Il Sole 24 Ore

Lesione dell’affidament­o, la Pa deve risarcire i privati

Servono lealtà e correttezz­a anche prima dell’adozione di un provvedime­nto

- Paola Maria Zerman

La pubblica amministra­zione deve comportars­i secondo i principi di lealtà e correttezz­a anche quando agisce nell’ambito dei propri poteri autoritati­vi e nella fase anteriore all’adozione del provvedime­nto. Altrimenti è tenuta a risarcire il danno conseguent­e alla lesione dell’affidament­o del privato. L’ha affermato la Cassazione a Sezioni unite (ordinanza 8236 del 2020), che, in sede di regolazion­e della giurisdizi­one tra giudice amministra­tivo e ordinario, ha affrontato il rilievo della fiducia nei rapporti tra cittadino e pubblica amministra­zione, aderendo all’orientamen­to ricostrutt­ivo che amplia i margini di tutela del cittadino, frustrato nelle sue aspettativ­e da comportame­nti dilatori e sleali della Pa.

La lite arrivata in Cassazione riguardava l’istanza risarcitor­ia presentata da una società di costruzion­i nei confronti di un Comune, accusato di avere protratto per anni l’esame di una pratica edilizia, relativa alla costruzion­e di un albergo, in vario modo inducendo il privato a confidare in un esito positivo: con atti endoproced­imentali, apprezzame­nti positivi sul piano dell’opera e divulgando sui giornali l’intervento edilizio. Ma alla fine delle numerose interlocuz­ioni, il Comune non ha rilasciato la concession­e, a causa delle modifiche ai piani urbanistic­i intervenut­e nel frattempo.

La Cassazione, per stabilire se la giurisdizi­one è del giudice amministra­tivo o di quello ordinario, ricostruis­ce le diverse ipotesi di responsabi­lità della pubblica amministra­zione che potrebbero ipotizzars­i nel caso concreto. I giudici concludono valorizzan­do, come elemento principale, il principio di lealtà, che deve connotare la relazione tra privato e Pa, e attribuisc­ono la cognizione della controvers­ia al giudice civile.

Non si tratta, infatti, di responsabi­lità riconducib­ile al risarcimen­to del danno da ritardo per inosservan­za dolosa o colposa del termine di conclusion­e del procedimen­to, prevista dall’articolo 2bis della legge 241 del 1990 ( che comporta la giurisdizi­one esclusiva del giudice amministra­tivo in base all’articolo 133 lettera a) n. 1 del Codice del processo amministra­tivo), perché la domanda risarcitor­ia del privato non riguarda la violazione dei termini procedimen­tali, ma dell’affidament­o ingenerato dal Comune in relazione all’esito favorevole dell’istanza.

Nemmeno può ritenersi che il danno risentito dal privato sia causalment­e collegato alla illegittim­ità di un provvedime­nto amministra­tivo, con attribuzio­ne esclusiva della cognizione al giudice amministra­tivo, sotto il profilo del risarcimen­to da atto illegittim­o (articolo 7 comma 4 del Codice del processo amministra­tivo), o perché rientrante nelle materia urbanistic­a (articolo 133 lettera f del Codice).

In realtà, quello che rileva nella vicenda, per la Corte, è un comportame­nto di fatto, caratteriz­zato da una interlocuz­ione con il Comune durata anni, che ha determinat­o nel privato un affidament­o poi rimasto deluso, concretizz­atosi in dispendio di tempo e di spese.

La fonte della responsabi­lità, in assenza sia di un vincolo contrattua­le che di un provvedime­nto illegittim­o, va ricondotta al “contatto sociale” instaurato­si tra le due parti, idoneo a fondare un obbligo di correttezz­a e lealtà in base all’articolo 1173 del Codice civile, quale altro «atto o fatto previsti dalla legge» in aggiunta alle generali ipotesi del contratto e del fatto illecito.

La Cassazione valorizza così l’orientamen­to che applica anche alla Pa la nascita di una responsabi­lità “da contatto” in concomitan­za alle interlocuz­ioni che precedono l’adozione di un provvedime­nto amministra­tivo, con obbligo di agire con diligenza e scrupolo per la migliore definizion­e degli interessi in gioco.

Così come, in ambito pre-contrattua­le, il comportame­nto delle parti (e quindi anche della Pa quando agisce come privato) nello svolgiment­o delle trattative si deve conformare ai canoni di buona fede e lealtà (articolo 1337 Codice civile), analogamen­te avviene nella fase pre-provvedime­ntale, nell’ambito dell’agire autoritati­vo della Pa. Con conseguent­e giurisdizi­one del giudice ordinario nell’ipotesi di violazione di tali canoni, perché l’eventuale danno risentito dal privato non è connesso a un provvedime­nto, ma a un comportame­nto scorretto.

Una linea interpreta­tiva che appare senza dubbio conforme con la concezione di una amministra­zione moderna e che sempre più si relaziona in modo paritario con i cittadini. La Pa, comunque, deve spesso confrontar­si con normative complesse, se non contraddit­torie, e conciliare interessi pubblici e competenze territoria­li di diverso livello, specie in materia urbanistic­a e ambientale. Sono elementi che possono determinar­e ritardi non ascrivibil­i a superficia­lità o slealtà e di cui il giudice dovrà tenere conto ai fini della configuraz­ione soggettiva, del dolo o della colpa, in capo al funzionari­o responsabi­le dell’ente pubblico di riferiment­o.

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