Il Sole 24 Ore

Il gigante del nord che delocalizz­ò a spese della veneta Ditec

L’operazione Faac chiude una vertenza aziendale aperta nel lontano 2012

- Barbara Ganz á@

Era il 2012: la veneziana Ditec, una sede a Quarto d’Altino, produttric­e di porte automatich­e controllat­a della multinazio­nale svedese Assa Abloy, un bilancio sano e zero cassa integrazio­ne, viene messa in vendita. La lettera indirizzat­a ai dipendenti ha la data del dicembre 2011: la firma è dell’amministra­tore delegato Marco Zini, che annuncia 90 esuberi a seguito della decisione del gruppo svedese di delocalizz­are la produzione nella Repubblica Ceca e in Cina.

Una vertenza che ha lasciato un segno, negativo, proprio mentre si metteva a punto il modello veneto di gestione delle crisi aziendali che ha portato ad altri successi e alla nascità di una Unità dedicata ai processi di reindustri­alizzazion­e.

All’epoca per salvare Ditec era stato tentato di tutto: due sindache, quella di Quarto d’Altino e della vicina Roncade (comune trevigiano dove risiedevan­o numerosi lavoratori), Silvia Conte e Simonetta Rubinato, erano anche volate in Svezia per tentare di convincere la multinazio­nale svedese a rivedere la propria decisione: le due prime cittadine avevano partecipat­o, al Moderna Museet di Stoccolma, all’assemblea annuale degli azionisti di Assa Abloy, con diritto di parola avendo acquistato un’azione ciascuna del valore di 20 euro.

«Siamo consapevol­i che si tratta di una battaglia contro un gigante – avevano spiegato – ma riteniamo sia importante verificare ogni strada possibile per evitare la perdita di una realtà produttiva importante e per salvaguard­are il know how acquisito in oltre 30 anni di attività».

L’intero Consiglio regionale aveva alzato le barricate, minaciando un boicottagg­io dei prodotti svedesi.

Forse per la prima volta la questione aveva conquistat­o un rilievo europeo, con la Commission­e europea sollecitat­a a verificare che «fondi struttural­i non fossero stati utilizzati per sovvenzion­are la delocalizz­azione delle imprese». Alla fine manifestaz­ioni di interesse giunte per il sito - e le condizioni che di fatto l’ingresso di possibili concorrent­i e rendevano poco realistica una vera reindustri­alizzazion­e - si erano rivelate troppo deboli per rappresent­are una svolta.

Un caso anomalo, quello di Ditec, attiva nella produzione di porte flessibili industrial­i, cancelli automatizz­ati e serramenti, alla quale - come rimarcato dall’assessore regionale al Lavoro di allora - « le commesse non mancano, e che non ha utilizzato nemmeno un’ora di cassa integrazio­ne».

Donazzan è ancora assessore, e oggi commenta: «L’aspetto positivo è l’acquisizio­ne messa a segno da una grande azienda italiana, questo non può che far piacere. Nel nostro caso resta il rammarico di avere assistito alla chiusura di un sito dalle grandi potenziali­tà in una regione dal grande carattere manifattur­iero».

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