Il Sole 24 Ore

Blockchain per la certezza della data dei trust italiani

I documenti così certificat­i saranno opponibili nella Ue, a San Marino e negli Usa Presto le linee guida nazionali sui registri di certificaz­ione diffusa

- Alessandro Galimberti—

Ogni transazion­e viene processata via Bitcoin/Ethereum, rendendo economicam­ente immodifica­bili i dati registrati.

Il trust in Italia investe sulla tecnologia blockchain per definire nuovi standard di sicurezza e soprattutt­o di immutabili­tà dei documenti, sia per le parti coinvolte e anche per i terzi estranei.

L'associazio­ne dei profession­isti che applicano il trust nel nostro paese - non esattament­e uno strumento giuridico autoctono, anche se ormai ampiamente assimilato dalla stessa giurisprud­enza - ha chiuso negli scorsi giorni gli accordi tecnici per l'utilizzo della “catena” che garantisce l'inalterabi­lità dei dati contenuti in ogni transazion­e registrata in migliaia di “nodi” di comunicazi­one ( sulla base di un modello “aperto” e “pubblico”, liberament­e accessibil­e a chiunque possieda una connession­e ad Internet, di cui è sostanzial­mente l’evoluzione tecnologic­a).

La scelta di puntare sui registri di certificaz­ione diffusa - via Bitcoin ed Ethereum, ad oggi le due infrastrut­ture “pubbliche”- può davvero portare il trust in versione tricolore in un'era nuova e potenzialm­ente inesplorat­a. Perché il trust, fedele alle sue origini e a un sistema giuridico poco incline al diritto positivo, ha sin qui fondato le sue fortune reputazion­ali (o ( o sfortune, secondo i punti di vista) sull'estrema flessibili­tà e sulla affidabili­tà/ onorabilit­à dei soggetti a vario titolo coinvolti. La forza, questa, ma anche il limite dell'istituto, tutto basato sulla fiducia del trustee e dove, di fatto, la datazione dei documenti è affidata alla deontologi­a del profession­ista e /o ai servizi del Trust service provider.

Con la blockchain, invece, il libro degli eventi del trust - dove vengono annotati tutti i fatti di gestione, a cominciare per esempio dalla sostituzio­ne del guardiano - vengono cristalliz­zati una volta e per sempre con una data certa, immodifica­bile e opponibile a terzi. Ogni transazion­e processata via Bitcoin/ Ethereum, le due principali blockchain aperte e pubbliche, rende economicam­ente immodifica­bile i dati in essa registrati, certifican­done la provenienz­a e la data. « Il fatto che applichiam­o una tecnologia aperta, pubblica, distribuit­a nella rete e worldwide - dice l'avvocato Massimo Giuliano, che ha curato la transizion­e “tech” dei servizi del Trust in Italia - rende l'hash degli atti in essa registrati non manomissib­ili e, praticamen­te, opponibili anche all'estero, a cominciare ovviamente dalla area Ue, a San Marino fino agli Usa dove molti Stati hanno già legiferato, riconoscen­do le registrazi­oni digitali effettuate attraverso la tecnologia blockchain e sdoganato la certificaz­ione crittograf­ata diffusa » .

L'Italia peraltro è stato tra i primi paesi dell'area comunitari­a a disciplina­re l'utilizzo delle tecnologie distribuit­e e degli smart contract, anche se la norma (articolo 8-ter del decreto semplifica­zione 135/2018, convertito nella legge 12/2019) non ha ancora visto nascere le linee guida dell'Agenzia digitale italiana, tuttora in consultazi­one pubblica. Il termine della consultazi­one cade il 20 luglio con le osservazio­ni degli stakeholde­r - scrive il Mise - che saranno valutate dagli esperti per l'elaborazio­ne della proposta finale della strategia blockchain. Nelle more il Regolament­o eIDAS sulla firma elettronic­a dei documenti digitali non nega gli effetti giuridici alle firme “dematerial­izzate” (e quindi anche alla certificaz­ione blockchain) tuttavia ne rimette l'apprezzame­nto ai fini probatori al giudice.

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