La Ue sui confini: aperture a 15 Stati, esclusi Usa e Russia
Il compromesso raggiunto prevede di rivedere la lista ogni 14 giorni
Salvo sorprese, i Ventisette dovrebbero approvare oggi il compromesso raggiunto la settimana scorsa e relativo alla riapertura delle frontiere esterne dell’Unione europea a una decina di Paesi terzi, sulla scia dello scemarsi dell’epidemia influenzale. Il negoziato diplomatico è stato lungo e accidentato, tante sono le variabili che i governi hanno dovuto prendere in conto. Una volta approvata la raccomandazione, l’impegno è vincolante da un punto di vista politico.
La lista comprende 14 paesi: Algeria, Australia, Canada, Georgia, Giappone, Montenegro, Marocco, Nuova- Zelanda, Rwanda, Serbia, Corea del Sud, Thailandia, Tunisia e Uruguay. A questi si aggiunge la Cina, nel caso dal Paese asiatico ci fosse reciprocità nei confronti dei cittadini comunitari. Esclusi sono gli Stati Uniti, il Brasile e la Russia. Secondo il compromesso, i Ventisette sarebbero chiamati a verificare la lista ogni 14 giorni.
Diplomatici a Bruxelles hanno negoziato in questi giorni un criterio epidemiologico con cui stabilire se aprire o meno le frontiere esterne a singoli Paesi terzi. Il parametro prevede che si possano aprire i confini con i Paesi che negli ultimi 14 giorni abbiano livelli epidemiologici simili a quelli europei. L’approvazione per procedura scritta, lanciata ieri, deve concludersi oggi. Le attese sono perché ci sia una maggioranza qualificata a favore del provvedimento.
« Vi sono state nel fine settimana discussioni con i Paesi tentennanti, perché l’astensione vale voto contrario » , spiegava ieri un diplomatico. Molti Paesi sono preoccupati per le conseguenze sanitarie e anche politiche ( per esempio: aprire i confini ai cinesi, ma tenendoli chiusi agli americani). Tutti i grandi Paesi – Germania, Francia e Spagna – avrebbero dato il loro assenso. Ieri sera era ancora incerta la posizione italiana. Danimarca e Irlanda non partecipano all’iter decisionale perché godono di esenzioni nel campo degli affari interni.
Sul tavolo è una raccomandazione. Le frontiere esterne dell’Unione sono comuni, ma vengono gestite in modo sovrano dai Paesi membri. Se approvato, l’accordo è quindi un impegno politico, non un obbligo giuridico. I governi potranno modificare la lista, ma tenendo presente i rischi, se dovessero aprire le frontiere a Paesi non inseriti nella lista. Il pericolo in questo caso è che per tutta risposta i partner europei reintroducano restrizioni alle frontiere interne della Zona Schengen, per evitare nuovi focolai infettivi.