Possibile convertire in servizi anche il premio di risultato
Le prestazioni devono riguardare tutti gli addetti o gruppi omogenei
I piani di welfare aziendale, grazie alla loro convenienza dal punto di vista fiscale e contributivo rispetto alle erogazioni in denaro, si sono dimostrati un efficiente, oltre che efficace, strumento a cui le imprese hanno fatto ricorso per fornire supporto socio-economico ai dipendenti e ai loro familiari sia durante le crisi economiche, sia nei momenti successivi.
La crisi del 2008 condusse allo sviluppo e alla diffusione del welfare aziendale, testimoniati dalle modifiche normative che si sono succedute dal 2015.
Sebbene nel nostro ordinamento non ci sia alcuna disposizione fiscale che fornisca una nozione di welfare aziendale, di fatto questo rappresenta l’insieme delle somme, dei valori, dei beni e dei servizi che un datore di lavoro può mettere a disposizione dei propri dipendenti per migliorare il loro benessere. Gran parte dei servizi, a determinate condizioni ed entro certi limiti, può essere erogata senza che l’azienda debba versare contributi previdenziali a suo carico e senza dover operare ritenute fiscali o contributive a carico dei dipendenti: questo rende i piani di welfare sistemi ancora più attraenti per entrambi gli attori.
Le previsioni agevolative per il welfare aziendale sono contenute nell’articolo 51 del Tuir, che se da un lato, al primo comma, introduce un concetto di onnicomprensività del reddito di lavoro dipendente e, quindi, un principio generale di assoggettabilità a imposizione fiscale di tutte le somme e i valori percepiti a qualunque titolo in relazione al rapporto di lavoro, dall’altra statuisce, al secondo e terzo comma, la non concorrenza totale o parziale alla formazione dal reddito di lavoro dipendente di una serie di somme, valori e servizi che, tipicamente, fanno parte del paniere a disposizione dei dipendenti nei piani di welfare.
La non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente delle somme, dei beni e dei servizi di welfare determina, a sua volta, anche la loro non imponibilità contributiva, posto che nel nostro ordinamento vige, salvo specifiche deroghe, un generale principio di armonizzazione delle base imponibile fiscale e di quella contributiva, in base a quanto previsto dal Dlgs 314/1997.
I paletti generali
In ogni caso, perché i piani di welfare possano beneficiare delle richiamate agevolazioni fiscali e contributive, non è sufficiente che si sostanzino nell’offerta ai dipendenti di somme, beni e servizi rientranti tra quelli previsti dal secondo e dal terzo comma dell’articolo 51 del Tuir, bensì che siano rivolti alla generalità o, quantomeno, a categorie omogenee di dipendenti e che, come l’Amministrazione finanziaria ha precisato in diverse occasioni, i piani di welfare non siano finanziati con somme già di spettanza dei dipendenti, fatta salva l’ipotesi di conversione del premio di risultato (legge 208/2015 e successive modifiche).
L’erogazione dei servizi di welfare può avvenire in diversi modi: sotto forma di rimborsi, di versamenti a casse sanitarie o fondi pensione, di acquisto diretto da parte del datore di lavoro, di voucher, di versamenti diretti sul conto corrente del lavoratore.