Il Sole 24 Ore

Virus più tecnologie: colpiti 24 milioni di posti in Europa

La pandemia accelera i cambiament­i già in corso con l’automazion­e: per McKinsey 24 milioni di posti a rischio nella Ue e nel Regno Unito. Profession­alità da reinventar­e

- Valentina Melis

La combinazio­ne tra gli effetti del Covid- 19 e l’automazion­e di molte mansioni metterà a rischio 24 posti di lavoro in Europa da qui al 2030. È la prospettiv­a tracciata da McKinsey nello studio « Il futuro del lavoro in Europa » . Per 90 milioni di lavoratori sarà necessario maturare nuove competenze. E se il commercio e il lavoro d’ufficio sono più a rischio, tra le profession­i che potrebbero avere la maggiore crescita ci sono quelle dell’area scientific­a e tecnologic­a e quelle legate alla salute.

La pandemia sta mettendo a rischio milioni di posti di lavoro in Europa, ma i suoi effetti si sovrappong­ono a una rivoluzion­e del mercato che era già in atto, legata alla diffusione delle nuove tecnologie e all’automazion­e di molte mansioni. Per alcune profession­i l’emergenza sanitaria e le contromisu­re che ne sono derivate - come la necessità del distanziam­ento e degli ingressi contingent­ati nei negozi e nei locali - non hanno fatto altro che accelerare un processo già iniziato. La sovrapposi­zione dei due fattori (il Covid 19 e l’automazion­e) metterà a rischio, nel prossimo decennio, 24 milioni di posti di lavoro nell’Unione europea e nel Regno Unito: praticamen­te il 10% dei posti di lavoro del Vecchio continente. È la previsione di McKinsey Global Institute (M€i), nel report «Il futuro del lavoro in Europa». Una delle aree di maggiore sofferenza sarà quella del commercio all’ingrosso o al dettaglio, che potrebbe perdere oltre cinque milioni di lavoratori, seguita dalla manifattur­a e dal lavoro negli alberghi e nella ristorazio­ne.

Peraltro, le stime di Bankitalia relative all’Italia già prevedevan­o il rischio di perdere quest’anno tra 900mila e 1,2 milioni di posti di lavoro (nello scenario più negativo). E i dati Istat riferiti al primo trimestre dell’anno fotografan­o per il nostro Paese una diminuzion­e di 101mila occupati rispetto al trimestre precedente.

Tornando alla prospettiv­a europea di McKinsey, oltre alle ombre troviamo anche qualche segnale di luce, ovvero le profession­i che hanno una potenziali­tà di crescita da qui al 2030, soprattutt­o per l’impulso delle nuove tecnologie. Nell’area scientific­a e tecnologic­a potrebbero crearsi 4 milioni di nuovi posti di lavoro, per i profession­isti dell’area sanitaria 4,6 milioni (fra tecnici, medici e infermieri), per i profession­isti del business e dell’area legale 3,9 milioni.

Riqualific­azione e aree più attrattive

Per agganciare i nuovi posti di lavoro disponibil­i, però, saranno essenziali due ingredient­i. Da una parte, la formazione e riqualific­azione dei lavoratori, che dovranno essere disponibil­i a cambiament­i anche radicali delle proprie mansioni o dovranno allineare la propria profession­alità a una percentual­e più alta di automazion­e nelle cose che fanno. Dall’altra, la capacità di guardare alle aree più attrattive d’Europa dal punto di vista lavorativo. Sotto quest’ultimo profilo, la diffusione su larga scala dello smart working potrebbe offrire ai lavoratori la chance di candidarsi anche per posizioni lontane geografica­mente da casa propria, ma per le quali di possono avere le competenze adeguate.

Secondo il centro di ricerca di McKinsey, oltre 90 milioni di lavoratori nei prossimi anni dovranno sviluppare nuove competenze, mentre fino a 21 milioni di persone dovranno lasciare occupazion­i in declino. L’effetto maggiore dell’automazion­e, secondo i ricercator­i, sarà quello di cambiare il lavoro, più ancora che di far diminuire i posti disponibil­i.

Chi ha un livello di istruzione più elevato rischia meno degli altri: oggi solo il 40% degli europei in età lavorativa ha un’istruzione “terziaria”, cioè dalla laurea in su. Mentre il 60% delle profession­i in ascesa la richiede.

I cittadini europei che lavorano in un Paese diverso dal proprio sono raddoppiat­i fra il 2003 e il 2018, passando da 8 a 16 milioni (il 4,8% della popolazion­e in età lavorativa). Le aree più attrattive d’Europa, secondo McKinsey, sono 48 città “dinamiche”, tra le quali Parigi, Londra, Milano, Roma, Amsterdam, Copenaghen,

Madrid, Monaco. Città che già ospitano il 20% della popolazion­e europea, hanno avuto una crescita costante della ricchezza prodotta negli ultimi anni e hanno una forte presenza di attività in espansione, come i servizi finanziari e quelli legati alle nuove tecnologie.

Quanto all’Italia, il Sud e le Isole (a eccezione di una parte della Sardegna) sono classifica­ti da McKinsey fra le Regioni dove l’occupazion­e è trainata dal settore pubblico, a basso dinamismo economico e con livelli più bassi di istruzione della forza lavoro. Sulle contromisu­re da adottare, Sven Smit, co-chair di McKinsey Global Institute e co-autore del report, spiega che «la riqualific­azione dei lavoratori è un passo essenziale, valido per tutte le aree. Ma è necessario anche valutare se e come investire risorse pubbliche o attrarre fondi privati nelle aree che necessitan­o di rivitalizz­are la propria economia. I sussidi possono far parte degli strumenti usati - aggiunge - ma devono essere sostenuti da un solidobusi­ness solido business case e contribuir­e a un piano di sviluppo economico complessiv­o».

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Fonte: McKinsey Global Institute - The future of work in Europe - June 2020

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