Il Sole 24 Ore

SE CONTE VA A MANI VUOTE AL SUMMIT UE

- Di Lina Palmerini

La telefonata di ieri con la Merkel arriva a pochi giorni dal botta e risposta sul Mes e per Conte è stata l’occasione di preparare un terreno più favorevole per il Consiglio europeo straordina­rio del 17- 18 luglio in cui si cercherà la stretta in vista dell’accordo sulle risorse europee. Il punto però è con quali carte si presenta l’Italia a quel vertice. Al momento il premier è a mani vuote. Nel senso che il Governo dopo aver messo su la task force di Colao e aver impegnato 9 giorni sugli Stati generali - dove sono stati invitati anche i vertici Ue - si ritrova al punto di prima, quello in cui Pd e 5 Stelle duellavano sull’utilizzo o meno del prestito di 37 miliardi come accadeva più o meno nella Fase 1 e 2 ( anche se prima voci critiche venivano pure dai Dem).

Non c’è infatti ancora un assaggio di quello che potrà essere il piano di “rinascita” - come lo chiamò il premier - e pure il Pnr, cioè il piano nazionale delle riforme che ogni anno va presentato a Bruxelles, si è perso nelle nebbie. In sostanza, questa che doveva essere la fase 3 per stringere su alcune proposte, si sta trasforman­do nell’ora della polemica o delle idee che evaporano in pochi giorni. Solo la scorsa settimana il fronte di scontro era il taglio dell’Iva su cui Conte sembrava irremovibi­le e oggi nel question time chiarirà il suo punto di vista, forse, stando più attento a non creare nuove tensioni. Poi, lo stesso copione si è riproposto con le divisioni sul Mes, utili più per marcare le rispettive identità politiche che per l’intenzione di affrontare davvero e subito il tema delle spese sanitarie dirette o indirette ed eventualme­nte farlo usando i finanziame­nti europei a tassi vicini allo zero.

Il punto è che sia il taglio delle aliquote che i duelli sul prestito Ue non hanno ben disposto gli altri Paesi dell’Ue e innanzitut­to quelli - i cosiddetti “frugali” - con cui sarà più difficile portare avanti la trattativa sulle risorse a fondo perduto.

Per questa ragione il vertice di maggioranz­a di ieri sul Dl Semplifica­zione aveva un’importanza sostanzial­e in vista del prossimo Consiglio europeo. Portarlo a casa superando le ostilità nella coalizione sarebbe infatti il primo risultato concreto fatto in funzione della ripresa economica, guardando a una fase di rilancio e non solo di emergenza come è accaduto finora. Il premier ha un assoluto bisogno di portare a quell'appuntamen­to del summit Ue qualcosa in più e di diverso rispetto a soldi spesi in debito per tamponare la crisi sociale, finanziare la cassa integrazio­ne e prorogare il blocco dei licenziame­nti.

E se per il premier galleggiar­e è diventata una tattica necessaria e indispensa­bile per gestire le spaccature dei 5 – ma adesso è mal tollerata pure da Zingaretti – è invece una zavorra nel negoziato che ha davanti con Bruxelles. Perfino il capo dello Stato nelle scorse settimane lo ha invitato alla “concretezz­a” il che vuol dire che l’impasse sta diventando un ostacolo su quei tavoli Ue da cui dipende la nostra ripresa. È vero che l’Europa è stata la madrina di battesimo del Conte II ma non farà sconti al Governo quando si tratterà di decidere su risorse a fondo perduto.

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