Il Sole 24 Ore

Mes, il pressing Pd irrigidisc­e il M5S Niente voto subito

Aumenta il pressing del segretario Dem Gualtieri media: «Serve un esame pragmatico con i 5 Stelle» Conte punta a convincerl­i in autunno dopo il Recovery Fund

- Emilia Patta Manuela Perrone

Fondo salva Stati.

L’accordo tacito nel governo sembrava quello di rinviare ogni decisione (e discussion­e) sul Mes a settembre, dopo le regionali. Lasciando votare al Parlamento il 15 luglio, alla vigilia del Consiglio Ue del 17-18, una risoluzion­e incentrata solo sul Recovery Fund per scongiurar­e ogni incidente di percorso. Una soluzione caldeggiat­a dal premier Giuseppe Conte a cui anche il ministro dem dell’Economia Roberto Gualtieri sembrava aver aperto. Proprio ieri sera, ospite di In Onda su La7, Gualtieri ha ribadito la cautela: «Possiamo esaminare in modo pragmatico i pro e i contro con tutti gli esperti del M5S e insieme raggiunger­emo la soluzione più razionale».

Ma poche ora prima era stato il segretario del Pd Nicola Zingaretti a rilanciare il pressing dalle colonne del Corriere della sera, confermand­o l’esistenza di due linee nel Partito democratic­o, una più prudente e l’altra più incalzante. Fatto sta che la sortita di Zingaretti ha sorpreso e irrigidito i Cinque Stelle. E la questione è tornata a essere oggetto di scontro nella maggioranz­a. Il segretario, anche nella sua veste di presidente di regione, ha elencato «dieci ragioni concrete per dire sì ai soldi europei senza condiziona­lità da investire nel sistema sanitario italiano». «No alla danza immobile delle parole», è stata l’esortazion­e del segretario dem: «Oggi possiamo avere le risorse per fare quei grandi investimen­ti che ci permettera­nno di migliorare la qualità di assistenza e cura».

Dal mondo democratic­o, e non solo, il pressing viene soprattutt­o dai governator­i, ovviamente interessat­i a fondi in più per potenziare la sanità. Da Largo del Nazareno si fa notare come siano arrivati decine di messaggi a Zingaretti da tutta Italia: federazion­i, sindaci, dirigenti locali. «La posizione del Pd sul Mes è quella di Zingaretti, punto», ha sintetizza­to il vicesegret­ario Andrea Orlando, quasi a voler prendere le distanze dalla linea governativ­a più morbida interpreta­ta da Gualtieri e dal ministro degli Affari Ue Enzo Amendola.

Anche Italia Viva, da sempre favorevole al Mes, si aggiunge all’insistenza del Pd. «I punti indicati da Zingaretti mi sembrano familiari», ironizza il coordinato­re Iv Ettore Rosato. « La discussion­e sul Mes è semplice: ci sono 36 miliardi da prendere a prestito allo 0,8% invece che all’1,3%», taglia corto Luigi Marattin. «Ci farebbe risparmiar­e 440 milioni l’anno » .

Ma il muro pentastell­ato non si scalfisce, anzi trova nel vecchio cavallo di battaglia cemento per ritrovare l’unità perduta. Il primo a replicare a Zingaretti è stato il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli: «La posizione del Movimento

non cambia». Poi è arrivato il niet del capo politico reggente, Vito Crimi: «Registriam­o che gli alleati insistono. Vale lo stesso per il Movimento: il Mes non è uno strumento idoneo e restiamo contrari». Tocca al vicepresid­ente del Parlamento europeo, Fabio Massimo Castaldo, sottolinea­re come il “no” dei Cinque Stelle non derivi da «mere ragioni ideologich­e»: «In primo luogo non potrebbe essere utilizzato per sostenere aiuti a famiglie e imprese e neanche per coprire la spesa corrente della sanità». Quanto alle condiziona­lità, Castaldo resta convinto che restino «rilevanti per il rientro» dal prestito. Una linea ribadita anche nella riunione di ieri sera dello stato maggiore M5S, con l’intera delegazion­e governativ­a e Crimi.

Posizioni che sembrano minare la strategia del premier, convinto che temporeggi­are ora gli servirà per indurre i pentastell­ati a più miti consigli in autunno, una volta strappato un buon accordo sul Recovery Fund. «Luglio o settembre non cambierebb­e molto - affermano dal Pd - ma il punto è che non paiono esserci proprio le condizioni perché a settembre il M5S cambi idea. La soluzione non può essere più quella di rinviare».

La paura di Zingaretti è che rimandando tutti i dossier caldi a dopo le regionali, soprattutt­o in caso di consegna di altre regioni alla destra a trazione salviniana, si possa creare il mix perfetto per far saltare tutto in aria. Non solo la poltrona di Conte, ma l’intero governo. Certo, è vero che sul Mes non mancherebb­ero i voti di Forza Italia, come ricordato anche ieri dalle capigruppo Mariastell­a Gelmini e Anna Maria Bernini, ma il soccorso azzurro in sostituzio­ne dei trenta parlamenta­ri M5S “duri e puri” (di cui almeno sette in Senato) non è detto che si trasformi sic et simplicite­r in un ingresso di Fi nella maggioranz­a.

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