Wirecard, Berlino prepara la stretta sulle quotate
In Italia coinvolte 325mila carte: migrazione lampo a cura di SisalPay/Banca5
Stretta sulla supervisione delle società quotate al Dax, più controlli nell’attività dei revisori dei conti e maggiori poteri investigativi dell’autorità di vigilanza per i mercati finanziari e per le banche non significative. Sono questi i primi interventi nel cantiere delle riforme per la piazza finanziaria in Germania, aperto dopo il collasso di Wirecard, colosso fintech con sede a Monaco di Baviera e fornitore di servizi di pagamento elettronici in tutto il mondo crollato per un “buco” da 1,9 miliardi. Il ministero federale delle Finanze intende potenziare gli interventi di Bafin, Deutsche Börse rivedrà le regole di ammissione all’indice Dax delle 30 blue chip (del quale
Wirecard fa parte dal 2018) e il ministero federale di giustizia ha deciso di terminare il contratto di collaborazione con DPR-FREP, ente privato che finora ha controllato i revisori dei conti tramite la autoregolamentazione, al fianco della supervisione da parte del settore pubblico.
Intanto le prime scosse del terremoto Wirecard sono arrivate in Italia. Sono almeno 325.000 la carte di debito prepagate emesse in Italia dal gigante di servizi finanziari e bloccate, per un controvalore superiore a 20 milioni, dopo lo stop all’operatività in tutto il mondo imposto dall’autorità di vigilanza inglese Fca alla fintech tedesca finita nell’occhio del ciclone per l’ipotesi di falso in bilancio. SisalPay per l’Italia si è fatta carico di garantire le somme congelate. «Nonostante la totale assenza di responsabilità, in meno di 24 ore e con il pieno supporto degli azionisti CVC Capital Partners e Banca 5 (Intesa San Paolo), abbiamo finalizzato un piano per la gestione della crisi Wirecard, assumendoci direttamente l’onere finanziario e facendoci carico di restituire immediatamente le somme di denaro congela late», ha reso noto la società in una nota diramata ieri riferendosi ai 325.000 cittadini in Italia che si sono ritrovati improvvisamente con una carta completamente bloccata.
Il crac Wirecard, scoppiato per una presunta frode nelle Filippine - dove non si è trovata traccia dei conti correnti presumibilmente aperti da Wirecard in due banche e il cui saldo da 1,9 miliardi risulta per ora inesistente - ha travolto soprattutto il sistema dei controlli in Germania e dunque l’affidabilità e la reputazione della piazza finanziaria tedesca. Per questo il governo federale di Berlino, in imbarazzo perché dal primo luglio assumerà la presidenza del Consiglio europeo (si veda altro articolo a pag.)si sta muovendo rapidamente nella direzione di una stretta nella vigilanza e nella supervisione. Due ministeri sono già sul piede di guerra: le Finanze per quanto riguarda l’aumento dei poteri investigativi di BaFin e la Giustizia pronta a smantellare parziale autoregolamentazione dei revisori dei conti, sorvegliati da un ente privato, il Financial Reporting Enforcement Panel (FREP) operativo dal 2005 e impegnato a garantire «standard contabili di livello elevato, altamente professionali, con la massima integrità, indipendenza ed eccellenza». Il ministero ha chiuso il contratto con FREP. La società di supervisione Ernst&Young è sulla graticola per aver certificato per anni i bilanci di Wirecard e di essersi rifiutata di mettere il suo sigillo solo al bilancio 2019: l’opacità delle transazioni in Asia e in Medio Oriente di Wirecard e il sospetto di attività fraudolente è stato denunciato per anni da azionisti, stakeholders e dal giornalismo investigativo, soprattutto dal Financial Times. Intanto il titolo Wirecard alla Borsa di Francoforte ieri ha chiuso a 3,22 euro con un rialzo del 126%, dopo il picco +216% oltre quota 4 euro, sull’interesse manifestato da alcuni grandi player del mondo fintech nel rilevare alcune attività di Wirecard.