Imprese e migranti, l’Italia riprende l’iniziativa in Libia
Giovedì a Roma si modifica il memorandum su guardia costiera e immigrazione Si lavora al ritorno delle aziende italiane, al centro il nodo dei crediti inevasi
Dopo mesi di lontananza (e qualche incomprensione) durante le fasi più critiche della guerra contro l’esercito dell’Est, il Governo di accordo nazionale di Tripoli guidato da Fayez al Serraj torna a guardare con speranza e fiducia al ruolo dell’Italia in Libia.
Con una rapidità davvero insolita per i tempi mediorientali, giovedì prossimo a Roma si riunirà la commissione mista per modificare il memorandum su immigrazione e guardia costiera tenendo presenti le richieste italiane volte a tutelare i diritti umani. Lo ha confermato sabato scorso a Roma lo stesso Serraj in un incontro con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. I due leader «hanno ribadito la convinzione che la soluzione non può essere affidata al piano militare, ma esclusivamente a un impegno comune per il rilancio del processo politico per la stabilizzazione del Paese » . Serraj ha apprezzato il ruolo dell’Italia che ha inviato un primo gruppo di artificieri del Genio (altri ne arriveranno a breve) per bonificare le aree intorno a Tripoli dalle mine lasciate dalle truppe di Haftar.
C’è, in altre parole, «molta voglia di Italia a Tripoli» anche in funzione di alternativa a un’egemonia turca che con molta rapidità sta sostituendo le forniture militari (che hanno consentito di avere ragione sull’assedio di Haftar) con ruspe e trivelle per il business del futuro. Ma dopo l’incontro di Roma fra Conte e Serraj, il Governo di accordo nazionale ha informato che i due capi di Governo «hanno concordato di formare una commissione incaricata di seguire la ripresa delle attività delle imprese italiane in Libia». Libia » . Nelle prossime settimane verrà infatti avviato un comitato economico per sciogliere i nodi dei crediti storici inevasi (circa 320 milioni di dollari) vantati da aziende italiane e quelli più recenti dopo la caduta di Gheddafi nel 2011. Il comitato dovrà anche riprendere la collaborazione economica, a cominciare dalle imprese miste che vedono coinvolte Leonardo, Iveco e Impregilo e la ripresa dei lavori dell’autostrada litoranea del vecchio accordo di amicizia e cooperazione Berlusconi-Gheddafi. La tratta che parte da Est è stata già appaltata e si potrebbe cominciare a lavorare mentre per la parte Ovest a Tripoli occorrerà prima indire una gara.
Riprenderanno invece a breve i lavori da parte del consorzio italiano Aeneas per la costruzione dei due terminal nazionale e internazionale dell’aeroporto di Tripoli campo di battaglia nel 2014 tra le forze di Misurata e Zintan. I lavori per un investimento complessivo di 79 milioni di euro dovrebbero essere consegnati nel febbraio prossimo.
Il problema più assillante per i libici oggi è però la riapertura dei pozzi chiusi da Haftar, da cui dipende la sopravvivenza economica del Paese. Il presidente della Noc, Mustafa
Sanalla, sta cercando una soluzione pacifica per evitare perdite mensili dell’ordine di 2 miliardi di euro per la produzione, crollata da 1,2 milioni di barili al giorno a 80mila. Negli ultimi giorni gli Stati Uniti stanno svolgendo un ruolo di facilitatore per arrivare alla riapertura dei pozzi, premessa per una pacificazione del Paese.
La Noc ha confermato che «nelle ultime settimane ci sono stati negoziati fra il governo di Tripoli, la stessa compagna petrolifera nazionale libica e imprecisati Paesi della regione, sotto la supervisione delle Nazioni Unite e degli Usa», per porre fine al blocco delle esportazioni di petrolio dalla Libia. La compagnia si definisce inoltre «determinata» a raggiungere un’intesa «che garantisca trasparenza» ed equa distribuzione dei proventi della vendita del greggio. Fa ben sperare il cambio di linguaggio di influenti capi tribù dell’Est che per la prima volta parlano di «garantire il bene del popolo libico». Un accordo che indurrebbe i russi della Wagner ad abbandonare il campo di Sharara, uno dei più grandi nel Sud-Ovest libico, non distante dal giacimento El Feel gestito dall’Eni, scongiurando il rischio di un conflitto russo-turco per Sirte.
Questo anche se continua la guerra di propaganda con qualche azione militare come quella dell’aviazione del generale Khalifa Haftar che avrebbe condotto raid aerei contro milizie del governo libico a ovest di Sirte. Ma da Tripoli si ricorda che la liberazione di Sirte e della zona di Al Jufra dai mercenari russi e dai gruppi criminali « è diventata più urgente che mai e siamo determinati a realizzarla » .