LONDRA GIOCA L’ASSO DEL FINTECH
Ametà giugno il Regno Unito ha reso noto che non chiederà proroghe del periodo di transizione per il completamento del negoziato sulla Brexit rispetto alla scadenza di fine anno. Restano dunque 6 mesi per trovare un’intesa con l'Ue e scongiurare le barriere tariffarie e non previste dagli standard dell’Organizzazione mondiale del commercio.
La proposta negoziale del governo inglese è incentrata su una bozza di accordo di libero scambio che ricalca quello tra Europa e Canada (Ceta) seppur con alcuni significativi scostamenti.
Particolarmente corposa è la parte sul commercio di servizi, fiore all’occhiello dell’economia britannica. L’export di servizi del Regno Unito ( Uk) ammonta a quasi £ 300 miliardi annui, al secondo posto su scala globale dopo gli Usa. E il principale mercato di sbocco di questa offerta di servizi è proprio l’Ue con una quota del 42% ( pari a oltre £ 125 miliardi).
‘‘ Dati gli interessi della finanza inglese, le recenti dichiarazioni di esponenti dell’establish ment tedesco sull’importan za di mantenere una posizione negoziale ferma e coesa da parte della Ue hanno il sapore di un gioco delle parti
Numeri che aiutano a capire perché i servizi siano tra i temi più delicati del negoziato e per certi versi la stessa raison d’être della Brexit. Lasciare l’Ue, per i Brexiters, significa riconquistare l’indipendenza del Regno, anche e soprattutto quella normativa da applicare in primis ai servizi finanziari ( il 22% dell’intero export di servizi britannico).
Finora l’Uk ha esportato agevolmente la sua finanza sul continente col sistema del passaporto grazie a cui l’autorizzazione a operare rilasciata dalle autorità competenti di uno Stato membro è valida in tutti gli altri. Ma da gennaio il passaporto sarà “revocato” e bisognerà ottenere dalle autorità europee un giudizio di equivalenza revocabile con un preavviso di soli 30 giorni. La novità sarebbe poco gradita alla finanza britannica, ragion per cui Downing Street ( dopo aver tentato invano di ottenere un giudizio di equivalenza permanente) punta ora ad un accordo che preveda un’ « adeguata consultazione tra le parti » prima della sospensione o revoca del giudizio di equivalenza.
Nonostante la fermezza dell’Ue in materia di standard normativi allineati ( level the playing field), in molti pensano che sui servizi si arriverà ad un accordo soddisfacente per gli inglesi. Per un semplice motivo: grazie all’enorme export di merci oltre Manica ( 320 miliardi di euro), il saldo commerciale complessivo ( beni e servizi) dell’Ue verso il Regno Unito è positivo per ben 74 miliardi di euro. Per le principali economie europee l’Uk costituisce un partner importante nello scambio di beni con un peso medio del 6,4% sul totale dell’export e del 4% sull’import.
La fetta maggiore di questi scambi spetta alla Germania con un surplus di oltre 45 miliardi nel commercio di beni col Regno Unito, seguita da Paesi Bassi ( 24), Belgio ( 13,6) e Italia ( (12). 12).
Dati gli interessi sottesi a queste cifre, le recenti dichiarazioni di esponenti dell’establishment tedesco sull’importanza di mantenere una posizione negoziale ferma e coesa hanno il sapore di un gioco delle parti nell’intento di minimizzare le concessioni che alla fine l'Ue probabilmente dovrà fare alla finanza britannica ( e non solo). Del resto la forza propulsiva di questa industria appare inarrestabile, come conferma anche l’impressionante espansione del fintech: £ 38,3 miliardi di investimenti e £ 9,9 miliardi di introiti nel 2019 anche grazie a un quadro regolamentare amico e aperto all’innovazione su prodotti e servizi finanziari.
Difficilmente il Regno Unito accetterà di sottomettere agli standard dell’Ue quello che si delinea sempre più come il futuro della finanza. È più plausibile che anche sul fintech si giunga a un’intesa amichevole. A patto – ovviamente – di garantire alle merci dell’Unione europea un facile approdo oltre Manica anche dopo il 2020. Alla Germania, che da mercoledì 1° luglio presiederà il Consiglio europeo, l’arduo compito di negoziare le condizioni migliori per ( tutta) l’Ue.