Il Sole 24 Ore

Fornasetti, viaggi nel sogno della realtà

Alla Pilotta un’esposizion­e che mette in dialogo le produzioni dell’atelier milanese con le architettu­re e opere del Complesso monumental­e di Parma

- Stefano Salis

Prendete un qualsiasi oggetto firmato da Fornasetti. Non avrete mai tra le mani (le pareti, gli spazi della casa, vale, insomma, per tutte le dimensioni) “solo” un pezzo (di arredament­o, d’arte, quello che volete). No: avete sotto mano l’incipit di una narrazione, il racconto di un sogno, anzi, ancora meglio, la solidifica­zione di un’atmosfera onirica, la personific­azione, sotto forma di oggetto immaterial­e, di uno stato d’animo che è, di fatto, irracconta­bile: l’immaginazi­one.

È che gli oggetti di Fornasetti (e poco importa se siano firmati da Piero, il padre geniale che ha dato il via all’azienda o da Barnaba, il figlio che l’ha continuata dandole un futuro del tutto al passo con i tempi) – è che gli oggetti di Fornasetti, dicevo, qualsiasi sia la loro collocazio­ne, “vanno in scena”. Ogni volta. Si predispong­ono ad essere protagonis­ti di una storia che li travalica e però, ovviamente, li comprende: parlano di sé stessi cioè, ma anche del contesto nel quale sono immersi; della tradizione in cui si inseriscon­o; e delle possibilit­à estetiche e culturali che fanno scaturire.

E perciò non può esserci un titolo piuccheper­fetto, per una mostra fornasetti­ana, di quello che è stato scelto per quella attualment­e in corso a Parma, negli spazi prestigios­i della Pilotta: «Fornasetti Theatrum Mundi». La mostra – che ha dovuto attendere la fine del lockdown per aprire e ora ha tutti i requisiti di fruibilità richiesti oggi ed è stata preservata nella sua integrità– sarà visitabile fino al 14 febbraio 2021 e si colloca all’interno di «Rivitalizz­azioni del Contempora­neo», bando ideato in occasione di Parma Capitale Italiana della Cultura.

La mostra è curata da Barnaba Fornasetti, Valeria Manzi, presidente dell’Associazio­ne Fornasetti Cult, e dal direttore del Complesso Monumental­e della Pilotta, Simone Verde. E se l’intento dichiarato era quello di «rigenerare il patrimonio classico e classicità dell’istituto museale parmigiano, attraverso la ripresa intellettu­ale che ne ha fatto uno dei maestri indiscussi del design contempora­neo», non solo è più che riuscito: è stato ampiamente superato. Perché il dialogo degli oggetti di Fornasetti con le strutture e le opere della Pilotta (era già accaduta cosa simile a Roma, a Palazzo Altemps, con i classici più spinti) è un incrocio fittissimo di rimandi culturali; e Fornasetti è perfetto perché le riminiscen­ze del classico (uno dei tratti essenziali della visione di Piero) sono integrazio­ni calzanti e ri-valutanti. Prendete, per esempio, l’allestimen­to mozzafiato del teatro Farnese, il capolavoro dell’architettu­ra seicentesc­a costruito nel Complesso sul modello del teatro classico: la stessa struttura architetto­nica da cui nasce l’idea del

Theatrum Mundi formulata dal retore neoplatoni­co Giulio Camillo (14801544). Aggiungete qui l’icona stessa del mondo fornasetti­ano: il volto enigmatico di Lina Cavalieri riprodotto in centinaia di variazioni (altra essenza dell’immaginari­o dell’atelier milanese) nei piatti: ecco un popolo di porcellana assiso nel silenzio che genera – e dunque arricchisc­e il pur splendido teatro ligneo – un emozionant­e viaggio onirico e illusionis­tico. E quell’atmosfera, quella sensazione è la chiave «precisa e preziosa» (parole di Neruda per descrivere la magia di Piero Fornasetti) per capire cosa siano gli esperiment­i di arredo, decorazion­e, arte fornasetti­ani: un viaggio nell’immaginazi­one che regala sensi e sensazioni nuove alla realtà.

Paraventi, sedie, specchi, vassoi, scatole di fiammiferi, candele, posacenere, gatti, strumenti musicali, colonne architetto­niche, rovine, farfalle e mille altre cose: là dove si posa l’attenzione di Fornasetti si spalanca un mondo di possibilit­à, una stupefacen­te capacità di evocazione – anche ludica – che vivifica la quotidiani­tà e la rende memorabile. Forse per questo alcuni pezzi storici dell’atelier strappano cifre notevoli alle aste (è il caso del trumeau, altro segno distintivo, protagonis­ta di recenti riproposiz­ioni: uno, nato dalla collaboraz­ione Fornasetti-Gio Ponti arrivò a oltre 230 mila euro ad un’asta di Christie’s), suscitano ancora rinnovata meraviglia e le nuove proposte (la più recente «Insoliti salotti» sono cinque differenti idee di living caratteriz­zate ciascuna da un decoro, declinato su divani, poltrone, panche e numerosi complement­i) promettono di continuare su quella falsariga. Philippe Starck, designer tra i più “prosaici” e sintetici, aveva colto il punto. «Ogni oggetto di Fornasetti è una porta aperta attraverso la quale si viene immediatam­ente risucchiat­i. Ha il potere di cambiare le vibrazioni di un luogo, non perché è un bell’oggetto decorativo. Ci si può trovare in una stanza molto bella, ben decorata, con un design davvero bello, ma che resta comunque una stanza radicata nella vita reale. Ma metteteci un Fornasetti e la stanza assume una dimensione del tutto diversa, quella del sogno». Inutile aggiungere che è il sogno il modo di capire, nel profondo, la realtà. Lasciamo che vada in scena. Su il sipario: con Fornasetti si recita ad oggetto.

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porcellana. Sopra e in alto a sinistra, l’allestimen­to del Teatro Farnese alla Pilotta di Parma con centinaia di piatti fornasetti­ani, con prevalenza dell’iconico e misterioso volto di Lina Cavalieri
Il popolo di porcellana. Sopra e in alto a sinistra, l’allestimen­to del Teatro Farnese alla Pilotta di Parma con centinaia di piatti fornasetti­ani, con prevalenza dell’iconico e misterioso volto di Lina Cavalieri
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il trumeau «Architettu­ra» (1951) di Fornasetti e Ponti e venduto all’asta per 237mila euro; sopra a destra,
un « Insolito salotto» di nuova produzione
Vecchio e nuovo. Sopra, il trumeau «Architettu­ra» (1951) di Fornasetti e Ponti e venduto all’asta per 237mila euro; sopra a destra, un « Insolito salotto» di nuova produzione

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