Conte incontra Zingaretti, siglata la tregua
Il premier: «Convergenza piena». E rilancia le alleanze Pd-M5S alle regionali
La tregua tra Giuseppe Conte e Nicola Zingaretti viene siglata nel pomeriggio di ieri, quando il segretario dem che da giorni esorta il premier alla «concretezza» varca il portone di Palazzo Chigi. Poco più di un’ora di colloquio, salutato da Conte, che prima ha rilanciato in pubblico l’alleanza Pd-M5S alle regionali («Non farla sarebbe una sconfitta per tutti»), come la prova di «piena convergenza sul decreto semplificazioni da portare presto in Cdm. La pensiamo allo stesso modo - aggiunge il presidente del Consiglio -: bisogna correre». Ma dal Pd i toni sono meno entusiasti: c’è stato «un positivo incontro di chiarimento dopo le incomprensioni», spiegano da Largo del Nazareno. E fanno recapitare di nuovo un invito ad agire: «Il governo ha la forza per decidere e fare le cose. Il Pd è il primo sostenitore della sburocratizzazione dello Stato». Poi il segnale di apprezzamento per le parole di Conte sulle regionali: «Rispettando le autonomie dei territori è giusto provare a costruire progetti unitari e condivisi nelle regioni».
Dietro l’apparente comunione d’intenti, restano i nodi sul decreto irrisolti anche al nuovo vertice di maggioranza di ieri mattina, tanto che il preconsiglio dura sei ore e il Consiglio dei ministri potrebbe slittare a lunedì. Il Pd, presente con Orlando, Braga, Mirabelli e Madia, insiste per rivedere le procedure semplificate sopra soglia per evitare il rischio infiltrazioni e per restare nell’alveo delle indicazioni europee sugli appalti, secondo cui «devono essere strettamente legati all’emergenza Covid» (un modo per spingere all’uso del Mes?). Italia Viva, con Bellanova e Faraone, chiede che l’elenco delle opere strategiche da sbloccare sia presentato contestualmente al decreto. Il M5S, con Bonafede e Cancelleri, si accontenta delle stazioni appaltanti con ampi poteri di deroga e incassa la riforma dell’abuso d’ufficio che, secondo i maligni, serve a “salvare” le sindache Raggi e Appendino. Norma di cui si discute animatamente: alla fine il reato viene sì circoscritto alla violazione di specifiche regole di condotta, ma si precisa che conta «l’aver agito per fare l’interesse pubblico», come riferisce Mirabelli.
In sintesi: la diffidenza resta. All’incontro con Conte Zingaretti arriva quasi infuriato: non ci sta allo scaricabarile dell’immobilismo sui partiti, a un Pd che rischia di passare per «frenatore» ed è su questo che insiste con Conte, sulla necessità di «stringere i bulloni» e chiudere i dossier. Anche per non presentarsi a mani vuote alle regionali di settembre, in vista delle quali le alleanze vanno comunque a rilento. In Liguria sul candidato ancora non si chiude e in Campania i Cinque Stelle insistono: mai con De Luca.
Come se non bastasse, il Pd riaccende le polveri della legge elettorale. Il capogruppo alla Camera Graziano Delrio chiede e ottiene la calendarizzazione per il 27 luglio: «L’accordo di maggioranza prevedeva che il taglio dei parlamentari sarebbe stato accompagnato dalla modifica della legge elettorale per evitare squilibri istituzionali. I patti vanno rispettati». Ma l’intesa su un proporzionale con soglia di sbarramento al 5% adesso per Iv è improponibile. E in ogni caso il cammino del testo parte in salita, vista l’incognita dei voti segreti e il rischio ingorgo in Parlamento. E i renziani frenano, con il coordinatore di Iv Ettore Rosato: «Fuori dal palazzo le priorità degli italiani sono altre».
Ma dal Pd nuovo invito ad agire: «Chiarimento positivo dopo le incomprensioni, il governo ha la forza per decidere e fare le cose»
Possibilità di utilizzare l’identità digitale Spid anche per accedere a servizi delle concessionarie e delle controllate pubbliche