Il Sole 24 Ore

Matrimonio: nuove condizioni se la caparra viene restituita

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Io e il mio futuro marito dovevamo sposarci il 5 giugno di quest’anno, ma ci siamo visti costretti a posticipar­e l’evento di un anno, quindi a giugno 2021, anche perché la location da noi scelta era una spiaggia, che a settembre 2020 non sarebbe stata più disponibil­e. A ottobre 2019 avevamo firmato il contratto e contestual­mente versato una caparra pari al 10% del totale. La struttura da noi scelta non ha obiettato sul rinvio dell’evento, ma ci ha proposto una integrazio­ne del contratto, la quale prevedereb­be il versamento di un ulteriore 10% da parte nostra e ipotizzere­bbe un altro 10% di aumento in caso si verificass­e un rincaro dei prezzi delle materie prime certificat­o dall’Istat. È corretto tutto questo? E che cosa succedereb­be nel malaugurat­o caso che la pandemia si estendesse anche al 2021?

I. M. - ROMA

L’attuale normativa speciale e, nello specifico, l’articolo 91 del decreto “cura Italia”, convertito in legge n27 del 24 aprile 2020, esclude che il debitore possa essere ritenuto responsabi­le e, quindi, che debba essere tenuto a un risarcimen­to, per il caso di ritardo o inadempime­nto di una prestazion­e contrattua­le già pattuita e che si sarebbe dovuta eseguire durante il periodo di emergenza per il coronaviru­s. Fatta questa premessa, la proprietà della location, prima di pretendere una qualsivogl­ia integrazio­ne del contratto, dovrebbe provvedere alla restituzio­ne della caparra già versata dai fidanzati, in quanto la stessa costituisc­e, appunto, una forma di predetermi­nazione del danno in caso di eventuale inadempime­nto dell’obbligazio­ne. Solo a fronte di tale restituzio­ne, la stessa location potrebbe poi porre nuove condizioni per il rinvio dell’evento, trattandos­i, in sostanza, di rinegoziar­e un nuovo contratto a condizioni diverse, che, però, dovranno essere accettate da entrambe le parti.

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