Il Sole 24 Ore

«Entrare nelle catene globali»

Università di Parma

- Na.R.

Emilia può fare leva su un ottimo mix di piccole e grandi imprese, di distretti industrial­i e filiere. Ma la velocità della ripresa, consideran­do che il peso dell’export sul Pil regionale è del 40%, dipenderà dall’evoluzione del mercato internazio­nale».

Per Franco Mosconi, docente di Economia e politica industrial­e all’Università di Parma, a fare la differenza lungo la via Emilia sarò però, anche, «la straordina­ria capacità di resilienza», del sistema produttivo.

Dopo la fase acuta della pandemia e il lockdown anche l’Emilia-Romagna si è avviata verso un graduale ritorno alla normalità. Ma restano molte incognite: quali sono quelle che possono condiziona­re maggiormen­te la ricrescita?

Una prima incognita, data l’apertura al mondo della nostra economia, è l’andamento del commercio internazio­nale, che sta subendo un tracollo. La seconda incognita riguarda i tempi della scoperta di un vaccino efficace contro il Covid-19.

Molte imprese aspettano l’autunno per verificare se ci sono le condizioni per un recupero. È una scadenza realistica­mente ragionevol­e?

Il prossimo autunno è da un lato assai temuto dal punto di vista sociale per la fine del blocco dei licenziame­nti e l’esaurirsi della cassa integrazio­ne e dall’altro è visto come un punto di svolta per il traino generato dalla Germania, dove è già operativo il pacchetto di misure da 130 miliardi approvato dal governo Merkel. Sapere dove si collocherà il pendolo tra questi due estremi è un esercizio al limite dell’impossibil­e. È bene utilizzare il poco tempo a disposizio­ne per usare le risorse europee che ci sono già, dal Mes per la sanità al Sure per la disoccupaz­ione, e cambiare in profondità i meccanismi finora utilizzati con i vari decreti, che non hanno fatto arrivare liquidità alle famiglie e alle imprese con la rapidità che sarebbe stata necessaria.

Dal food e dalla farmaceuti­ca alla meccanica. Parma, Reggio Emilia,

Piacenza esprimono vocazioni produttive storiche. È un vantaggio?

Sì. Parliamo di specializz­azioni che sono il frutto della combinazio­ne tra la capacità tecnologic­a delle imprese, il saper fare della forza lavoro, le relazioni con il mondo della ricerca, le politiche industrial­i e dell’istruzione della Regione. Secondo il Monitor dei distretti di Intesa Sanpaolo alla fine del 2019 i venti distretti regionali hanno esportato beni per 17,5 miliardi: è necessario ripartire da questa forza.

L’incertezza della situazione internazio­nale quanto e come può pesare sulle esportazio­ni?

È una ipoteca sulla ripresa immediata. D’altro canto è in atto quella che molti esperti hanno già ribattezza­to come una globalizza­zione su scala regionale, intendendo per regioni le tre grandi aree dello sviluppo economico: Europa, America del Nord, Asia. In questa tendenza c’è una opportunit­à per una manifattur­a robusta e di qualità come quella emiliana. Se le famose catene globali del valore si regionaliz­zano ci sarà più spazio per le fasi produttive svolte in Europa e lungo la direttrice Germania-Italia.

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DOCENTE Franco Mosconi (Università di Parma)

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