dell’Oxfordshire. «Perchè qui? Perchè qui c’è tutto. Soprattutto le competenze immateriali, le più preziose, che non puoi costruire da un giorno all’altro. E per le quali il denaro non basta», dice Peter Tutzer, il manager che sta realizzando il progetto.
«Perché qui? Perché qui c’è tutto. Soprattutto le competenze immateriali. Le più preziose. Che non puoi costruire da un giorno all’altro. E per le quali il denaro non basta. Chi parla bene lo chiama ecosistema. Per me sono il saper fare e la passione. La Motor Valley, recessione da coronavirus o no, rimane uno dei posti più interessanti al mondo. E, anche, uno di quelli che sapranno reagire meglio alle grandi rotture in corso nell’automotive industry. A partire dalla transizione nell’elettrico. Che riguarda tutti i segmenti. Anche il lusso».
Peter Tutzer è uno dei capitani di lungo corso dell’auto europea a cui il gruppo statale cinese Faw e la startup specializzata in design e in ingegneria Silk EV (controllata dal fondo americano KraneShares) ha affidato il progetto di investire 1,2 miliardi di euro per automobili elettriche di alta gamma. Tutzer ha una visione profonda e capillare della struttura industriale continentale, in particolare fra Germania e Italia. Per dodici anni è stato in Porsche, dove ha avuto la responsabilità del progetto macchine da corsa.
Faw e Silk EV stanno operando con l’amministrazione regionale per identificare il luogo dove, entro sei mesi, impiantare lo stabilimento in cui progettare e realizzare i prototipi di auto di lusso elettriche. Il novero di possibilità è ormai delimitato. L’ex Bugatti a Campogalliano, in provincia di Modena, dove l’immobile è pronto e dove permane il fascino della tradizione di un grande, seppur decaduto, marchio. Le OMR di Reggio Emilia, dove le potenzialità dell’area logistica di Campovolo fanno il paio con l’alta velocità ferroviaria e il tecnopolo. Sono queste le prime due opzioni in cima a una lista che, in Emilia Romagna, include anche, nell’area metropolitana di Bologna, Valsamoggia e Imola. Valsamoggia ha il vantaggio delle infrastrutture, già realizzate per la fabbrica della Philip Morris. Imola è caratterizzata dall’aura evocativa dell’antico circuito di Formula Uno: in questo caso servirebbe però una variante amministrativa.
Le policy regionali sono utili per attrarre l’interesse di un investitore. Entro metà luglio si concluderà il primo round di finanziamenti di Silk EV, seguita da Rothschild. Entro l’estate sarà scelto il luogo e, in concomitanza, verrà firmata la lettera d’intenti, a cui stanno già lavorando l’assessore regionale allo sviluppo economico Vincenzo Colla e Marco Mattiacci, il già direttore della gestione sportiva Ferrari che rappresenta gli investitori. Tuttavia, le policy regionali e l’ingegnerizzazione finanziaria hanno ragione di esistere soltanto se permane il sottostante industriale e civile, politico e culturale che provoca la decisione di scegliere un luogo nel mondo, piuttosto che un altro.
Nella dimensione immateriale, che nella manifattura conta quanto quella materiale, una funzione fondamentale è ricoperta dal capitale umano. Che non è una espressione retorica. È la ricaduta nelle persone delle specializzazioni produttive. E, nella dialettica felice e feconda fra appunto il capitale umano e le specializzazioni produttive, lo snodo più delicato e strategico è la formazione. «Qui in Emilia Romagna c’è stata una impetuosa evoluzione nella specializzazione produttiva a cui ha gradualmente corrisposto una articolazione delle competenze. Un fenomeno virtuoso impressionante», dice Horacio Pagani, il designer e imprenditore che ha fondato la Pagani Automobili, macchine di lusso e di velocità estrema, a San Cesario sul Panaro, a pochi chilometri da Modena. Pagani, classe 1955, in Argentina, dove è nato in una famiglia immigrata dall’Italia, sognava la Motor Valley. «Motor, appunto – precisa Horacio – perché la radice dell’auto, qui, è nel motore. I contadini che aggiustavano i loro trattori, come nel mito di Ferruccio Lamborghini che inizia a produrli. I campi intorno a Maranello, dove Enzo Ferrari decise di fondare la sua scuderia.
La Bologna campagnola della Maserati. Il design, per molto tempo, è stato pensato e realizzato a Torino negli atelier di Giugiaro, Bertone e Pininfarina. A un certo punto, si è verificato uno scatto. Perché, anche qui, ha preso corpo la cultura del design. Adesso, però, nuove cose stanno accadendo».
Le nuove cose che stanno accadendo sono le nuove specializzazioni. Un pensiero condiviso da Stefano Domenicali. Pagani è un artista-imprenditore. Domenicali è un economista-manager internazionale, che guida la Lamborghini: «Oltre ai motori e al design – dice Domenicali - qui si è creata una buona cultura nell’elettronica, nell’aerodinamica e nei materiali compositi. La Motor Valley è un fenomeno storico che nasce nel secondo dopoguerra e che, nella storia, ha superato i passaggi più critici. E che, adesso, ha tutte le qualità per adattarsi ai due eventi disruptive che stanno mutando la natura dell’automotive industry internazionale: l’elettrico e la guida autonoma».
Tutte queste specializzazioni sono alla base di Muner, la Motorvehicle University of Emilia Romagna. Una anomalia nel panorama italiano, perché frutto di una reale fusione fra imprese e accademia. Vi partecipano Pagani, Lamborghini, Dallara, Ducati, Ferrari, Haas Formula Uno Team, Hpe Coxa, Marelli, Maserati e Scuderia Alpha Tauri. Insieme alle università di Bologna, Modena e Reggio Emilia, Ferrara e Parma.
Le bombe catalizzatrici di questo sistema sono le quattro scuderie di Formula Uno: Ferrari, Haas, Toro Rosso e Sauber (che ha motori e cambi Ferrari). La Motor Valley è l’unico posto al mondo a potere competere con l’Oxfordshire, dove si trovano Mercedes, McLaren, Renault, Red Bull, Racing Point e Williams. E, non a caso, l’Oxfordshire era una alternativa per la scelta di investimento di Silk Ev e di Faw. Secondo l’Osservatorio sulla componentistica della Camera di Commercio di Torino, coordinato dal Center for Automotive and Mobility Innovation (Cami) dell’università di Ca’ Foscari, la filiera è formata da poco più di 200 imprese con 10mila addetti e 3 miliardi di euro di fatturato. In una realtà così composita, si trova la Formula Uno, ma ci sono anche una media impresa ultra avanzata come Dallara, realtà con piccoli numeri ma un potenziale di marchio ancora enorme come Maserati e un marchio del lusso perfettamente integrato in un grande gruppo industriale come Lamborghini, che appartiene ad Audi-Volkswagen.
« Nelle competenze della Motor Valley – racconta Domenicali – esiste qualcosa che va al di là della tecnicalità. Perché unisce la conoscenza e la passione, la competizione e lo stare insieme, la concretezza e l’emozionalità. È qualcosa di molto sfuggente e di poco comprensibile con la razionalità per gli stranieri. Che, però, riconoscono a livello intuitivo questa miscela. E che infatti, come nel caso di Lamborghini in Audi, integrano tutto questo in strutture coese e razionali come quelle tedesche. Questo capitale antropologico è il sostrato che rende più fluido e più seminale il knowhow tecnologico in ogni specializzazione dell’auto, in particolar modo nel lusso e nel racing » .
Peter Tutzer: «Perché qui in Emilia? Perché qui c’è tutto. Soprattutto le competenze»