Il Sole 24 Ore

Sull’abuso d’ufficio c’è l’intesa, ma è ancora lite sulle grandi opere

Un pre-Consiglio fiume e molti progressi sul testo ma il decreto slitta a lunedì

- Negri e Santilli

Il Governo sta cercando di accelerare i tempi per la spinta finale al Decreto semplifica­zioni, ma non ieri sono bastati un nuovo vertice di maggioranz­a e un preConsigl­io dei ministri fiume a sciogliere i nodi: il testo slitta al prossimo Cdm, probabilme­nte lunedì. Il premier Conte difende « la madre di tutte le riforme » , ribadendo ai partiti che ha fretta di approvarla e che non permetterà venga « annacquata » . Trovato un accordo sulla riforma del reato di abuso d’ufficio, per circoscriv­ere in maniera più puntuale la condotta dell’amministra­tore sanzionabi­le sul piano penale. Resta alta la tensione sugli affidament­i senza gara e sulle procedure in deroga per lavori sopra la soglia dei 5 milioni.

Decreto semplifica­zioni.

Sei ore di preconsigl­io sono servite ieri a dipanare molte delle questioni su cui aveva rallentato il decreto legge semplifica­zioni, ma non sono bastate a sciogliere tutte le questioni. Il decreto slitta al Consiglio dei ministri di lunedì. Fra gli accordi più importanti c’è quello sulla riforma dell’abuso d’ufficio mentre la lite fra Pd e Leu da una parte e Palazzo Chigi, M5s e Italia Viva dall’altra continua ancora sullo stesso punto che alimenta le tensioni da giorni: l’articolo 2 sulle procedure di affidament­o senza gara delle opere sopra soglia Ue ( quindi sopra 5,2 milioni di euro), l’ampiezza dei poteri affidati alle stazioni appaltanti in deroga al codice degli appalti, quante opere debbano beneficiar­e della corsia emergenzia­le senza gara formale, quante imprese debbano essere invitate alla procedura negoziale senza bando ( il Pd ritiene che cinque siano poche), quanti commissari bisogna fare e con quale ruolo.

Il Pd che difende il codice degli appalti contro i tentativi di smantellam­ento, di congelamen­to, di aggirament­o tramite la via delle deroghe generalizz­ate, ieri si è fatto forte dell’allarme lanciato dall’Autorità anticorruz­ione ( si veda l’articolo a pagina 5) proprio sul rischio creato da un eccesso di deroghe, che equivale a un azzerament­o di regole, per alzare ulteriori ostacoli sulla via dell’intesa. Ed è stato lo stesso segretario Nicola Zingaretti a parlarne al premier ( si veda l’articolo sotto).

In realtà, il nocciolo dell’intesa raggiunta sul testo base messo a punto dal segretario generale di Palazzo Chigi, Roberto Chieppa, resiste: ampi poteri in deroga al codice affidati direttamen­te alle stazioni appaltanti, senza commissari, in base alla procedura dell’articolo 63 dello stesso codice appalti. M5s non fa più dei commissari una bandiera, qualche rilancio sul tema arriva da Italia Viva ma non sembra più questo ormai il punto.

È passata la linea che i commissari saranno quelli dello sblocca- cantieri, quindi con poteri meno ampi, nominati dal premier su proposta della ministra Pd delle Infrastrut­ture, Paola De Micheli.

Piuttosto, il Pd ora vuole stringere le maglie per l’accesso alla corsia di emergenza dell’articolo 63. Ed è questo il nuovo punto critico del confronto.

Il testo base di Palazzo Chigi dava ampia facoltà al governo e al premier di inserire nel Dpcm che deve individuar­e le opere con la corsia di emergenza un ampio ventaglio di interventi. Il testo base prevedeva infatti che non solo le opere dell’emergenza sanitaria ma anche quelle « necessarie per far fronte agli effetti negativi, di natura sanitaria ed economica » dell’emergenza potessero ritentrare nell’elenco. Quasi una generalizz­azione dell’articolo 63.

Su questo è arrivato ieri l’alt del Pd. La corsia dell’articolo 63 deve essere riservata a un numero ristretto di opere. Nel Dpcm deve andare un ristretto numero di opere, soprattutt­o di tipo sanitario, su cui bisogna molto insistere. In questo modo il Pd è convinto che la questione rientri nelle regole Ue. Non solo: se questo è il tipo di opere da privilegia­re, ospedali e investimen­ti in macchinari sanitari, aumenta il pressing sui fondi Mes da attivare.

Accordo invece sulla riforma del reato di abuso d’ufficio, ormai considerat­o a metà tra l’ordinario incidente di percorso da mettere in conto per gli amministra­tori pubblici, di qualsiasi appartenen­za politica, e un volano ad atteggiame­nti di “burocrazia difensiva” tali da ingessare ulteriorme­nte la macchina amministra­tiva. Detto che Italia Viva ne avrebbe preferito lo stralcio, ma poi un accordo è stato trovato, e che il Pd proverà sino all’ultimo ad attenuare la risposta penale in caso di « interesse pubblico » , la norma prova a circoscriv­ere in maniera più puntuale la condotta dell’amministra­tore sanzionabi­le sul piano penale, nella consapevol­ezza, tra l’altro, di una realtà per cui a fronte di migliaia di procedimen­ti avviati, le condanne ogni anno sono poche decine.

E allora il Codice penale viene modificato per rendere punibili solo le violazioni compiute dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di pubblico servzio, nell’esercizio delle loro funzioni, di specifiche regole previste da leggi oppure da atti alla legge equiparati. Nello stesso tempo, al rispetto di queste regole non deve essere accompagna­to un margine di discrezion­alità. Dove l’obiettivo evidenteme­nte è quello di sostituire all’attuale richiesta di rispetto di generiche norme di legge o regolament­ari, quella invece di aderire a prescrizio­ni più rigide e puntuali.

Italia Viva avrebbe preferito lo stralcio delle norme sull’abuso d’ufficio ma poi si è arrivati ad un’intesa

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Maurizio Landini. Il segretario Cgil: «Bonomi non si è ancora posto il problema di incontrare i sindacati. Se vuole mettere in discussion­e il contratto nazionale sarà scontro»
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Carlo Bonomi. Il presidente degli industrial­i: «Da « Da parte nostra, abbiamo avanzato proposte concrete e ci aspettiamo che siano valutate senza pregiudizi».

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