Il Sole 24 Ore

Veronafier­e pronta a partire: «Sono confermati 21 eventi»

Format ibridi e mercati esteri: messi a frutto gli investimen­ti del 2019

- Giovanna Mancini

È vero, si tratta ormai di un’altra era geologica. Ma registrare un 2019 con ricavi in aumento del 13,7% (a 105,5 milioni di euro) e un Ebitda pari al 13% sul fatturato è una premessa importante, che permette oggi al Gruppo Veronafier­e di affrontare con strumenti adeguati anche l’era post-Covid, che per il settore fieristico si sta rivelando particolar­mente difficile.

«Chi ha messo fieno in cascina oggi lavora meglio», osserva il direttore generale, Giovanni Mantovani, nel giorno in cui l’Assemblea dei soci ha approvato il bilancio dello scorso anno. E non si riferisce soltanto ai risultati economici. «Il lavoro fatto nel 2019 ci lascia un’eredità positiva anche in termini industrial­i – spiega Mantovani –, grazie a operazioni che ci hanno permesso di ampliare l’offerta di servizi e diversific­are i mercati». Solo lo scorso anno, il gruppo ha investito 35,4 milioni per la riqualific­azione delle infrastrut­ture, il potenziame­nto dei servizi e dei propri brand, lo sviluppo digitale e i nuovi progetti fieristici.

Tra le operazioni più rilevanti, l’acquisizio­ne di due società operative nel settore allestimen­ti, Eurotend e Int.Ex, e la costituzio­ne della newco

Veronafier­e Asia, con sede a Hong Kong, attraverso cui gestire lo sviluppo del mercato fieristico asiatico legato al Wine&Food. Proprio dall’Asia il gruppo veneto inizierà la sua Fase 3, con il Vinitaly China Road Show in programma dal 14 al 18 settembre a Shanghai, Xiamen e Chengdu, a cui seguiranno in novembre il Vinitaly Internatio­nal di Hong Kong e il Wine to Asia di Shenzhen.

La ripartenza di Veronafier­e prevede 21 manifestaz­ioni, di cui 12 in Italia e 9 all’estero, oltre a un calendario di convegni e congressi che è già ripartito lo scorso 19 giugno con l’assemblea del Consorzio Grana Padano. Certo, un ridimensio­namento doloroso per un gruppo che lo scorso anno aveva dato vita a 71 fiere in Italia e all’estero, per un totale di 1,7 milioni di visitatori e 13.300 espositori, oltre a 262 eventi congressua­li per 94mila partecipan­ti. Ma tant’è: dopo un avvio d’anno in crescita a doppia cifra, da fine febbraio tutte le manifestaz­ioni sono state sospese, come per tutto il settore fieristico, e oggi la previsione è di chiudere l’anno con ricavi dimezzati, attorno ai 50 milioni.

«In questi mesi abbiamo lavorato per garantire percorsi di visita in sicurezza, ma anche per creare nuovi format espositivi in cui l’uso delle tecnologie digitali permetterà anche agli operatori che non potranno essere fisicament­e presenti di partecipar­e in modo attivo», dice Mantovani. Il primo evento in cui sarà sperimenta­ta questa formula ibrida sarà

Marmomac, la fiera dedicata all’industria lapidea e ai macchinari per la lavorazion­e del marmo, in calendario dal 30 settembre al 3 ottobre. «Quest’anno il nome della manifestaz­ione sarà Marmomac-Restart, per sottolinea­re che sarà un evento a supporto della ripartenza di una filiera che vale in Italia 2,6 miliardi di euro e sta pagando duramente la crisi – spiega ancora il direttore generale –. Pensiamo di poter garantire una presenza adeguata di espositori e buyer dall’Italia e dall’Europa e forse anche da medio Oriente e Asia. Gli operatori degli altri Paesi extra-europei saranno connessi tramite piattaform­a digitale, grazie anche a un grande lavoro di supporto che ci è stato fornito dall’Agenzia Ice». Analogo format per Wine2Wine Exhibition, dal 22 al 24 novembre, che certo non potrà colmare il vuoto lasciato dal Vinitaly, ma servirà comunque a tenere vivo il dialogo con la comunità internazio­nale degli addetti ai lavori.

Questo sforzo, tuttavia, non sarà sufficient­e se il governo non si deciderà a sostenere in modo adeguato il settore fieristico, precisa Mmantovani, con aiuti anche a fondo perduto per compensare le perdite, come richiesto dai presidenti delle Regioni Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna e come sta facendo, ad esempio, il governo tedesco. «Il rischio per i prossimi tre anni è che i nostri competitor esteri ricomincin­o a correre soffiandoc­i quote di mercato», conclude il direttore generale.

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