SE CONTE VA A MANI VUOTE AL SUMMIT UE
La telefonata di ieri con la Merkel arriva a pochi giorni dal botta e risposta sul Mes e per Conte è stata l’occasione di preparare un terreno più favorevole per il Consiglio europeo straordinario del 17- 18 luglio in cui si cercherà la stretta in vista dell’accordo sulle risorse europee. Il punto però è con quali carte si presenta l’Italia a quel vertice. Al momento il premier è a mani vuote. Nel senso che il Governo dopo aver messo su la task force di Colao e aver impegnato 9 giorni sugli Stati generali - dove sono stati invitati anche i vertici Ue - si ritrova al punto di prima, quello in cui Pd e 5 Stelle duellavano sull’utilizzo o meno del prestito di 37 miliardi come accadeva più o meno nella Fase 1 e 2 ( anche se prima voci critiche venivano pure dai Dem).
Non c’è infatti ancora un assaggio di quello che potrà essere il piano di “rinascita” - come lo chiamò il premier - e pure il Pnr, cioè il piano nazionale delle riforme che ogni anno va presentato a Bruxelles, si è perso nelle nebbie. In sostanza, questa che doveva essere la fase 3 per stringere su alcune proposte, si sta trasformando nell’ora della polemica o delle idee che evaporano in pochi giorni. Solo la scorsa settimana il fronte di scontro era il taglio dell’Iva su cui Conte sembrava irremovibile e oggi nel question time chiarirà il suo punto di vista, forse, stando più attento a non creare nuove tensioni. Poi, lo stesso copione si è riproposto con le divisioni sul Mes, utili più per marcare le rispettive identità politiche che per l’intenzione di affrontare davvero e subito il tema delle spese sanitarie dirette o indirette ed eventualmente farlo usando i finanziamenti europei a tassi vicini allo zero.
Il punto è che sia il taglio delle aliquote che i duelli sul prestito Ue non hanno ben disposto gli altri Paesi dell’Ue e innanzitutto quelli - i cosiddetti “frugali” - con cui sarà più difficile portare avanti la trattativa sulle risorse a fondo perduto.
Per questa ragione il vertice di maggioranza di ieri sul Dl Semplificazione aveva un’importanza sostanziale in vista del prossimo Consiglio europeo. Portarlo a casa superando le ostilità nella coalizione sarebbe infatti il primo risultato concreto fatto in funzione della ripresa economica, guardando a una fase di rilancio e non solo di emergenza come è accaduto finora. Il premier ha un assoluto bisogno di portare a quell'appuntamento del summit Ue qualcosa in più e di diverso rispetto a soldi spesi in debito per tamponare la crisi sociale, finanziare la cassa integrazione e prorogare il blocco dei licenziamenti.
E se per il premier galleggiare è diventata una tattica necessaria e indispensabile per gestire le spaccature dei 5 – ma adesso è mal tollerata pure da Zingaretti – è invece una zavorra nel negoziato che ha davanti con Bruxelles. Perfino il capo dello Stato nelle scorse settimane lo ha invitato alla “concretezza” il che vuol dire che l’impasse sta diventando un ostacolo su quei tavoli Ue da cui dipende la nostra ripresa. È vero che l’Europa è stata la madrina di battesimo del Conte II ma non farà sconti al Governo quando si tratterà di decidere su risorse a fondo perduto.